CN: più controlli su investimenti esteri in settori sensibili
(Keystone-ATS) Gli investimenti da parte di società estere, specie se controllate da uno Stato, in imprese svizzere attive in settori sensibili dovrebbero in futuro essere autorizzati.
È quanto pensa il Consiglio nazionale che, per 142 voti a 48 (PLR e parte dell’UDC), ha approvato oggi la legge per la verifica degli investimenti elaborata – controvoglia – dal Consiglio federale dopo che il Parlamento aveva adottato una mozione del “senatore” Beat Rieder (Centro/VS).
“Lex China”
L’atto parlamentare era stato presentato dopo la vendita del gigante dell’agrochimico Syngenta per 43 miliardi di dollari a un’azienda cinese detenuta dallo Stato, ossia Chem China (per questo si è anche parlato di “Lex China” in aula).
Il progetto del Governo, ritoccato in più punti dal Consiglio nazionale, include settori particolarmente critici per la sicurezza nazionale: materiale bellico, beni utilizzabili a fini civili e militari, reti elettriche, produzione di energia elettrica, approvvigionamento idrico, infrastrutture sanitarie, di telecomunicazione e di trasporto.
Parmelin e PLR contrari, UDC divisa
Prima dell’inizio del dibattito particolareggiato, una minoranza, soprattutto esponenti del PLR, che ha potuto contare in aula sul sostegno del consigliere federale Guy Parmelin, ha chiesto di non entrare nel merito del progetto, giudicando inutile questa legge e, soprattutto, nefasta per l’attrattiva della piazza economica elvetica.
Secondo il “ministro” dell’economia, vi sono già strumenti legali per evitare che settori sensibili finiscano in mano estere. Parmelin ha inoltre criticato il desiderio della commissione preparatoria, poi adottato dal plenum, di estendere l’applicazione della legge ai privati, un vero novum nel diritto elvetico che potrebbe scoraggiare gli investimenti esteri nel nostro Paese, generatori di molti posti di lavoro.
Argomenti ripresi da altri deputati, come Hans-Peter Portmann (PLR/ZH), che ha parlato di “smantellamento dei diritti di proprietà”, mentre Marcel Dobler (PLR/SG) ha tacciato la legge di protezionismo. Vi sono studi, ha dichiarato a nome del suo gruppo, secondo cui gli investimenti diminuirebbero fino al 16% a causa del controllo degli investimenti. Inoltre, ha aggiunto il consigliere nazionale sangallese, al momento non sono note acquisizioni straniere che abbiano messo a rischio l’ordine pubblico e la sicurezza in Svizzera. Il settore pubblico, inoltre, ha già il controllo delle infrastrutture critiche.
Nonostante questi appelli, la maggioranza non si è fatta sviare, approvando la versione della legge uscita dalle deliberazioni della commissione preparatoria. Divisi al riguardo gli esponenti dell’UDC, come dichiarato in aula da Paolo Pamini (TI), secondo cui ha prevalso l’anima conservatrice del partito, ossia attenta all’indipendenza del Paese e alla sua autonomia, su quella liberale in economia.
Più controlli
In futuro, gli investitori stranieri dovranno affrontare maggiori ostacoli in Svizzera se vorranno investire. Gli investitori esteri continueranno ad esser i benvenuti, ma dovrebbero essere soggetti ad autorizzazione qualora determinate operazioni sollevassero problemi di sicurezza.
In particolare si tratta di proteggere interessi strategici, ha affermato a nome della commissione, Jacqueline Badran (PS/ZH), secondo cui l’80-90% dei Paesi OCSE applica da tempo controlli sugli investimenti. La Svizzera, con i più alti investimenti diretti pro capite, non può insomma rimanere a guardare.
Secondo Balthasar Glättli (Verdi/ZH), gli investimenti esteri possono anche destabilizzare la situazione interna di un Paese, specie se interessano settori sensibili come la finanza – vedi acquisizione di banche sistemiche – o l’energia, Ciò rende la Svizzera vulnerabile e ricattabile, ha aggiunto a nome del PS, Cédric Wermuth (AG). Per Philipp Matthias Bregy (Centro/VS) si tratta né più né meno di proteggere la popolazione e l’economia del Paese. Dello stesso parere la verde liberale bernese, Kathrin Bertschy.
Oltre una semplice “Lex China”
A differenza di quanto previsto inizialmente, la legge sul controllo degli investimenti dovrebbe andare ben oltre una “Lex Cina”. Mentre il Consiglio federale aveva proposto un controllo degli investimenti secondo gli standard internazionali, il Consiglio nazionale ha integrato il disegno di legge su diversi punti, esprimendosi per un campo di applicazione più esteso.
In particolare, ha deciso a netta maggioranza che il controllo degli investimenti dovrebbe applicarsi anche agli investitori privati, poiché non di rado controllati indirettamente da attori statali, specie se con sede nell’Europa dell’est o in Asia. Oltre all’ordine pubblico e alla sicurezza, la fornitura di beni e servizi essenziali è esplicitamente menzionata come degna di protezione.
La Camera del popolo ha voluto anche estendere il margine di manovra del Consiglio federale per sottoporre, se necessario, altre aziende all’obbligo di autorizzazione.