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Altoparlanti e telefonini, l’ultima sfida ad Hamas

Keystone-SDA

La promessa di "finire il lavoro" a Gaza, pronunciata da Benyamin Netanyahu all'Onu, è arrivata in modo diretto alle orecchie di Hamas.

(Keystone-ATS) L’ultima sfida del premier israeliano è stata lanciata con l’arma mediatica: altoparlanti all’interno della Striscia e soprattutto l’infiltrazione dell’Idf, l’esercito israeliano, nei telefonini di tutti gli abitanti, inclusi i militanti della fazione islamista, per costringerli ad ascoltare l’intervento al Palazzo di Vetro.

Il discorso di Netanyahu alla platea mondiale per giustificare la prosecuzione della guerra, nelle intenzioni del premier sarebbe dovuto arrivare in modo chiaro sia ad Hamas che ai residenti della Striscia, a partire dalle centinaia di migliaia di persone che sono rimaste a Gaza City nonostante gli appelli all’evacuazione.

Così, alla vigilia dell’intervento all’Onu, il capo del governo ha chiesto all’Idf di installare altoparlanti in vari punti del territorio, e non soltanto al confine con Israele. Nonostante i dubbi dell’esercito, che temeva rischi per i soldati costretti ad abbandonare temporaneamente le loro postazioni per montare questi dispositivi.

Per essere certo di parlare a tutta Gaza, Netanyahu ha anche adottato un’iniziativa senza precedenti, e rivendicata proprio da New York: le forze armate israeliane hanno preso il controllo dei telefoni dei residenti di Gaza e degli attivisti di Hamas, per diffondere in diretta il discorso del premier.

Con questo messaggio: la guerra può terminare immediatamente con la restituzione di tutti gli ostaggi, lo smantellamento militare di Hamas e la smilitarizzazione della Striscia. “Chi lo farà vivrà, chi non lo farà, sarà perseguitato”, è stato l’avvertimento a chi insiste nel volere combattere, o anche semplicemente sostenere la causa di Hamas di fronte all’occupazione.

L’intrusione dell’Idf nei cellulari di Gaza è poi un’ulteriore segnale che i miliziani di Hamas possono essere raggiunti ovunque e con ogni mezzo, non solo con bombe e proiettili. E la memoria va subito all’operazione israeliana contro Hezbollah, a settembre di un anno fa in Libano e Siria: migliaia di cercapersone in dotazione ai miliziani fatti esplodere simultaneamente da remoto: uno shock per il movimento sciita.

Il bombardamento mediatico lanciato da Israele su Gaza in occasione dell’Assemblea dell’Onu aveva anche un altro obiettivo: dare speranza ai circa venti ostaggi ancora vivi che sopportano da quasi due anni il supplizio della prigionia. “Non vi abbiamo dimenticati, nemmeno per un secondo. L’intera nazione è con voi e non staremo in silenzio né ci fermeremo finché non vi riporteremo tutti a casa, vivi e morti”, sono state le parole pronunciate da Netanyahu, passando brevemente all’ebraico, durante lo speech a New York.

È difficile pensare che i rapiti, probabilmente rinchiusi sotto i tunnel, abbiamo potuto sentire queste rassicurazioni, ma in questo caso il premier israeliano sembra essersi rivolto soprattutto alle famiglie che chiedono a gran voce la cessazione delle ostilità.

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