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“Il declino dell’Europa è politico, non economico”, dice lo storico

Keystone-SDA

Nel pieno di un mutamento globale dominato dagli Stati Uniti e dalla Cina il celebre storico britannico Niall Ferguson lancia un duro monito: il Vecchio Continente ha smarrito la propria ambizione e non sa più quale ruolo svolgere nel mondo.

(Keystone-ATS) “A che cosa serve ancora l’Europa?”, si chiede il 61enne in un’intervista pubblicata oggi dalla NZZ am Sonntag. “La cosa tragica di questa domanda è che nessuno ha una risposta valida. Gli Stati Uniti detengono la leadership tecnologica, mentre la Cina domina la produzione industriale. A mio avviso, molte delle critiche mosse all’Europa dal presidente americano Donald Trump e dal suo vice J. D. Vance sono del tutto giustificate. Invece di affrontare i propri deficit, molti europei si sono concentrati sulla persona di Trump. Ritengo che si tratti di una mera lotta all’ombra. Il continente dovrebbe piuttosto chiedersi seriamente: cosa abbiamo da offrire? Come possiamo rafforzare la nostra influenza globale?”.

“L’America ha prospettive decisamente migliori rispetto all’Europa”, argomenta l’autore di numerosi saggi di successo. “Infatti l’economia si trova in una situazione decisamente più solida. Soprattutto la Germania, motore economico europeo, è sottoposta a una forte pressione. In soli dieci anni la produzione industriale è diminuita di un quinto. Fino a poco tempo fa gli esportatori tedeschi pensavano di poter trarre vantaggio per sempre dall’enorme mercato cinese, invece sta accadendo il contrario: l’ondata di merci cinesi sta rovinando industrie consolidate, in particolare quella automobilistica. Per l’Europa la minaccia economica è esistenziale, a differenza degli Stati Uniti. Ciononostante, il continente non ha ricette per reagire”.

“Prendiamo ad esempio il riarmo militare”, prosegue l’esperto. “La Germania potrebbe costruire fabbriche all’avanguardia per la produzione di droni, avvalendosi dell’enorme know-how dell’Ucraina. Con la produzione di massa di droni, si potrebbero inoltre utilizzare gli impianti e il personale dell’industria automobilistica, che soffre di sovraccapacità. L’Europa non manca affatto di potenziale o capacità. Il problema risiede piuttosto nella scarsa consapevolezza delle élite al potere. Le ricette necessarie sono già sul tavolo da tempo, come la riduzione della burocrazia o una maggiore concorrenza. Ma non vengono applicate”.

“Se i tedeschi agiscono nel modo deciso, possono modificare in modo significativo l’equilibrio geopolitico”, osserva lo specialista di storia economica e finanziaria. “Ciò che i russi temono maggiormente è una Germania militarmente più forte”, aggiunge. “L’Europa continua inoltre ad avere università leader a livello mondiale in grado di promuovere l’innovazione. Il continente non manca quindi di talenti. Purtroppo, però, incentivi sbagliati impediscono a queste qualità di svilupparsi correttamente. Chi vuole creare un’azienda leader preferisce trasferirsi negli Stati Uniti”.

Intanto a livello geopolitico gli equilibri si spostano verso la Cina e centrale diventa il ruolo di Taiwan. “Ritengo improbabile un’invasione. La leadership cinese sta invece perseguendo la strategia di conquistare Taiwan senza combattere. Sta cercando di mettere Donald Trump di fronte a un dilemma: dovrà scegliere tra una terza guerra mondiale e una presa di potere senza combattere da parte della Cina a Taiwan. Xi Jinping conta sul fatto che Trump opterà per la seconda opzione. Ritengo plausibile che questa decisione venga presa già nei prossimi tre anni”.

“La posta in gioco è molto alta, anche se non si arriverà a un conflitto armato”, sottolinea il padre di cinque figli avuti in due matrimoni. “Qualsiasi fattore che comprometta la stabilità politica di Taiwan ha conseguenze gravi quanto quelle della crisi petrolifera degli anni ’70”. Ciò è dovuto alla posizione dominante del paese nella produzione dei semiconduttori più avanzati, indispensabili per l’intelligenza artificiale. “Gli storici del futuro scuoteranno probabilmente la testa e diranno: come ha potuto il mondo arrivare a una situazione in cui il sito più importante per la produzione di semiconduttori avanzati era una piccola isola rivendicata dalla Cina? Non ha alcun senso rendere l’economia mondiale dipendente da un territorio così conteso. Eppure è proprio questa la situazione in cui ci troviamo attualmente”.

“Ci troviamo solo nella fase iniziale di questa seconda guerra fredda e la situazione può degenerare rapidamente”, mette in guardia Ferguson. “Ricordo la crisi di Cuba durante la prima guerra fredda. Taiwan rappresenta un rischio simile. L’enorme potenziamento militare dei cinesi dimostra che stanno giocando con un rischio elevato. Il momento della verità potrebbe quindi essere imminente”, conclude.

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