Francia: nel simbolo con l’ultradestra, ira dei Republicains
(Keystone-ATS) Anche la pubblicazione delle liste è motivo di scontro fra i partiti in Francia, in una campagna elettorale lampo ma ad alta tensione.
In un mare di sigle e coalizioni che testimoniano di un panorama politico in frantumi dopo le europee (Le Monde scrive oggi che per molti elettori “la situazione sarà illeggibile”) ad infuriarsi è Eric Ciotti, il presidente dei Républicains che ha portato una piccola minoranza dei suoi nell’Alleanza con Marine Le Pen.
Ma che rifiuta l’etichetta UXD (Unione dell’estrema destra) affibbiata dal ministero dell’Interno alla sua coalizione con Le Pen. Il Fronte Popolare di sinistra, “con la France Insoumise, i comunisti e il Partito anticapitalista, si chiama Unione della gauche”, ha protestato, chiedendo un’immediata rettifica al ministro Gérald Darmanin.
A 10 giorni dal voto è venuto il momento di Gabriel Attal, il primo ministro che sembra essere stato la vittima sacrificale nella scelta di Emmanuel Macron di indire elezioni anticipate che con ogni probabilità regaleranno alla Francia una coabitazione fra il presidente e una maggioranza di estrema destra o di sinistra. Attal non ha nascosto questo punto, anzi lo ha calcato: “Al governo – ha detto – avrete Jordan Bardella, oppure avrete Jean-Luc Mélenchon, oppure avrete me”.
In precedenza era stato ancora più esplicito: “Qualunque sia il risultato delle elezioni – ha detto, conscio del crollo di popolarità di Macron – il presidente della Repubblica resta presidente fino al 2027. Il risultato delle elezioni non è dunque su chi sarà presidente della Repubblica, ma su chi è il primo ministro, chi governa, con quale governo e quale maggioranza”.
Un argomento – quello della continuità della persona nella diversità della situazione – che potrebbe avere un timido riscontro nel sondaggio Ifop di oggi, che vede – rispetto a lunedì – un calo dell’estrema destra (34% per Le Pen/Ciotti), un piccolo aumento del Nuovo Fronte Popolare della sinistra (+1 al 29%) e un sensibile recupero dei macroniani di “Ensemble” (al 22%), che però risalgono dal baratro del 18%. Sulla strategia di Emmanuel Macron per uscire dalla “tenaglia” che lo stringe – estrema destra e Fronte popolare – si cimentano analisti e commentatori politici.
Il presidente – dicono nel suo entourage – ha deciso di correre in due elezioni diverse, primo turno, poi secondo turno. Al primo, l’obiettivo è spaccare il Fronte Popolare, per presentarsi poi con il massimo di candidati al secondo turno e sfidare testa a testa il maggior numero di esponenti di estrema destra. Una strategia che lo costringe oggi a fare una campagna sempre più orientata a destra, rischiando poi di cominciarne una anti-Le Pen fra 10 giorni. Missione ritenuta quasi impossibile.
Marine Le Pen si è confidata con Le Monde e dalle sue parole trasuda grande sicurezza: dopo la vittoria del RN alle europee, “il 30 giugno può essere la seconda ondata dello tsunami – ha avvertito – la prima è forte, la seconda è quella che spazza via tutto”. E poi, sulla condotta del futuro governo guidato da Jordan Bardella, ha regalato un’anteprima: ci saranno ministri scelti fra “persone esterne al partito”: “Nulla ci è precluso – ha affermato – Jordan Bardella sceglierà le personalità più competenti fra quelle che condividono la nostra filosofia”.