Australia, no a rimpatrio mogli e figli combattenti Isis
(Keystone-ATS) Ancora un duro colpo, con un giudizio della Corte federale d’Australia, per le donne e i bambini australiani trattenuti da oltre cinque anni in uno dei campi profughi per familiari di combattenti dello Stato Islamico, gestiti dai curdi nel nord della Siria.
Ieri i tre giudici della Corte hanno respinto l’appello della Ong Save the Children Australia, che aveva citato in giudizio il governo di Canberra affermando che come cittadini australiani hanno il diritto legale di tornare in Australia.
L’organizzazione aveva presentato un mandato di ‘habeas corpus’ presso la Corte Federale per conto delle 34 persone, mogli e vedove di combattenti Isis uccisi o imprigionati, alcune delle quali minorenni quando raggiunsero la Siria, e dei loro figli, detenuti nel campo di Al-Roj nel nordest della Siria. L’istanza sosteneva che l’Australia ha “controllo effettivo” sulla loro detenzione e il potere di riportarli in libertà.
Save the Children Australia aveva descritto l’azione legale come “ultima istanza”, aggiungendo di non avere altra scelta che citare in giudizio il governo australiano “chiedendo formalmente che tenga fede ai suoi impegni morali e legali di rimpatriare al più presto i suoi cittadini”. Le forze curde sostenute dagli Usa che gestiscono il campo, impazienti di liberarsi dei cittadini stranieri, si dicono pronte a collaborare con le missioni di rimpatrio. Altri paesi fra cui Usa, Germania, Francia, Svezia Danimarca e Paesi Bassi, hanno già rimpatriato in sicurezza dai campi decine di bambini e delle loro madri.
I tre giudici della Corte federale hanno stabilito che se il governo australiano ha la”volontà politica” di farlo, i rimpatri sarebbero un esercizio relativamente semplice”. Il direttore esecutivo di Save the Children Australia, Mat Tinkler, ha detto che l’organizzazione considera ora i prossimi passi in sostegno delle donne e dei bambini. “Nonostante la sentenza ci appelleremo al governo per mettere fine a questo limbo implacabile, rimpatriando le donne e i bambini che vi rimangono prima che sia troppo tardi”.