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Esperto dogane: “burocrazia non è un problema, ma shock come 2015”

Keystone-SDA

L'aumento dei dazi americani sui prodotti svizzeri non comporta un elevato carico burocratico per le aziende elvetiche: esse sono però chiamate ad agire dal punto di vista strategico, in particolare chiedendosi se occorra delocalizzare la produzione.

(Keystone-ATS) Lo afferma Marc Bernitt, esperto di questioni doganali presso il colosso della logistisca Kühne+Nagel.

Le tariffe del 39% imposte dal presidente americano Donald Trump hanno per l’economia svizzera un impatto altrettanto forte quanto quello dello shock causato dall’abolizione del tasso minimo di cambio euro/franco nel 2015, argomenta il professionista in dichiarazioni riportate dall’agenzia Awp. “Chi finora non si è attivato, ora è costretto a svegliarsi”. Infatti con dazi così elevati quasi nessuno può sopravvivere.

Per questo motivo le aziende stanno rispolverando i loro piani di delocalizzazione: Bernitt fa riferimento ad esempio al caso di un’impresa alimentare elvetica che oggi produce nella Confederazione. “Ora sta valutando di trasferire la produzione nell’Unione europea, dove si applica un dazio statunitense più conveniente”. Nell’Ue verrebbero comunque fabbricate solo le materie prime, mentre la produzione finale sarebbe prevista negli Stati Uniti.

In questo contesto occorre considerare l’intera catena di fornitura. “Nella realizzazione di un prodotto non è raro che vi siano da quattro a cinque passaggi di proprietà”, osserva lo specialista. C’è quindi un margine di manovra. Se ad esempio le merci sono acquistate da un fornitore statunitense tale quota potrebbe essere detratta dalla fattura doganale.

“L’effettiva applicazione dell’aliquota doganale più elevata non rappresenta invece un problema”, spiega l’interlocutore. Oggi i relativi processi sono completamente digitalizzati. Di conseguenza le modifiche tariffarie possono essere adeguate con facilità.

Chi specula sul fatto che nel prossimo futuro si possa ancora raggiungere un accordo con dazi più bassi può ora immagazzinare temporaneamente le proprie merci in un deposito franco doganale. Ciò comporta però ovviamente un impegno di risorse e non è una soluzione praticabile per tutti i tipi di merci, conclude Bernitt.

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