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Cuba ammette l’uso dei detenuti per produrre una parte di sigari

Keystone-SDA

Dietro l'aura patinata dei celebri 'habanos' si nasconde una realtà che sa di repressione e sfruttamento.

(Keystone-ATS) Ad ammetterlo per la prima volta è l’azienda statale cubana Tabacuba, che ha confermato quanto denunciato dall’ong Prisoners Defenders nel suo rapporto del 15 settembre scorso: centinaia di detenuti cubani, pagati meno di otto dollari al mese, sono costretti a lavorare fino a 14 ore al giorno per confezionare i sigari simbolo del lusso caraibico.

La stessa Habanos S.A. (società mista che gestisce il commercio mondiale dei sigari cubani) ha ribadito l’uso di reclusi in alcune carceri dell’isola per la sua produzione. In una dichiarazione raccolta dal sito specializzato Halfwheel, si precisa che l’iniziativa, gestita insieme a Tabacuba, ha come obiettivo “offrire una formazione professionale” ai detenuti, per favorirne l’integrazione futura.

Tabacuba sottolinea a sua volta che la partecipazione è “volontaria” e che ai prigionieri vengono riconosciuti compensi e benefici penitenziari. La produzione nei centri di detenzione – si legge ancora nella nota – utilizza le stesse risorse e controlli di qualità delle fabbriche tradizionali, ma ha un valore “simbolico” e non incide sul mercato.

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