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“BNS non abbasserà tassi, ma se lo farà taglio sarà di 0,5 punti”

Keystone-SDA

La Banca nazionale svizzera (BNS) non abbasserà i tassi portandoli in negativo, ma se proprio dovesse farlo il taglio sarà di 0,50 punti percentuali, non di 0,25: lo sostiene Karsten Junius, capo-economista di J. Safra Sarasin.

(Keystone-ATS) “La BNS è in ottima posizione”, afferma l’esperto in un’intervista pubblicata oggi dal portale Cash. “Da dicembre 2024 persegue una politica monetaria espansiva, sostenendo così l’economia. Ciò aiuterà le imprese nei prossimi trimestri. Dal punto di vista macroeconomico, quindi, non è opportuno un taglio dei tassi d’interesse in settembre e anche riguardo all’inflazione al momento non è necessario un tasso guida più basso”.

“Il rincaro ha recentemente sorpreso al rialzo e rimarrà nella fascia obiettivo della BNS nel medio termine. Pertanto, a differenza di quanto credono alcuni operatori del mercato, rimarremo con un tasso guida dello 0,0% almeno per tutto il prossimo anno”, di dice convinto il dottore in economia con studi in Germania e negli Stati Uniti.

Se l’istituto centrale dovesse invece optare per un abbassamento dell’indicatore, sarebbe di 50 punti base. “La Banca nazionale procederà a tale intervento sui tassi d’interesse qualora l’economia dovesse risentire della situazione più di quanto attualmente prevedibile, con un calo degli investimenti e dei consumi”.

Non sarà però cosa scontata. “Il presidente della BNS Martin Schlegel ha affermato chiaramente che nessuno apprezza i tassi negativi, nemmeno la Banca nazionale, che essi sono impopolari e hanno effetti collaterali indesiderati”, ricorda lo specialista. “Per questo motivo gli ostacoli ai tassi sotto zero sono ora elevati. La BNS aspetterà quindi fino a quando la necessità di agire sarà così grande che solo un taglio di 0,50 punti percentuali avrà senso”.

Sono ravvisabili differenze – chiede il giornalista di Cash – nella comunicazione tra l’attuale presidente Schlegel e il suo predecessore Thomas Jordan? “Entrambi sono, o erano, sempre estremamente preparati. Ma hanno anche personalità diverse. Nel caso del presidente Schlegel, la comunicazione dovrà probabilmente ancora consolidarsi: al momento, le sue argomentazioni sono meno economiche rispetto a quelle del suo predecessore Jordan”, risponde l’intervistato.

Che cosa dire delle barriere doganali decise dal presidente americano Donald Trump contro la Svizzera? “È vero, i dazi doganali sono un onere. Ma dobbiamo considerarli nella giusta prospettiva. Quasi due terzi delle esportazioni elvetiche sono esenti da tariffe. Complessivamente, solo il 4% circa del prodotto interno lordo è soggetto a barriere doganali. Questa parte è ovviamente colpita duramente, ma è relativamente piccola. La BNS si è già preparata bene adottando una politica monetaria espansiva. Ora dovrebbe limitarsi a osservare la situazione”.

Occorre lottare contro il rafforzamento della moneta elvetica? “Il franco svizzero è effettivamente a un livello elevato”, riconosce il professionista con trascorsi presso il Fondo monetario internazionale. “Ciò è dovuto principalmente al calo del dollaro statunitense, ma riguarda anche altre valute. Si tratta di una tendenza globale. La Svizzera non dovrebbe opporsi, perché non può farlo. Inoltre intervenire contro il dollaro non sarebbe politicamente opportuno, visto che sono in corso negoziati tra Berna e Washington. E, in definitiva, il dollaro rimane sopravvalutato e non vi è alcun motivo per cui la BNS dovrebbe acquistare una valuta che perderà valore nei prossimi trimestri e anni”.

“Il dollaro continuerà a svalutarsi, poiché molti investitori stranieri stanno perdendo fiducia nella stabilità della valuta americana a causa della politica degli Stati Uniti”, argomenta l’analista. “Rispetto all’euro, il franco si rafforzerà a causa del divario inflazionistico tra l’Eurozona e la Svizzera. Lo stimolo fiscale, soprattutto in Germania, innescherà però una spinta alla crescita in Europa che sosterrà la moneta unica”. Concretamente J. Safra Sarasin prevede che il dollaro sarà a 77 centesimi alla fine del 2025 e a 73 centesimi alla fine del 2026; l’euro si troverà invece a rispettivamente 92 e 91 centesimi.

In generale gli investitori dovrebbero mantenere i propri investimenti e non lasciarsi scoraggiare dall’incertezza politica, sostiene Junius. Non dovrebbero però nemmeno assumersi rischi eccessivi. “In ogni caso, è opportuno dare un peso rilevante al mercato azionario. L’economia funziona, gli utili affluiscono. Esistono mercati con valutazioni decisamente convenienti al di fuori degli Stati Uniti, uno dei quali è proprio vicino: il mercato azionario svizzero. Esso presenta un potenziale di recupero. Lo stesso vale per altri mercati azionari europei. Settore per settore, hanno valutazioni più convenienti rispetto al mercato americano e dovrebbero ricevere ulteriori impulsi dalla ripresa ciclica del prossimo anno”, conclude.

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