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“Ogni giorno una tonnellata d’oro lascia illegalmente l’Africa”

Keystone-SDA

(Keystone-ATS) Ogni giorno una tonnellata di oro esce illegalmente dall’Africa: lo sostiene un rapporto pubblicato oggi dalla organizzazione non governativa (ong) elvetica Swissaid, che indica la Svizzera fra i principali paesi importatori.

Lo studio, che copre tutti i 54 paesi del continente per un periodo di oltre dieci anni, quantifica per la prima volta la produzione e il commercio di oro dichiarato e non dichiarato, si legge in un comunicato odierno. È emerso che ogni anno in Africa vengono prodotte tra le 321 e le 474 tonnellate di oro artigianale non dichiarato, per un un valore compreso tra i 24 e i 35 miliardi di dollari USA.

Nel 2022 quasi l’80% del metallo prezioso africano (industriale e artigianale) è stato esportato in tre paesi: Emirati Arabi Uniti (EAU), Svizzera e India. Secondo i ricercatori gli Emirati sono un vero e proprio hub: tra il 2012 e il 2022 hanno importato 2569 tonnellate di oro africano, che aveva un valore complessivo di oltre 115 miliardi di dollari.

L’oro viene poi convogliato verso altre nazioni, tra cui la Svizzera: nel periodo in questione la Confederazione ha importato 1670 tonnellate da EAU. Visto che la legislazione elvetica richiede solo la dichiarazione del precedente luogo di transito quando si importa oro e non il luogo di origine, il metallo è considerato emiratino, senza menzione della sua origine africana.

“Questa situazione è problematica perché l’oro di contrabbando, potenzialmente legato a conflitti o a violazioni dei diritti umani, finisce in Svizzera legalmente da molti anni”, afferma Marc Ummel, responsabile del dipartimento materie prime di Swissaid e coautore dello studio, citato nella nota. L’esperto aggiunge che la revisione totale della legge sulle dogane, che sarà discussa in parlamento in autunno, offre l’opportunità di rafforzare il quadro giuridico e migliorare la tracciabilità delle materie prime.

Gli autori della ricerca rivolgono varie raccomandazioni ai vari attori in gioco, tra cui gli stati africani, le autorità degli Emirati e della Svizzera, nonché l’industria. L’obiettivo è migliorare la trasparenza, combattere le violazioni dei diritti umani e i danni ambientali, come pure ridurre la perdita di reddito per le popolazioni dei paesi africani.

Le difficoltà socio-economiche di diversi stati del continente e l’aumento dei prezzi negli ultimi anni hanno innescato una vera e propria corsa all’oro, osserva Swissaid. Il risultato è lo sviluppo frettoloso e incontrollato di miniere artigianali, su piccola scala e persino semi-meccanizzate, dove le condizioni di lavoro sono spesso catastrofiche. “Una maggiore trasparenza nel commercio dell’oro africano è essenziale per responsabilizzare gli stati e l’industria”, afferma Yvan Schulz, un altro co-autore dello studio, a sua volta citato nel documento per la stampa. La Svizzera ha un ruolo importante da svolgere, in quanto ospita quattro delle nove raffinerie più grandi del mondo, conclude l’ong attiva nell’aiuto allo sviluppo.

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