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ETH: terremoto artificiale al BedrettoLab per migliorare previsioni

Keystone-SDA

Ricercatori del Politecnico federale di Zurigo (ETH) intendono provocare artificialmente un terremoto al Laboratorio sotterraneo Bedretto per le geoscienze e le geoenergie (BedrettoLab). Lo scopo dello studio è migliorare la previsione dei sismi.

(Keystone-ATS) Quello scatenato nel nord del Ticino avrà una magnitudo 1, non percepibile dall’uomo.

Il BedrettoLab è un’infrastruttura di ricerca unica nel suo genere, gestita dall’ETH, che consente di studiare da vicino l’interno della Terra. Situato ad una profondità di un chilometro e mezzo al di sotto della superficie, il laboratorio si trova nel mezzo di una galleria di 5,2 chilometri che collega il Ticino con la galleria ferroviaria di base del Furka, situata tra Realp (UR) e Oberwald (VS).

Grazie alle tecnologie di ultima generazione, il BedrettoLab offre condizioni ideali per condurre ricerche sperimentali incentrate sul comportamento del sottosuolo profondo. Ambiti di studio sono ad esempio l’energia geotermica e la fisica dei terremoti, si legge sul sito del BederettoLab.

Presso il laboratorio è stato costruito un nuovo tunnel laterale, lungo 120 metri, che si sviluppa parallelamente a una zona di faglia naturale. Grazie a questa posizione, i ricercatori possono studiare in dettaglio come un terremoto si forma in un determinato punto di una faglia e come si propaga lungo di essa fino a esaurire la propria energia, ma non solo: cercheranno anche segnali precursori che, un domani, potrebbero aiutare a prevedere i terremoti più forti, indicano ETH e BedrettoLab in una nota odierna.

I pozzi scavati per raggiungere la faglia sono dotati di una vasta gamma di sensori e strumenti, che formano una rete di monitoraggio “unica al mondo”. Alcuni consentiranno anche di iniettare acqua per innescare un terremoto di magnitudo 1, un valore ben inferiore alla soglia di percezione umana ma comunque in grado di produrre forti movimenti del sottosuolo.

La ricerca è promossa dal progetto FEAR (Fault Activation and Earthquake Rupture, letteralmente attivazione delle faglie e rottura sismica), finanziato dal Consiglio europeo della ricerca con quattordici milioni di euro (poco più di tredici milioni di franchi al cambio attuale).

Colmata una lacuna nella ricerca

“L’osservatorio sulla faglia è il tassello mancante del puzzle dello studio dei terremoti”, dice, citato nella nota, Domenico Giardini, uno dei quattro principali ricercatori del progetto FEAR e professore al Dipartimento di scienze planetaria e della Terra dell’ETH. “Disponiamo di eccellenti reti di monitoraggio in tutto il mondo. Tuttavia, gran parte di loro è collocata sulla superficie, e quindi a molti chilometri di distanza dal punto di origine dei terremoti. Inoltre, anche i pochi sensori nei pozzi si trovano normalmente solo in prossimità delle zone di faglia, non al loro interno”, aggiunge l’ex presidente dell’Istituto nazionale italiano di geofisica e vulcanologia.

La magnitudo di un terremoto descrive la quantità di energia rilasciata durante una scossa. In prossimità dell’epicentro, i terremoti possono essere avvertiti dall’uomo a partire da una magnitudo di 2,5. Da 3, le scosse sono percepite su un’ampia area; tra 4 e 5 possono essere avvertite in un raggio di 100-200 chilometri. A partire da una magnitudo di 5, l’area interessata può estendersi per diverse centinaia di chilometri, indica sul proprio sito il Servizio sismico svizzero, che ha sede all’ETH.

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