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Aldi: “carne meno cara contro gli acquisti oltre frontiera”

Keystone-SDA

Aldi ha abbassato in modo generalizzato il prezzo della carne per far fronte al turismo degli acquisti, ma si è impegnata per iscritto con i produttori a non pagare loro di meno.

(Keystone-ATS) Lo dice Jérôme Meyer, direttore della filiale elvetica della catena di supermercati tedesca, che non appare peraltro aver paura dei ribassi annunciati da Migros.

In un’intervista mattutina alla radio romanda RTS il 44enne afferma di vedere la mossa resa nota a inizio mese da Migros come una conferma del lavoro che Aldi fa già da anni. “Rende Aldi salonfähig”, argomenta il dirigente di origine alsaziana ricorrendo al tedesco, “socialmente accettabile”. “Questo prova che quello che facciamo attualmente è domandato dal mercato e mette ancora più in luce i discount”.

“Sono molto tranquillo”, aggiunge l’esperto. Secondo i suoi calcoli l’offensiva dei prezzi di Migros si traduce in 80 centesimi su un paniere di prodotti di 100 franchi: la differenza in rapporto ad Aldi rimane di 20-30 franchi. Quello del gigante arancione a suo avviso è un “bell’effetto di comunicazione”.

L’arrivo di Aldi (2005) e Lidl (2009) in Svizzera ha profondamente cambiato il settore della grande distribuzione, dominato da Migros e Coop. “Abbiamo molto lavorato sul nostro assortimento: oggi risponde molto bene ai bisogni della popolazione elvetica, abbiamo guadagnato in credibilità nei confronti dei nostri fornitori, credo che siamo veramente avanzati bene sul mercato svizzero”. Nel frattempo più del 50% del giro d’affari viene realizzato con prodotti di origine della Confederazione.

“Non c’è una clientela tipo presso Aldi”, aggiunge il manager figlio di contadini. “Nelle ricerche che sono state fatte si nota che sono rappresentate tutte le categorie sociali. Abbiamo sempre più clienti: quest’anno l’aumento percentuale è stato a due cifre, una crescita costante dalla pandemia. I nuovi clienti sono consumatori di prodotti bio, regionali. Credo che si possa dire che oggi siamo interessanti per tutti”.

Questo significa – chiede l’intervistatrice – che gli svizzeri fanno più attenzione al portamonete, visto che se si va da Aldi lo si fa soprattutto per il prezzo? “Questo è sicuro e tutto gli studi lo provano: abbiamo avuto un’inflazione limitata, ma poco compensata dalla crescita dei salari, e in più abbiamo riscontrato aumenti dell’elettricità, degli affitti, dei premi di cassa malati. Ciò ha messo i bilanci famigliari sotto pressione e la gente quindi oggi cerca sul mercato dove si trova la qualità al miglior prezzo”.

Ma visto che anche i costi della produzione e della logistica aumentano, come fa Aldi a mantenere i prezzi bassi? “È molto semplice, è matematica-meccanica: bisogna avere un assortimento limitato”, risponde lo specialista. “Noi abbiamo 2000 articoli, con cui pensiamo di poter rispondere a tutti i bisogni della Svizzera a livello alimentare. Con 2000 articoli si può garantire veramente per ogni prodotto una domanda molto forte, questo permette di pagare un prezzo migliore al fabbricante e la concentrazione su pochi articoli permette anche di migliorare i processi di distribuzione. Se cercate di vendere 20 volte più articoli” – il manager fa riferimento a Migros – “avrete dei costi che aumenteranno in modo esponenziale: questa è la base del nostro lavoro”.

Che dire delle proteste dei contadini, che puntano il dito contro la grande distribuzione, rea a loro avviso di non pagare a sufficienza i loro prodotti? “Cerchiamo di creare delle collaborazione che permettano di pagare migliori prezzi agli agricoltori”, osserva il dirigente con formazione di agronomo. “La nostra visione del commercio al dettaglio sostenibile è che il produttore possa avere dei buoni prezzi. Noi quali distributori che stiamo crescendo fortemente in Svizzera abbiamo bisogno di forniture regolari, è importante per questo avere una collaborazione: il peggio che ci possa capitare è non avere un prodotto sugli scaffali: per questo siamo disposti a pagare un buon prezzo per avere una buona qualità e per avere un partenariato duraturo. E con il nostro assortimento ridotto riusciamo anche a fare un buon prezzo al cliente”.

A fine estate Aldi ha annunciato una campagna su larga scala per abbassare i prezzi della carne: non si mette la pressione sugli allevatori? “Posso dirle che Aldi si è impegnata per iscritto presso i produttori garantendo che questo investimento nei prezzi non si ripercuoterà su di loro. L’abbiamo fatto anche per incoraggiarli, se dovessero essere messi sotto pressione da concorrenti, a rimanere sui loro prezzi”.

“Perché lo abbiamo fatto? Bisogna ricordare che il turismo degli acquisti è esploso dal 2009: gli acquisti all’estero sono passati da 2 miliardi di franchi all’anno a 5 miliardi nel 2022, è enorme. Abbiamo guardato cosa viene comprato oltre frontiera: la carne. Ci siamo detti che non è possibile che noi, in quanto discount, non riusciamo a trattenere i clienti svizzeri che lavorano tutta la settimana nella Confederazione. E ci siamo detti: ok, investiamo nella carne per dare più potere d’acquisto al consumatore elvetico”.

“Dal 1990 l’agricoltura svizzera ha raddoppiato la sua produttività, ma non è stata remunerata, per questo la collera dei contadini è comprensibile”, prosegue Meyer. “Per contro i margini della grande distribuzione sui prodotti bio e IP sono aumentati nel corso degli anni. Noi invece applichiamo al bio gli stessi margini: per questo i nostri prodotti di agricoltura biologica sono del 30-40% meno cari che presso la concorrenza”.

Il dirigente alla guida di Aldi dal 2020 torna poi sulla posizione di mercato di Migros e Coop. “Il duopolio è molto particolare, è una situazione unica al mondo. In due coprono il 75% del mercato, se si aggiunge Denner” – che appartiene a Migros – “si arriva all’85%. In tutti gli altri paesi ci sono 10-20 dettaglianti. Credo che la concorrenza faccia del bene, dà nuove possibilità sia ai consumatori che ai produttori”.

E il Black Friday? “Noi lo facciamo tutti i venerdì dell’anno. Per noi non cambia tanto, noi siamo specializzati nell’alimentare, è lì che abbiamo sviluppato le nostre competenze”. Inoltre il fenomeno è in perdita di velocità, la gente non ha più voglia di consumare in modo sfrenato come qualche anno or sono: “non è più in linea con i tempi”, conclude il manager alla testa di una catena con 240 succursali e circa 4000 dipendenti.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

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