Canicola, nelle isole di calore delle città si muore di più
(Keystone-ATS) In città il caldo non è ovunque lo stesso e gli effetti si vedono: in una giornata di caldo torrido nelle isole di calore degli agglomerati svizzeri – fra cui Lugano – muore il 26% di persone in più rispetto ad altre aree urbane relativamente più fresche.
E si arriva a punte del 30% per gli anziani di oltre 75 anni.
È la conclusione di uno studio dell’Istituto svizzero di salute pubblica e tropicale (Swiss TPH) di cui riferisce oggi il Tages-Anzeiger (TA). “Abbiamo analizzato in che misura le isole di calore, gli spazi verdi e i fattori socio-economici all’interno della città influenzano la mortalità in otto città svizzere”, spiega Martina Ragettli di Swiss TPH, coautrice dell’indagine pubblicata su “Environmental Research”.
Le realtà analizzate sono state quelle di Basilea, Berna, Ginevra, Losanna, Lucerna, Lugano, San Gallo e Zurigo. “Per aumentare l’area di studio di Lugano, che è la città più piccola tra quelle studiate, sono stati inclusi comuni urbani vicini con clima e altitudini simili (280 metri sul livello del mare), come già fatto in precedenza in un altro studio”, si legge sulla rivista specializzata consultabile online.
Il lavoro di ricerca si è basato sui dati relativi ai singoli decessi avvenuti nei mesi caldi dal 2003 al 2016, grazie ai quali gli esperti hanno potuto determinare il luogo di ogni morte e anche l’ambiente residenziale, presentando attenzione a quanto caldo, quanto verde e quanto benestante fosse il quartiere del defunto. Hanno inoltre utilizzato un modello di temperatura per determinare l’estensione delle isole di calore e il riscaldamento rispetto al resto della città.
Le isole di calore non vengono peraltro definite dalla temperatura più alta misurata in una giornata calda, ma da quella più bassa: questo perché sono caratterizzate in particolare dal fatto che difficilmente si raffreddano di notte. Ad esempio si stima che la temperatura più bassa in una giornata torrida nell’isola di calore di Zurigo sia in media di 4,1 gradi superiore a quella dei quartieri più freschi.
Dalla ricerca è appunto emerso che nelle isole di calore si muore più frequentemente durante la canicola, in particolare se si è più in avanti con gli anni. “Lo studio mostra però che anche le persone non anziane che vivono in quartieri meno privilegiati della città, presentano un rischio maggiore”. Secondo Ragettli, questo fenomeno è probabilmente legato a edifici residenziali poco isolati o a un’elevata esposizione al calore, anche durante il lavoro. “Abbiamo già dimostrato in altre ricerche che i gruppi di popolazione meno privilegiati hanno un rischio maggiore di mortalità legata al caldo”.
Quando le temperature raggiungono o addirittura superano i 30 gradi, come accade attualmente, il caldo non è solo sgradevole, bensì anche pericoloso per alcune persone. Oltre ad effetti come l’esaurimento e il colpo di calore, le condizioni estreme possono portare a un peggioramento di patologie già esistenti, come le malattie cardiovascolari, respiratorie, renali o mentali.
Non sono solo le ore particolarmente calde del giorno a essere pericolose, ma anche il caldo notturno. In un recente studio, i ricercatori dell’Ospedale Universitario di Augsburg (Augusta) e dell’Helmholtz Zentrum München, un centro di ricerca di Monaco di Baviera, hanno dimostrato che le cosiddette notti tropicali aumentano il rischio di ictus del 7%.
Secondo la ricerca di Swiss TPH una maggiore percentuale di spazi verdi nelle vicinanze delle aree residenziali è associata a un minor rischio di mortalità per calore. Le differenze tra le aree con un’alta e una bassa percentuale di spazi verdi sono comunque relativamente ridotte: gli scarti fra le isole di calore e le altre aree urbane sono risultate molto più marcate.
Questo dimostra che gli spazi verdi possono contribuire a ridurre lo stress da calore e a prevenire i decessi legati al caldo. “Ma da soli non possono risolvere il problema, sostiene Ragettli. “Sono necessarie anche misure strutturali”. Queste includono una pianificazione urbana adattata al clima che garantisca un sufficiente apporto e circolazione di aria fresca. “È inoltre necessario ridurre le disuguaglianze in materia di disagio da calore all’interno delle città: questo è particolarmente importante nei quartieri in cui vivono gruppi di popolazione meno privilegiati”.
“L’aspetto interessante dello studio è che chiaramente non è sufficiente fornire spazi verdi per ridurre la mortalità”, commenta – in dichiarazioni rilasciate al quotidiano zurighese – Julien Anet di MeteoSvizzera, che non è stato coinvolto, ma che sta pure indagando sul tema. “Gli autori sottolineano che solo la combinazione di aree verdi più ampie, superfici non asfaltate e un miglioramento dello status socio-economico ha un effetto positivo sulla riduzione della mortalità”.
Secondo Anet lo studio è un tassello importante: la serie di dati sulla mortalità, in particolare, viene ritenuta molto completa e informativa. Stando all’esperto una debolezza si trova nel fatto che non esiste una definizione generalmente riconosciuta di isola di calore urbana, come peraltro anche menzionato dagli autori. “Questo significa che la comparabilità con altri studi è alquanto limitata”, conclude lo specialista.