Cina: Xi arrivato in Tibet per i 60 anni della fondazione

Il presidente Xi Jinping è arrivato oggi a Lhasa per i 60 anni della fondazione della Regione autonoma di Xizang, il nome mandarino del Tibet. Lo riferisce l'agenzia statale Xinhua, secondo cui Xi e la sua delegazione da Pechino "hanno ricevuto un caloroso benvenuto".
(Keystone-ATS) La visita cade mentre sale di tono un importante punto di contesa sul futuro del buddismo tibetano e sul successore dell’attuale leader spirituale in esilio in India, il XIV Dalai Lama, che ha compiuto 90 anni a luglio.
La Xinhua ha riferito che “verso mezzogiorno (le 06.00 in Svizzera, ndr), l’aereo di Xi è atterrato all’aeroporto internazionale di Lhasa Konggar, accolto da una folla festante”. Il leader è stato fotografato con indosso una sciarpa di seta bianca cerimoniale tibetana, nota come “hada” o “khatak”, “per esprimere rispetto e benedizione”, consegnatagli appena sceso dall’aereo.
“Vestiti con abiti festivi, persone di diversi gruppi etnici hanno sventolato bandiere rosse e mazzi di fiori, danzando a ritmi gioiosi. La folla si è radunata lungo le strade per dare il benvenuto al convoglio” e “Xi ha aperto il finestrino dell’auto e ha salutato la gente”, ha aggiunto la Xinhua.
Nella sua visita il leader è accompagnato da Wang Huning, a capo della Conferenza consultiva politica del popolo cinese, e da Cai Qi, direttore dell’Ufficio generale del Comitato centrale del Partito comunista (PCC), rispettivamente, numeri 4 e 5 nella scala gerarchica del partito.
L’ultima visita nota di Xi in Tibet risale al 2021, la prima di un presidente cinese in 30 anni. Il precedenza vi si era recato nel 1998 come capo del PCC del Fujian e la seconda nel 2011 come vicepresidente della Repubblica popolare.
Pechino ha trasformato il Tibet in un’amministrazione provinciale nel 1965 dopo quella che definisce la “liberazione pacifica” del 1951, breve ma sanguinosa guerra a parte. Come nel vicino Xinjiang a maggioranza uigura, il governo centrale ha supervisionato importanti progetti di sviluppo in Tibet, tra cui la costruzione di ferrovie ad alta velocità e ora un progetto di una mega-diga. Ma Pechino mantiene anche uno stretto controllo politico, respingendo le accuse di repressione di attivisti e gruppi internazionali per i diritti umani.
Quanto alla questione religiosa, il Dalai Lama, Tenzin Gyatso, ha dichiarato che il suo Ufficio privato ha l’autorità esclusiva di decidere il suo successore, in base alla credenza buddista nella reincarnazione. A marzo, il Dalai Lama ha affermato che “il suo successore reincarnato sarebbe nato nel mondo libero”, quindi al di fuori della Cina.
Il governo cinese, che considera il Dalai Lama un separatista e insiste sul fatto che non abbia “alcun diritto” di rappresentare i tibetani, rivendica il diritto di scelta di un successore secondo i suoi “regolamenti”.