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Cina protesta per l’incontro tra funzionari Usa-Dalai Lama

Keystone-SDA

(Keystone-ATS) La Cina ha presentato “solenni proteste agli Stati Uniti” per l’incontro avvenuto ieri a New York tra alti funzionari del Dipartimento di Stato americano e della Casa Bianca con il Dalai Lama, il leader spirituale in esilio.

L’incontro è avvenuto per ribadire “l’impegno Usa nel promuovere i diritti umani dei tibetani”, secondo una nota della diplomazia statunitense.

La Cina “si oppone con fermezza a qualsiasi Paese consenta al Dalai Lama di fare visite con qualsiasi pretesto – ha replicato oggi la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning -. Non permettiamo al Dalai Lama di impegnarsi in attività politiche separatiste negli Stati Uniti”.

Il Dalai Lama, denunciato da Pechino come un ‘separatista’, ha incontrato gli alti funzionari del Dipartimento di Stato Uzra Zeya e del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Kelly Razzouk durante la sua visita a New York, dove si trova per ricevere cure mediche. Zeya, secondo il Dipartimento di Stato, “ha ribadito l’impegno degli Stati Uniti nel promuovere i diritti umani dei tibetani e nel sostenere gli sforzi per preservare il loro distinto patrimonio storico, linguistico, culturale e religioso”.

Autonomia tibetana

Pechino impone rigidi controlli sul Tibet, menzionato ormai ufficialmente in Cina con il nome mandarino di Xizang, e denuncia il Dalai Lama, che sostiene una maggiore autonomia tibetana, come un ribelle, mentre i colloqui tra Pechino e i leader tibetani sono congelati dal 2010. La portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao, parlando nel briefing quotidiano, ha accusato il Dalai Lama di essere “un esule politico impegnato in attività separatiste anti-cinesi sotto le mentite spoglie della religione. La Cina si oppone fermamente a qualsiasi Paese che consenta al Dalai Lama di visitare il Paese con qualsiasi pretesto e si oppone fermamente a qualsiasi forma di incontro tra funzionari governativi di qualsiasi paese e il Dalai Lama”.

Il leader spirituale, 89 anni, è stato sottoposto a un intervento chirurgico al ginocchio a New York quest’anno e ha affermato di essersi ripreso bene in una dichiarazione rilasciata a luglio. Si è dimesso da capo politico del suo popolo nel 2011, passando il testimone del potere secolare a un governo scelto democraticamente da circa 130.000 tibetani in tutto il mondo.

Affari interni

A luglio, Pechino ha espresso la sua “forte opposizione” verso una legge Usa firmata dal presidente Joe Biden che spinge Pechino a risolvere una disputa sulle richieste del Tibet di maggiore autonomia, promettendo di “difendere con fermezza” i suoi interessi. Il ministero degli Esteri cinese, inoltre, aveva affermato che “la nomina americana di un cosiddetto coordinatore speciale per le questioni tibetane era una un’interferenza negli affari interni” del Dragone.

La Cina prese il controllo del Tibet nel 1951 e il Dalai Lama fuggì in esilio nel 1959: in precedenza, la vasta regione himalayana aveva avuto un’ampia autonomia dopo la caduta della dinastia Qing, durata tre secoli.

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