Beirut ricorda l’esplosione al porto 5 anni dopo

Beirut si appresta a commemorare il quinto anniversario della devastante esplosione che il 4 agosto del 2020 ha squarciato il suo porto, lasciando dietro di sé morte, distruzione e interrogativi irrisolti.
(Keystone-ATS) Quella che è stata definita una delle dieci più potenti esplosioni non nucleari della storia ha causato la morte di 246 persone e il ferimento di migliaia, sfigurando o menomando molte di loro per sempre. Circa 300’000 persone, un terzo degli abitanti della città, furono costrette ad abbandonare le proprie case, gravemente danneggiate dall’onda d’urto.
A distanza di cinque anni, lunedì prossimo i familiari delle vittime si preparano a celebrare la ricorrenza nel centro di Beirut, in una città che ancora non ha ottenuto risposte sulle cause della tragedia.
Un vero e proprio muro di gomma è stato eretto dall’élite politica libanese, ostacolando i tentativi degli inquirenti locali di far luce sull’accaduto. L’unica certezza è che a esplodere furono 2’750 tonnellate di nitrato di ammonio, illegalmente custodite per ben sette anni, dal 2013 al 2020, con il placet dei vertici istituzionali e di sicurezza libanesi, in uno degli hangar del porto, a poche centinaia di metri dal centro cittadino.
L’esplosione, preceduta da scintille e deflagrazioni minori, si verificò alle 18:08 del 4 agosto 2020, in un periodo in cui il Libano era già attanagliato dalla peggiore crisi finanziaria della sua storia, con carenze di medicinali, elettricità, benzina, il crollo del valore della moneta locale e il fallimento delle banche.
Il programma di commemorazione di lunedì prevede una combinazione di cerimonia religiosa e mobilitazione popolare: una messa sarà celebrata al mattino nella cattedrale di Saint-Georges dei Maroniti, nel centro di Beirut, officiata dal patriarca Bechara Rai. Nel tardo pomeriggio, una corteo partirà da due punti: Piazza dei Martiri e la caserma dei pompieri di Beirut, situata nel quartiere di Karantina (Quarantena), sventrato dalla deflagrazione. I due cortei si ritroveranno alle 17:30 davanti alla statua dell’Emigrato, all’ingresso del porto, per una sosta commemorativa e un omaggio alle vittime. Su questo tratto di strada ancora oggi campeggia la scritta: “Il mio Governo ha fatto questo”. L’inchiesta libanese, guidata dal giudice Tareq Bitar, è stata a lungo intralciata dall’ostruzionismo trasversale di diversi settori dell’élite locale, espressione del cartello di leader politico-confessionali che governano il paese dalla fine della guerra civile (1975-90).
Il giudice Bitar era comunque riuscito a individuare diverse personalità istituzionali come responsabili dello stoccaggio illegale del nitrato di ammonio. Ma per anni l’inchiesta è stata di fatto ferma. Solo poche settimane fa, Bitar ha potuto riprendere gli interrogatori sostenuto dal nuovo governo, definito riformista, del premier Nawaf Salam. La scorsa settimana, il giudice istruttore presso la Corte di Giustizia ha concluso una serie di audizioni di responsabili politici, giudiziari e militari e dovrà ora pubblicare il suo atto d’accusa.
Il porto di Beirut è tornato ormai da tempo funzionante, ma l’orizzonte cittadino rimane squarciato dalla presenza dei moncherini di quel che rimane dei silos di grano distrutti in quel maledetto pomeriggio d’agosto.