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A Gjader 40 migranti, “ammanettati durante lo sbarco”

Lo sguardo basso, rivolto verso i polsi ammanettati, mentre gli agenti di scorta li accompagnano a bordo dell'autobus, destinazione Gjader, in quel blocco di cemento lontano da tutto e tutti.

(Keystone-ATS) L’ennesimo viaggio dei 40 migranti in arrivo dall’Italia finisce in Albania, quando la nave Libra attracca al porto di Shengjin, nello specchio d’acqua su cui si riflettono le silhouette dei tantissimi hotel che si stagliano sul lungomare.

Quando il pattugliatore entra in porto i pescatori ritirano le lenze mentre sugli scogli del molo una lunga schiera di reporter comincia a filmare. Gli obiettivi ‘accompagnano’ la nave fino alla banchina, affollata dalle camionette di polizia, carabinieri e Guardia di Finanza.

Saranno loro a prendere in custodia i migranti e scortarli fino a Gjader, il centro che dal 28 marzo scorso può ‘ospitare’ anche persone trattenute nei Cpr, i Centri di permanenza per i rimpatri italiani, grazie al nuovo decreto firmato dal governo.

All’esterno di un porto blindatissimo si rincorrono le voci su nazionalità e Cpr di provenienza dei migranti. Informazioni date alla spicciolata e non sempre confermate, come hanno sottolineato più volte le parlamentari del Pd sul posto e gli attivisti del Tavolo Asilo.

Quello che però da lontano non si riusciva a vedere erano le fascette che tenevano i polsi dei migranti durante lo sbarco. A denunciarlo è stata proprio l’europarlamentare del Pd Cecilia Strada, appena arrivata in Albania.

“Scendono ammanettati”, ha detto la figlia del fondatore di Emergency di Gino Strada (1948-2021) davanti alle telecamere mentre i teleobiettivi dei fotografi immortalavano il momento. “Chiederemo conto di tutto questo”, ha poi rincarato la dose. Un’immagine che in molti hanno associato a quelle che nei giorni scorsi sono arrivate Oltreoceano. Lo show delle manette a favore di social in quelle che sono state definite vere e proprie deportazioni.

“Ci hanno spiegato che le fascette sono state impiegate per motivi di sicurezza – ha aggiunto successivamente Strada -, per l’incolumità delle persone e per evitare autolesionismo e disordini a bordo”. Parole, queste ultime, che farebbero pensare ad un ammanettamento anche durante le circa sette ore di viaggio da Brindisi a Shengjin, con circa 80 agenti delle forze dell’ordine a bordo.

Di questo, e di tanto altro, si discuterà nei prossimi giorni, quando arriveranno in Albania anche i legali del Centro italiano per i rifugiati per capire non solo la nazionalità di provenienza delle persone, ma anche quali sono i centri di permanenza dai quali sono stati prelevati e portati al porto di Brindisi.

Inevitabile monta la polemica politica, con l’Unione Europea che però preferisce non commentare l’episodio. “Siamo a conoscenza degli ultimi sviluppi riguardanti il decreto e, secondo le nostre informazioni, ai centri si applicherà la legge nazionale italiana, come avvenuto finora per l’asilo”, ha detto il portavoce dell’esecutivo Ue, ribadendo che, “in linea di principio, questo è compatibile con il diritto europea”. Bruxelles, ha aggiunto, “continua a monitorare l’attuazione del protocollo” Italia-Albania “e rimane in contatto con le autorità italiane”.

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