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“Svizzera può influenzare dal 2% al 3% del riscaldamento globale”

(Keystone-ATS) La Svizzera può influenzare dal 2% al 3% del riscaldamento globale: lo sostiene Paul Polman, ex responsabile delle finanze di Nestlé ed ex presidente della direzione di Unilever, oggi militante per la transizione energetica.

“La situazione è molto grave”, esordisce il 67enne in un’intervista pubblicata oggi dal periodico finanziario romando L’Agefi. “Ci stiamo avvicinando a punti di svolta negativi, in particolare per quanto riguarda lo scioglimento delle calotte glaciali: il riscaldamento degli oceani avrà gravi conseguenze per la biodiversità e gli ecosistemi”.

“È chiaro che stiamo entrando in un nuovo stato ambientale e siamo troppo lenti a reagire. Stiamo continuando a emettere carbonio quando dovremmo già ridurre le nostre emissioni. Stiamo anche sopravvalutando la capacità della Terra di compensare queste emissioni, attraverso le foreste e gli oceani. Abbiamo già raggiunto 1,5 gradi di riscaldamento e ci stiamo dirigendo verso i 2 gradi, il che è insostenibile”.

Da un lato gli investimenti nell’energia pulita non sono mai stati così elevati e gli effetti si vedono, ma dall’altro ci sono “forze negative” come l’intelligenza artificiale (AI), che consuma enormi quantità di energia. “Microsoft, ad esempio, ha recentemente registrato un aumento del 30% delle sue emissioni di CO2, a causa dei forti investimenti nell’IA”, fa presente l’ex dirigente. “Inoltre, i politici hanno sempre più difficoltà a prendere decisioni a lungo termine, poiché i cicli elettorali sono troppo brevi, cosa che riduce le loro ambizioni”.

“Quando sono arrivato a Unilever nel 2008, insieme al mio team ho messo in atto un modello per garantire che la nostra crescita non avvenisse a spese dell’ambiente”, ricorda l’esperto nato nei Paesi Bassi. “Lo abbiamo fatto prima che la sostenibilità diventasse popolare”.

“Abbiamo dimostrato che la gestione di un’azienda a lungo termine tenendo conto di tutte le parti in gioco è una leva per la crescita dei profitti: vi rende più redditizi, più innovativi e migliora il vostro marchio aziendale”, argomenta lo specialista con studi in Olanda e negli Stati Uniti. “I vostri dipendenti sono più impegnati, i rapporti con i fornitori nella catena del valore sono più solidi. E alla fine della giornata, gli azionisti sono avvantaggiati. Oggi vedo che le imprese che scelgono questo tipo di strategia hanno anche una migliore performance finanziaria e sono meglio valutate”.

Pure la Confederazione ha un ruolo da giocare. “La Svizzera è un paese piccolo, ma molto influente”, afferma l’ex CFO di Nestlé. “Si stima che possa influenzare circa il 2% – 3% del riscaldamento globale, grazie alla presenza sul suo territorio di numerose multinazionali. Può incidere non solo sulle emissioni locali, ma anche sulle entità con sede in Svizzera e sui prodotti importati. Anche il modo in cui la Svizzera investe i propri capitali può avere un impatto significativo”.

“La transizione verde è necessaria e il paese deve far fronte all’invecchiamento della popolazione, cosa che richiede adeguamenti a lungo termine delle politiche di bilancio”, prosegue l’intervistato. La Svizzera ha adottato varie normative e si è impegnata a raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050, con obiettivi intermedi per il 2030.

“Le azioni concrete e le strategie attuali non sono però sempre allineate con questi obiettivi”, si rammarica Polman. “La recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che condanna la Confederazione per inazione sui cambiamenti climatici illustra questa discrepanza”. L’azione politica rimane insomma insufficiente, conclude autore (con Adrew Winston) di un saggio disponibile anche in italiano, “Net positive: un business etico per una crescita sostenibile e profittevole”.

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