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Il Ticino mette al bando il burqa nella costituzione

Giorgio Ghiringhelli, alla testa del movimento il Guastafeste, è riuscito a convincere oltre il 65% dei votanti Keystone

I cittadini ticinesi recatisi alle urne hanno accettato domenica un’iniziativa popolare cantonale che vieta di girare nei luoghi pubblici col volto coperto. Il Ticino diventa così il primo cantone svizzero a mettere al bando burqa e niqab. Il parlamento federale dovrà ancora approvare questo articolo costituzionale.

«Nessuno può dissimulare o nascondere il proprio viso nelle vie pubbliche e nei luoghi aperti al pubblico (ad eccezione dei luoghi di culto) o destinati ad offrire un servizio pubblico»: domenica i cittadini ticinesi hanno deciso a larga maggioranza di iscrivere questa nuova disposizione nella costituzione cantonale.

L’iniziativa lanciata dal movimento Il Guastafeste di Giorgio Ghiringhelli è stata accettata dal 65,4% dei votanti. Il controprogetto elaborato dal parlamento cantonale, che proponeva di non modificare la costituzione ma unicamente la legge sull’ordine pubblico, ha invece ottenuto il 60% di ‘sì’.

Alla domanda «volete accettare l’iniziativa popolare costituzionale o il controprogetto del Gran Consiglio», il 52,4% dei cittadini recatisi alle urne ha optato per l’iniziativa, mentre il 36,75% per il controprogetto. Il tasso di partecipazione si è attestato al 46%. Il risultato non sorprende: nel 2009, in Ticino il 68,1% dei votanti aveva accettato l’iniziativa per vietare la costruzione di nuovi minareti. All’epoca, il risultato della votazione (a livello nazionale l’iniziativa fu accolta col 57,5% di ‘sì’) aveva suscitato molte reazioni internazionali.

Per questa votazione, la maggior parte dei partiti – ad eccezione di quelli di sinistra – si era detta favorevole almeno al controprogetto.

Sanzioni ancora da stabilire

«In questo modo scriviamo la storia», ha reagito all’annuncio dei risultati il promotore dell’iniziativa. Il Ticino è infatti il primo cantone svizzero a pronunciarsi per un simile divieto.

Giorgio Ghiringhelli ha sempre sottolineato il carattere preventivo di questo provvedimento, ben cosciente del fatto che nel cantone a sud delle Alpi le donne con viso completamente velato rappresentano un’eccezione. Solo di tanto in tanto, per le strade di Lugano o di Locarno si vedono delle turiste arabe con il burqa o il niqab.

Le ripercussioni sul settore turistico dovrebbero comunque essere minime, poiché le clienti completamente velate rappresentano un’eccezione.

Le sanzioni comminate a chi viola il divieto sono ancora da stabilire. Contrariamente al controprogetto, che contemplava multe fino a 10’000 franchi, l’iniziativa prevede che le sanzioni siano regolate nella futura legge d’applicazione.

Nel canton Zurigo, i cittadini del villaggio di Hedingen (3’500 abitanti) hanno deciso di donare 110’000 franchi, ovvero il 10% delle imposte pagate dal patron della GlencoreXstrata Ivan Glasenberg, a organizzazioni non governative. In questo modo, intendono protestare contro le pratiche della multinazionale attiva nel settore delle materie prime.

Il principale azionista della GlencoreXstrata, che vive a Rüschlikon, un altro comune del canton Zurigo, ha pagato nel 2011 360 milioni di franchi di imposte al canton Zurigo. Il comune di Hedingen ha percepito circa un milione di franchi tramite un sistema di ridistribuzione che permette di compensare in parte le inuguaglianze tra i comune del cantone.

Hedingen verserà l’importo a tre organizzazioni non governative che svolgono dei progetti umanitari nella Repubblica democratica del Congo, in Colombia e in Bolivia. Nei prossimi mesi, votazioni simili sono in programma in altri comuni limitrofi.

Fonte: ATS

Un segnale all’Islam militante

Per Ghiringhelli, appoggiato da molte personalità in vista nel cantone, si trattava anche di lanciare un segnale agli «islamici militanti», come aveva dichiarato a swissinfo.ch. Il suo auspicio è che il voto ticinese funga da scintilla per lanciare – o rilanciare – il dibattito in altri cantoni.

E anche e soprattutto a livello nazionale, poiché il parlamento federale sarà chiamato ad esprimersi sulla conformità dell’articolo costituzionale cantonale rispetto alla costituzione federale. Finora l’assemblea federale si è dimostrata restia a legiferare. Nel settembre 2012, la camera del popolo (Consiglio nazionale) aveva respinto – per 93 voti contro 87 – un’iniziativa del canton Argovia che chiedeva di introdurre un divieto di coprirsi il viso nei luoghi pubblici. La maggioranza dei deputati era però giunta alla conclusione che la questione del velo integrale non rappresentava un problema in Svizzera e che un intervento del legislatore era quindi ingiustificato.

Ai microfoni della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana, Giorgio Ghiringhelli si è detto ottimista: «Vedo male come il parlamento federale possa intromettersi in una decisione così ampia del popolo ticinese», ha dichiarato.

Ricorso in vista

Per l’avvocato ed ex procuratore pubblico Paolo Bernasconi, che durante la campagna aveva militato per il doppio ‘no’, il risultato non è una sorpresa: «Il Ticino scivola sempre più a destra e nel cantone manca una vera e propria opposizione. Non è stato formato neanche un comitato per far campagna per un doppio no».

Bernasconi non intende comunque abbassare le braccia: secondo lui, la norma accettata domenica costituisce una violazione della libertà religiosa e di culto garantita dalla carta fondamentale. Il parlamento federale dovrebbe quindi dichiararla anticostituzionale.

Nel caso in cui l’assemblea federale dovesse decidere altrimenti, Bernasconi ha già annunciato che alla prima multa comminata a una donna velata verrà interposto ricorso al Tribunale federale e, in ultima ratio, alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Una corte che tra l’altro, nei prossimi mesi, dovrà proprio pronunciarsi sulla legge francese che vieta di indossare il burqa nei luoghi pubblici.

Contro il principio del divieto di coprirsi il volto si erano espressi anche Amnesty International e Human Rights Watch, che durante la campagna avevano pubblicato diversi annunci in favore di un doppio ‘no’. Per le due organizzazioni, il fatto di coprirsi il volto per ragioni religiose, non rappresenta in alcun caso un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza. Inoltre, secondo Human Rights Watch, un simile divieto fa solo dei perdenti: «Viola i diritti di coloro che scelgono di mettere il velo e non aiuta coloro che sono obbligate a farlo, limitando la possibilità di ottenere consulenza e supporto».

Nei giorni precedenti il voto, la European Muslim League e il Consiglio centrale islamico svizzero avevano dal canto loro organizzato una conferenza stampa a Lugano per prendere posizione contro il divieto e denunciare un’«iniziativa discriminatoria».

Il FC Zurigo e il Grasshopper non avranno in un futuro prossimo un nuovo stadio interamente dedicato al calcio. I cittadini zurighesi hanno infatti rifiutato domenica un credito di 216 milioni di franchi per la costruzione di una nuova infrastruttura di una capienza di 19’000 posti, che avrebbe dovuto sorgere sul sedime dello stadio dell’Hardturm, demolito qualche anno fa. Il credito è stato respinto dal 50,83% dei votanti (53’058 voti contro 51’311).

Gli oppositori non volevano che il nuovo stadio fosse finanziato interamente con i soldi dei contribuenti. Inoltre, le due squadre zurighesi che militano in Serie A dispongono già di uno stadio di una capienza maggiore, il Letzigrund.

Fonte: ATS

(traduzione e adattamento di Daniele Mariani)

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