Alta tensione Thailandia-Cambogia con scontri e morti

È alta tensione tra Thailandia e Cambogia. Oltre a declassare le loro relazioni diplomatiche in una significativa escalation della crisi sui confini contesi, le ultime ore hanno visto lo scontro a fuoco tra i rispettivi eserciti alla frontiera.
(Keystone-ATS) Il bilancio è di 12 cittadini di Bangkok morti, incluso un soldato saltato su una mina, e decine di feriti anche gravi in un crescendo drammatico fatto di colpi di artiglieria, oltre 40mila evacuati e il bombardamento da parte di un F-16 thailandese di un obiettivo militare cambogiano.
Al centro della vicenda, sempre il tempio di Preah Vihear, conteso per decenni e la cui sovranità è stata assegnata dal 1962 alla Cambogia da una sentenza della Corte internazionale di giustizia dell’Aia, confermata nel 2013 dopo il sanguinoso conflitto di due anni prima. La vicenda, che affonda le radici nel periodo coloniale francese agli inizi del 1900, è riesplosa lo scorso maggio quando uno scontro armato ha provocato la morte di un militare cambogiano.
La questione sembrava sanata con la telefonata tra la premier Paetongtarn Shinawatra e Hun Sen, lo storico leader forte di Phnom Penh e attuale presidente del Senato che ha ceduto la premiership al figlio Hun Manet. In seguito, è emersa la registrazione diffusa dalla parte cambogiana della conversazione in cui l’ex premier thailandese ha osato chiamare ‘zio’ Hun Sen, un appellativo identificato come rispetto e sottomissione, facendo infuriare Bangkok.
Un’onta per i militari che controllano il Paese, la cui pressione ha portato alla destituzione di luglio della premier, figlia minore del magnate Thaksin Shinawatra, e al nuovo caos politico, gettando al contempo le basi per riaprire le ostilità con il Paese vicino. L’occasione è maturata ieri: le rispettive truppe hanno aperto il fuoco con le inevitabili accuse reciproche.
Il premier cambogiano Hun Manet ha riferito di aver scritto al presidente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, chiedendo un incontro urgente allo scopo di “fermare l’aggressione della Thailandia” dopo che l’esercito di Bangkok ha ufficializzato che uno dei suoi sei caccia F-16 schierati al confine ha aperto il fuoco sulla Cambogia, distruggendo un obiettivo militare. “Abbiamo usato la potenza aerea contro obiettivi militari come previsto”, ha dichiarato ai media il vice portavoce dell’esercito thailandese Richa Suksuwanont. La Cambogia, che non dispone di aviazione, ha dovuto incassare il colpo.
Il premier malese Anwar Ibrahim, attuale presidente di turno delle 10 nazioni riunite nell’Associazione dei Paesi del sud-est asiatico, ha affermato di sperare di poter parlare con i leader dei due Paesi: “Sono membri importanti dell’Asean. Sono molto vicini alla Malesia e il minimo che ci si possa aspettare è che siano avviati i negoziati”. Anche la Cina si è detta “profondamente preoccupata dagli attuali sviluppi”, invitando le parti “ad accomodare le differenze attraverso il dialogo e le consultazioni”. Pechino, che ha solidi rapporti con entrambi i Paesi, manterrà “una posizione equa e imparziale”.
Hun Sen ha accusato i vicini di aver bombardato due province cambogiane, mentre l’esercito thailandese ha affermato che le truppe di Phnom Penh hanno aperto il fuoco nella zona contesa vicino al tempio di Ta Moan Thom, sempre al confine, e inviato un drone di sorveglianza sul suo territorio. “Sono iniziati gli attacchi dell’esercito thailandese contro quello cambogiano. Le nostre truppe non hanno altra scelta che contrattaccare”, ha scritto Hun Sen sui social.
Immediata la replica del generale Nattapol Nakphanit, ministro della Difesa ad interim di Bangkok: “Le nostre forze armate – ha tuonato in una dura nota – proteggeranno la sovranità e non permetteranno ad alcuno di invadere il nostro territorio. Non sopporteremo oltre perché questa è un’azione che non possiamo accettare”. Sinistre premesse di una crisi difficile da risolvere.