CSt: bocciato fondo ad hoc per esercito e Ucraina
(Keystone-ATS) L’idea partorita da un’alleanza fra il Centro e la sinistra di creare un fondo ad hoc da 15 miliardi, non sottoposto al freno all’indebitamento, per l’esercito e la ricostruzione dell’Ucraina è stata bocciata oggi dal Consiglio degli Stati. Il dossier è liquidato.
La mozione presentata dalla maggioranza della Commissione della politica di sicurezza della Camera dei Cantoni è stata respinta per 28 voti a 15 e 2 astensioni. I motivi del “no”? Nonostante il peggioramento della situazione sul fronte della sicurezza in Europa, non sussiste alcuna urgenza di attribuire all’armata ulteriori mezzi per recuperare le lacune del passato accumulando nuovi debiti che peseranno sulle generazioni future. Inoltre, circa la ricostruzione dell’Ucraina, è al momento troppo presto per prendere delle decisioni al riguardo, tanto più che la Svizzera al riguardo sta già facendo abbastanza (finora sono stati spesi due miliardi di franchi).
Situazione geopolitica tesa
La mozione, ha esordito in aula a nome della commissione, Marianne Binder-Keller (Centro/AG), chiede al Governo di creare un fondo, autorizzato a indebitarsi temporaneamente, volto a finanziare sia l’intero fabbisogno supplementare di 10,1 miliardi per colmare le lacune nell’armamento entro il 2030 sia il contributo elvetico di 5 miliardi per la ricostruzione e il ripristino delle infrastrutture necessarie alla sopravvivenza e alla vita quotidiana in Ucraina.
Si tratta, a ricordato la “senatrice” argoviese di anticipare al 2030, invece del 2035 come stabilito nel dicembre scorso dal parlamento per motivi finanziari, quei mezzi finanziari per l’armata in modo da raggiungere l’1% del PIL. A tale riguardo, secondo Binder-Keller bisogna agire con urgenza: la situazione sul fronte della sicurezza a causa dell’aggressione russa all’Ucraina si sta deteriorando rapidamente. La Svizzera non è risparmiata: da tempo si registrano attacchi ibridi sempre più frequenti contro il nostro Paese.
Più solidarietà con l’Europa
Una riflessione ripresa da Franziska Roth (PS/SO), secondo cui la Svizzera sta facendo troppo poco per l’Ucraina mancando ai suoi doveri di solidarietà con questo Paese e con l’Europa. Riparare le infrastrutture distrutte consentirà almeno agli Ucraini di condurre una vita dignitosa, evitando ulteriori ondate di profughi.
Dando più mezzi all’esercito colmiamo le nostre lacune in ambito di armamento e dimostriamo solidarietà nei confronti di una democrazia sotto assedio da parte di una dittatura. Per Marianne Binder-Keller, Heidi Gmür-Schönenberger (Centro/LU) e Charles Julliard (Centro/JU) la posta in gioco è altissima: ciò che sta succedendo in Ucraina potrebbe accadere dappertutto; dopo Kiev, a finire nel mirino della Russia saranno la Polonia e i Baltici. La nostra sicurezza e i nostri valori insomma sono in pericolo e appellarsi al freno all’indebitamento non cambierà la situazione. Crogiolarsi nell’idea che la Nato ci proteggerà è un illusione.
Carlo Sommaruga (PS/GE), seppur rappresentante di un Cantone che ha sempre dimostrato un certo scetticismo se non ostilità nei confronti dell’esercito come da lui affermato in aula, ha sostenuto la mozione anche per evitare tagli nei mezzi destinati all’aiuto allo sviluppo. Un “no” alla mozione costringerà infatti il Consiglio federale a tagliare nei finanziamenti destinati ai paesi più poveri, quelli del sud del mondo, dove si soffre la fame, per sostenere l’Ucraina.
Non c’è urgenza
Ma per gli avversari della mozione – tra cui diversi esponenti del Centro – nonostante la serietà della situazione a livello geopolitico, non vi è alcuna urgenza che giustifichi un aggiramento del freno all’indebitamento frutto di un compromesso trovato in commissione definito da diversi oratori, con un certo disprezzo, “mercato delle vacche”.
Diversi “senatori”, fra cui Peter Hegglin (Centro/ZG), hanno fatto notare che, col Messaggio 2024 sull’esercito, sono già previsti importanti investimenti nella sicurezza. A nome della minoranza della commissione, che chiedeva di respingere la mozione, Josef Dittli (PLR/URI) ha messo in dubbio la costituzionalità del fondo, poiché “mischia” due temi che non hanno nulla in comune, facendosi beffe del freno all’indebitamento. Un aggiramento di questo strumento è possibile sono in casi di crisi imminente come è stato durante la pandemia di coronavirus, un fenomeno che ha obbligato il Governo ad agire in questo caso sì con urgenza, indebitandosi.
Preserviamo generazioni future
Per altri avversari del fondo, il freno all’indebitamento è uno strumento che impedisce di trasferire alle generazioni future montagne di debiti. Aggirarlo per i motivi addotti dai fautori significa compiere un’azione antisociale. I Paesi a noi vicini, ha affermato Benjamin Mühlemann (PLR/GL) devono infatti destinare somme importanti per il pagamento degli interessi sul debito, soldi che mancano per altri compiti importanti dello Stato. Gli avvertimenti sul debito della Francia, in peggioramento, insegnano.
Per far fronte alle esigenze dell’esercito basta agire per via ordinaria, ossia mediante il preventivo della Confederazione, senza il bisogno di creare un precedente pericoloso, è stato affermato nel plenum da diversi consiglieri agli Stati.
Ucraina, agire a tempo debito
In merito all’Ucraina, Pascal Broulis (PLR(VD) ha rammentato che per gli Ucraini la Svizzera ha già speso due miliardi di franchi. Non è vero insomma che non abbiamo fatto nulla o troppo poco, ha sottolineato il “senatore” vodese, tanto più che il Consiglio federale ha già affermato di voler destinare a questo Paese 5 miliardi per la ricostruzione. Tuttavia non bisogna agire con precipitazione.
Dello stesso parere Mauro Poggia (MCG-UDC/GE), secondo cui è troppo presto per parlare di ricostruzione dell’Ucraina quando il paese si trova ancora in guerra. La Svizzera farà senz’altro il suo dovere quando sarà il momento, ha spiegato.
Non finanziabile
A nome del Consiglio federale, Viola Amherd ha chiesto di bocciare la mozione. Benché il governo sia del parere che, sotto il profilo della politica di sicurezza, occorra ripristinare in tempi brevi la capacità di difesa dell’esercito, in considerazione della difficile situazione finanziaria è stato stabilito di aumentare le uscite per l’armata all’1% del PIL entro il 2035.
Aumentare le spese in maniera più rapida non è possibile rispettando quanto previsto dal freno all’indebitamento, ha sottolineato la “ministra” della difesa. Secondo quanto previsto dal freno all’indebitamento, per la costituzione di un fondo regolato disciplinato da una legge speciale come richiesto dalla mozione occorre un contro-finanziamento ordinario tramite risparmi o maggiori entrate (ossia maggiori imposte, n.d.r).