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Il coronavirus solleva la questione della democrazia digitale

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Per il momento, anche in caso di pandemia, i membri eletti del Parlamento svizzero devono essere presenti in aula per poter votare, come qui durante la sessione estiva delle Camere, tenuta in giugno a Berna. Keystone / Peter Klaunzer

L'idea di parlamentari seduti a distanza sta guadagnando terreno. Il voto elettronico ne trarrà beneficio?

Votazioni rinviate di quattro mesi, raccolta delle firme sospesa, sessioni parlamentari annullate: il coronavirus è stato anche un test per la democrazia. Per evitare di dover cancellare nuovamente le sessioni delle Camere federali, come è avvenuto a marzo, la Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale studierà la possibilità e l’opportunità di introdurre, tra l’altro, un sistema di voto elettronico a distanza per i parlamentari. Il 26 giugno la Commissione degli Stati ha dato il suo sostegno al processo di riflessione proposto dal deputato liberale radicale Damien Cottier, per il quale questa procedura dovrebbe essere riservata solo ai momenti di crisi.

“Se dei rappresentanti eletti fossero stati contaminati o se un gruppo di parlamentari avesse dovuto mettersi in quarantena, senza essere ammalati oppure ancora se fosse stato impedito a persone vulnerabili o a rappresentanti di intere regioni di essere presenti, ci sarebbe stato un problema di rappresentatività perché questi rappresentanti eletti non avrebbero potuto votare”, ha spiegato. Ciò vale anche in caso di una catastrofe naturale che impedisca, ad esempio, ai parlamentari di alcuni Cantoni di recarsi a Berna.

Altri sviluppi

La questione si è posta anche al Gran consiglio di Friburgo, che per la prima volta ha rinunciato alla sessione di marzo, ma si è riunito a maggio con quattro rappresentanti eletti “a rischio”, fisicamente assenti ma virtualmente presenti. Il Parlamento cantonale ha utilizzato un’applicazione di comunicazione collaborativa per consentire loro di partecipare alle votazioni. “C’è stato anche un deputato che ha parlato in plenaria da casa sua”, indica Kirthana Wikramasingam, presidente del parlamento friburghese. Non si è potuto offrire soltanto il voto a distanza, perché non è possibile assicurarsi che la persona sia da sola dietro il suo schermo”. Ma un doppio sistema di autenticazione e uno scrutatore dedicato solo a questi eletti hanno permesso il buon svolgimento della sessione.

Rilanciare il voto elettronico?

Altri parlamenti in tutto il mondo hanno testato strumenti simili durante questo periodo, e questo potrebbe non essere una prova isolata. “La crisi favorirà lo sviluppo della tecnologia digitale”, prevede il politologo Pascal Sciarini, “perché ci rendiamo conto di non essere immuni da una seconda ondata o da un’altra crisi simile. Forse darà una spinta al voto elettronico perché c’è un aspetto pratico”.

«La crisi favorirà lo sviluppo della tecnologia digitale»

Pascal Sciarini, politologo

I fautori dell’e-voting sono pronti a sostenere questa tesi, come Ariane Rustichelli, direttrice dell’Organizzazione degli Svizzeri all’estero (OSE): “Se avessimo avuto il voto elettronico, non avremmo dovuto annullare la votazione. E se ci fosse una nuova ondata, a settembre ci troveremmo nella stessa situazione. La democrazia svizzera richiede la partecipazione quattro volte l’anno, quindi l’accesso deve essere garantito”.

Il coronavirus accelererebbe le cose in questa direzione? Da parte dell’OSE, si denota una “maggiore disponibilità ad ascoltare”, anche se la questione non è una priorità al momento. Anche Damien Cottier non esclude un cambiamento di mentalità. Ma se per l’accesso al voto dei quattro membri eletti del Gran consiglio di Friburgo la sicurezza era un punto centrale, lo è anche per il Parlamento federale – l’Ufficio del Consiglio nazionale esige di poter garantire “l’identità dei membri dei consigli” ed escludere “ogni rischio di falsificazione” – e a maggior ragione per un voto popolare.

Altri sviluppi

“Un problema di sicurezza con il voto elettronico potrebbe potenzialmente portare a un cambiamento della Costituzione”, dice il deputato dei Verdi Gerhard Andrey. Il consigliere nazionale friburghese vuole comunque portare avanti questo dossier, parallelamente alla raccolta elettronica delle firme per iniziative e referendum, altro diritto temporaneamente sospeso a causa della crisi.

Il Consiglio federale non ne fa una priorità, mentre l’ex consigliere nazionale socialista Jean Christophe Schwaab vorrebbe che gli si dicesse “a cosa potrebbe servire”. “Convocare il popolo non è una cosa banale, non si fa in tre click”, dice Schwaab, che era anche membro del comitato di iniziativa che chiedeva una moratoria sul voto elettronico.

Non si può fare tutto in modo virtuale

«La democrazia svizzera richiede la partecipazione popolare quattro volte l’anno, quindi l’accesso deve essere garantito»

Ariane Rustichelli, direttrice dell’OSE

Dopo il ritiro dei sistemi di e-voting del Cantone di Ginevra e della Posta svizzera, la Confederazione ha avviato un dialogo con gli esperti, complicato dalla crisi sanitaria. Si prevede che la Cancelleria proporrà una ristrutturazione della fase di test entro la fine dell’anno. Dal canto suo, la Posta Svizzera spera di proporre l’anno prossimo un nuovo sistema di voto elettronico ai Cantoni. Questi ultimi l’attendono, a cominciare da Friburgo.

La cancelliera di Stato friburghese, Danielle Gagnaux, crede nella sua utilità e intende dimostrare la serietà del lavoro svolto dagli attori interessati, al fine di rassicurare l’opinione pubblica, che potrebbe non essersi sviluppata favorevolmente con la crisi, come dimostra la discussione sull’applicazione Covid svizzera. “Ora che il picco è passato”, sottolinea Danielle Gagneux, “sentiamo molte critiche per quanto riguarda la protezione dei dati personali e la sicurezza. Le domande e le preoccupazioni, che sono legittime, rimangono. Sta a noi rispondere”.

Tuttavia, la posta in gioco non è solo tecnica per Jean Christophe Schwaab. Altrettanto essenziali per lui sono la campagna e la formazione delle opinioni, che non possono essere trasferite nel mondo virtuale. “Si deve poterne discutere con i conoscenti, i colleghi, nei mercati, nei bistrot”, dice. Ciò che è protetto è il fatto che le persone possono formarsi un’opinione in buone condizioni”. Oltre agli aspetti logistici, questo è stato il principale argomento del Consiglio federale per il rinvio del voto del 17 maggio.

La digitalizzazione della democrazia non sembra aver guadagnato slancio nonostante le difficoltà incontrate nelle ultime settimane. “C’è ancora un divario digitale, persone che hanno difficoltà ad accedere a questi strumenti”, dice Jean Christophe Schwaab. Kirthana Wikramasingam vede certamente i mezzi digitali come un modo per garantire un servizio minimo, ma insiste sul valore aggiunto di incontrare le persone faccia a faccia.

“È utile come complemento”, ritiene Gerhard Andrey, che non vede l’ora di discuterne in vista della votazione di settembre. “Dibattiti televisivi, conferenze pubbliche, incontri politici, tutto questo rimane indispensabile”, conclude il professor Pascal Sciarini dell’Università di Ginevra. “Una democrazia digitale smaterializzata, senza carta e al 100% digitale sembra ancora difficile”.

Traduzione di Armando Mombelli

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