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GB: spettro austerità, fondi solo per la difesa

Keystone-SDA

Lo spettro di un'austerità si allunga sul Regno Unito. Nel giorno in cui il governo ha presentato una manovra finanziaria di primavera all'insegna di tagli massicci alla socialità ha anche messo nero su bianco i nuovi investimenti miliardari per la difesa e il riarmo.

(Keystone-ATS) “Il mondo sta cambiando sotto i nostri occhi”, ha detto all’inizio del suo intervento alla Camera dei Comuni la Cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves, puntando sui pericoli crescenti sullo sfondo della guerra fra Russia e Ucraina e su uno scenario internazionale mutato e imprevedibile, con l’amministrazione americana di Donald Trump e l’incognita rappresentata dai suoi dazi.

Una situazione di incertezza che è stata usata da Reeves anche per giustificare i preoccupanti dati pubblicati oggi, dopo una serie di risultati deludenti nella sua gestione dell’economia iniziata nel luglio scorso con la vittoria del Labour alle elezioni.

La previsione di crescita del prodotto interno lordo britannico è stata dimezzata per quest’anno, dal 2% all’1%. Un duro colpo, che viene in parte mitigato con le stime migliori per gli anni successivi: il PIL dovrebbe salire dell’1,9% nel 2026 e dell’1,8% nel 2027. Ma, come ha sottolineato l’Office for Budget Responsibility, l’effetto dei dazi americani potrebbe sconvolgere il quadro.

Mentre l’inflazione resta a un valore medio del 3,2% quest’anno, per poi raggiungere l’obiettivo del 2% fissato dalla Bank of England solo nel 2027, e pesa il livello di indebitamento pubblico.

“Non sono soddisfatta di questi numeri”, ha ammesso la ministra del Tesoro, che non vedendo i risultati sperati della sua corsa alla crescita, definita “priorità numero uno” dal governo Starmer, si è difesa ancora una volta incolpando il presunto buco da 22 miliardi di sterline (poco più di 25 miliardi di franchi) lasciato dal precedente esecutivo Tory nelle finanze dello Stato.

E poi ha fatto calare, come promesso da settimane, la scure dei tagli sulla spesa pubblica, rivendicando il rigore dei conti e “regole fiscali non negoziabili”, tali da ricordare ai media l’austerità dei governi conservatori del passato. Questo si è tradotto in una riduzione dei fondi per il welfare da 4,8 miliardi di sterline (quasi 5,5 miliardi di franchi), oltre al taglio di 2 miliardi di sterline l’anno per gli apparati dell’amministrazione pubblica del Civil Service, pari al 15% delle risorse a disposizione.

Una cura dimagrante sistematica quella avviata dal Labour, che secondo i sindacati, già pronti alla protesta, porterà a 50’000 esuberi nel settore pubblico, in uno scenario descritto dalle voci critiche come un’operazione simile a quella adottata negli Stati Uniti da Elon Musk.

Intanto sono stati annunciati da Reeves investimenti, già da quest’anno, per altri 2,2 miliardi di sterline per la difesa nell’ambito dell’incremento del bilancio militare dal 2,2 al 2,5% del PIL dal 2027 introdotto dal premier Keir Starmer.

Soldi destinati a finanziare forniture più agili di droni e armi varie, a beneficio delle industrie belliche del Regno, ma anche a modernizzare il deterrente nucleare, alla luce del ruolo acquisito da sir Keir come leader occidentale sempre più impegnato a guidare gli sforzi insieme agli alleati europei contro la Russia di Vladimir Putin.

Tutte queste decisioni hanno però un costo sociale, calcolato dallo stesso governo: da qui al 2030 circa 250’000 persone, inclusi 50’000 bambini, rischiano di aggiungersi al già elevato numero di individui in povertà relativa nel paese, mentre la stretta sui sussidi colpirà 3,2 milioni di famiglie, che vedranno ridursi contributi economici fondamentali.

La finanziaria di primavera è stata duramente criticata dal Cancelliere dello Scacchiere ombra nella compagine dei Tory all’opposizione, Mel Stride, che ha accusato Reeves di “caos e incompetenza”, di cercare giustificazioni ovunque e di aver presentato una “manovra d’emergenza”. E infine di non avere un piano per il futuro del Regno.

Mentre fuori dal Parlamento ci sono state proteste contro i tagli, con slogan come “Welfare not warfare” (socialità non armamenti).

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