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Zanetti, il sognatore pragmatico

Anche per un politico navigato come Roberto Zanetti, assumere un ruolo nuovo significa osservare per prendere le misure del sistema. Keystone

Aveva 18 anni, voleva un mondo migliore e si è dato alla politica. Oggi il socialista Roberto Zanetti rappresenta il cantone di Soletta nella camera alta del parlamento elvetico. Ritratto di un uomo abituato a mediare tra mondi diversi.

Lo chiamano «der rote Röbu», Roberto il rosso, un soprannome di fuoco che contrasta con il suo sguardo velato di riservatezza. Al centro dell’attenzione – è uno dei pochi volti nuovi di questa sessione primaverile – concede interviste e si fa fotografare. Ha quasi quarant’anni di attività politica alle spalle e sa che non può sottrarsi a questo tipo di esercizio, ma i suoi occhi non cercano mai l’obiettivo del fotografo.

Sembra che non ami mettersi in scena, anche se di certo non ha mai esitato a mettersi in gioco: l’ha fatto a 18 anni, quando distribuiva volantini contro l’esportazione d’armi davanti all’acciaieria che dava lavoro al padre e l’ha fatto nel 2009 con la decisione di ritornare in politica dopo quattro anni di pausa forzata.

Nel 2005, gli strascichi di uno scandalo legato alle speculazioni finanziarie della fondazione Pro Facile, costano a Zanetti la rielezione nel governo cantonale di Soletta. Una sconfitta dura da mandar giù: «Non solo non avevo fatto niente di sbagliato, ho assunto un ruolo attivo per chiarire la faccenda». Membro del consiglio d’amministrazione della Pro Facile, Zanetti aveva dato le dimissioni non appena si era accorto – insieme alla sua collega di partito e consigliera agli Stati basilese Anita Fetz – che la fondazione non si occupava solo di sostenere i portatori di handicap. I due avevano anche congelato i doni per la campagna elettorale ricevuti dalla Pro Facile.

«Se i consigli di amministrazione di UBS o di Swissair avessero agito come abbiamo fatto Anita Fetz ed io, il paese si sarebbe risparmiato un paio di problemi». I risultati del 2009 (Zanetti ultimo nome in lista ed eletto nel parlamento di Soletta con il miglior risultato di tutto il cantone) e del 2010 (elezione al Consiglio degli Stati) sono lì a dimostrare che gli elettori hanno capito, «non tutti i giornalisti, ma gli elettori sì».

Ruolo nuovo

Il primo marzo, Zanetti è dunque tornato a Berna per succedere al suo collega di partito Ernst Leuenberger, deceduto lo scorso anno. Non è la prima volta che varca la soglia di Palazzo federale – è stato deputato alla camera bassa dal 1999 al 2003 – ma il Consiglio degli Stati rappresenta una novità anche per lui. «È una sensazione diversa. Rappresenti il cantone e non solo il segmento di popolazione che di solito ti elegge».

L’altro senatore solettese, il liberale radicale Rolf Büttiker, definisce Zanetti un pragmatico ed è convinto che con lui lavorerà bene. «Ho fatto il sindaco per dieci anni e sono stato membro del governo cantonale», commenta Zanetti. «Se lavori in un esecutivo, impari che a un certo punto i problemi vanno risolti. È il tuo compito. E nel nostro sistema, le buone soluzioni passano attraverso i compromessi».

Anche nel suo nuovo ruolo di consigliere agli Stati, Zanetti si farà guidare dalla sua esperienza e dall’ideale che lo accompagna da sempre: battersi per un mondo migliore. «Una cosa che mi sta particolarmente a cuore è il lavoro. Le persone devono essere messe nella condizione di lavorare. Senza lavoro non c’è benessere».

Durante la prima sessione, però, si preoccuperà soprattutto di «guardare, ascoltare, imparare». Le regole non scritte di Palazzo federale, consigliano ai neo senatori di mantenere un profilo basso. «Mi sembra una cosa ragionevole. Non ho avuto il tempo di studiare a fondo i dossier. E poi il mio lavoro dipenderà molto dalle commissioni in cui mi ritroverò. Certo è che come consigliere agli Stati è necessario allargare i propri orizzonti. Direi che dobbiamo essere politici “a banda larga”, meno fissati su temi precisi».

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Socialista vicino agli operai

L’esperienza ha insegnato a Roberto Zanetti quanto sia importante osservare le cose da punti di vista diversi. Il 18enne accusato di distruggere posti di lavoro perché voleva fermare la produzione di bocche da fuoco per i cannoni, da sindaco si è battuto per una riconversione dell’acciaieria che evitasse la chiusura totale.

Proprio per il suo contatto diretto con i lavoratori e per il suo impegno in favore degli emarginati – è direttore di un’associazione che si occupa di persone con problemi di dipendenza – Zanetti è stato spesso definito un socialista vecchio stampo, lontano dal socialismo accademico diffuso nelle grandi città.

A lui, però, definizioni e tipologie vanno strette. «È la biografia di una persona ad essere determinante. È ovvio che se sei stato sindaco di un comune industriale, dove un’alta percentuale della popolazione parla una lingua straniera, ragioni in modo diverso dal membro di una sezione cittadina che riunisce solo intellettuali».

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La forza dei sogni

Zanetti ha solo mezza legislatura per dimostrare quello che sa fare. Nel 2011 ci saranno le elezioni federali e lui dovrà sottoporsi di nuovo al giudizio degli elettori. Ma è un momento che non teme. «Sarebbe stato bello avere quattro anni di tranquillità, ma mi sono già ritrovato una volta in questa situazione e posso gestirla».

Certo spera di non dover riaffrontare una mancata rielezione come nel 2005. Se però dovesse accadere, sa di poter contare sulla forza dei sogni. In effetti, è stato un sogno a farlo tornare in politica dopo la brutta esperienza legata al caso Pro Facile.

«Ho sognato di essere tra i banchi del parlamento solettese, nel bel mezzo di un’accesa discussione. Di solito non ricordo i sogni, questo però sì. Mi sono detto che qualcosa doveva pur dire. Ero molto combattuto. Non avevo passato un bel periodo ed era ovvio che mi chiedessi se valesse davvero la pena di ritornare nell’arena politica. Alla fine è andata così, ed è andata bene».

Roberto Zanetti nasce a Soletta il 14 dicembre 1954. I suoi genitori sono emigrati interni provenienti dalla Valposchiavo (Grigioni italofono). Il padre lavora come operaio nelle acciaierie della Von Roll, a Gerlafingen. La madre fa la cameriera.

1972: prima azione politica. Roberto Zanetti distribuisce volantini all’entrata della Von Roll per promuovere un’iniziativa contro l’esportazione d’armi. Qualche anno dopo, dal 1977 al 1980, rappresenterà il Partito socialista in seno al consiglio comunale di Gerlafingen.

1990 – 2000: sindaco di Gerlafingen. Nel corso del suo mandato riesce ad evitare la chiusura dell’acciaieria (oggi Stahl Gerlafingen) salvando centinaia di posti di lavoro.

Tra il 1993 e il 1999 e da maggio 2009 a gennaio 2010 è membro del legislativo cantonale. Dal 1999 al 2003 è deputato al Consiglio nazionale. Nel 2003 entra nel governo di Soletta, ma due anni più tardi, nel 2005, non viene rieletto.

21 gennaio 2010: Roberto Zanetti vince le elezioni per il secondo seggio solettese al Consiglio degli Stati. Ottiene quasi il 50% delle preferenze, distanziando di molto i suoi due avversari.

Accanto agli impegni in parlamento, Zanetti continuerà a dirigere la Perspektive Region Solothurn, un’associazione che opera per il reinserimento sociale di persone con problemi di dipendenza.

Pur sentendosi solettese, Roberto Zanetti è rimasto molto legato alla Valposchiavo, luogo d’origine dei suoi genitori.

Zanetti, che parla perfettamente il dialetto della zona, si reca regolarmente a Brusio. «Per me è un pezzo di casa. C’è sempre una certa nostalgia latente che mi riporta da quelle parti, dove ho ancora molti buoni amici e dove è tornata a vivere mia madre».

Qualche anno fa, l’affetto di Zanetti si è materializzato in un carro dei pompieri che il suo comune, Gerlafingen, ha regalato a Brusio.

«C’è una specie di senso d’appartenenza, che mi fa guardare le statistiche dei Grigioni subito dopo quelle di Soletta e che mi fa esclamare “ehi, vengo anch’io da lì” quando mi capita d’incontrare altri poschiavini emigrati, come Mariangela Wallimann-Bornatico, che fino a qualche anno fa è stata segretaria del parlamento».

Zanetti è il terzo consigliere agli Stati con radici in Valposchiavo. Il primo – e l’unico per i Grigioni – è stato il liberale progressista Prospero Albrici, che ha ricoperto la carica dal 1873 al 1874. L’altro è stato il democentrista Franco Matossi, che ha rappresentato il canton Turgovia dal 1979 al 1987.

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