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Chi deve eleggere il governo svizzero?

Keystone

L’elezione del governo federale da parte del parlamento, nel sistema elvetico di democrazia diretta, è un’anomalia che va corretta o un’eccezione che va preservata? La risposta uscirà dalle urne il 9 giugno, quando gli svizzeri voteranno sulla proposta di trasferire questo compito al popolo.

La riforma sottoposta a scrutinio federale il 9 giugno è una sorta di rivoluzione per la Svizzera. Essa modificherebbe delle modalità di elezione rimaste invariate dal 1848, ossia dalla nascita dello Stato federale.

In passato due iniziative che chiedevano di far eleggere l’esecutivo elvetico dal popolo, invece che dalle Camere federali, sono naufragate nelle urne. L’ultima risale al 1942. All’epoca era una rivendicazione del Partito socialista, che era escluso dal governo nonostante avesse il maggior numero di seggi nella Camera del popolo.

Promossa da un comitato di esponenti UDC, l’iniziativa è combattuta dal governo e dal parlamento. La Camera dei Cantoni l’ha bocciata con 34 voti contro 5 e 3 astensioni, la Camera del popolo con 137 voti contro 49. L’UDC è l’unico partito che l’ha sostenuta.

La proposta di modificare quattro articoli costituzionali prevede che il Consiglio federale sia eletto tramite votazione popolare, con il sistema maggioritario. L’elezione si svolgerebbe ogni quattro anni assieme a quella della Camera del popolo.

Tutta la Confederazione formerebbe un’unica circoscrizione elettorale. Le regioni e i cantoni francofoni e italofoni avrebbero diritto complessivamente ad almeno due dei sette seggi del governo federale.

I candidati che otterrebbero la maggioranza assoluta, sarebbero eletti già al primo turno. Nel ballottaggio, invece, basterebbe la maggioranza semplice.

D’altra parte, l’elezione del(la) presidente della Confederazione e del(la) suo(a) vice sarebbe di competenza del governo e non più del parlamento.

Adesso è l’Unione democratica di centro (UDC) che torna alla carica. Le ragioni che hanno spinto la formazione conservatrice di destra a lanciare, nel 2010, l’iniziativa “Elezione del Consiglio federale da parte del popolo” sono simili a quelle che avevano mosso i socialisti circa 70 anni prima. La decisione è stata presa in seguito all’estromissione dal governo, nel 2007, di Christoph Blocher, grande figura carismatica dell’UDC.

“Oggi dietro le quinte dell’elezione del Consiglio federale, ci sono sempre più giochi sporchi e intrighi dei partiti, che sono indegni della democrazia svizzera”, dice il deputato UDC Hans Fehr. Il fatto che i partiti non siano rappresentati in governo proporzionalmente alla loro forza in parlamento è contrario alla volontà popolare, aggiunge. L’UDC pur essendo il più grande partito in parlamento, in governo detiene solo un seggio e non si sente dunque equamente rappresentata.

Come a livello cantonale

Perciò occorre far eleggere i consiglieri federali dal popolo. “In questo modo vien rafforzata la legittimità del governo e completato il sistema di democrazia diretta svizzero”, prosegue il parlamentare zurighese. Nei cantoni e in quasi tutti i comuni della Svizzera, infatti, anche l’esecutivo è eletto dal popolo.

Per buona parte degli oppositori, invece, l’elezione dei membri del governo a livello federale non può essere paragonata a quella a livello cantonale. “Si tratta di realtà più piccole, dove gli elettori conoscono i candidati. A livello nazionale è molto più difficile che gli elettori conoscano anche i candidati di altri cantoni, soprattutto di quelli di altre regioni linguistiche”, rileva il senatore liberale radicale Raphaël Comte.

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Timori di “americanizzazione”

Il parlamentare neocastellano vede il pericolo di “un’americanizzazione dell’elezione del Consiglio federale. Il denaro diventerebbe un elemento importante, perché dover fare delle campagne molto più vaste per darsi una visibilità in ogni regione del paese, significa dover spendere molto di più. Dunque sarebbe chi ha più soldi che avrebbe più probabilità di essere eletto”.

“La Svizzera è un paese piccolo, non c’è alcun pericolo di americanizzazione”, ribatte Fehr, secondo il quale “basta che i candidati partecipino a comizi in tutta la Svizzera per farsi conoscere e dimostrare le loro competenze. Così ogni partito avrebbe interesse a presentare i migliori candidati se vuole che il popolo elegga i suoi rappresentanti”.

Un rischio ancora più grave, per Comte, sarebbe quello di consiglieri federali che, dovendo fare campagna per essere rieletti, trascurerebbero il proprio lavoro. E “ne patirebbe anche la collegialità, perché se i consiglieri federali dovessero fare campagna, tenderebbero a profilarsi, difendendo le proprie idee e a volte mettendosi in contrasto con i colleghi”.

Di opinione diversa Fehr, secondo il quale, per riuscire ad essere rieletti, i consiglieri federali sarebbero obbligati a “lavorare seriamente” e ad “agire nel rispetto delle decisioni del popolo”.

Minoranza latina

L’iniziativa prevede che la Svizzera formi un unico circondario elettorale. I sette consiglieri federali sarebbero eletti con il sistema maggioritario. Chi non ottiene la maggioranza assoluta al primo turno, andrebbe al ballottaggio. Almeno due consiglieri federali dovrebbero essere domiciliati nelle regioni e nei cantoni italofoni e francofoni.

“Si tratta di una garanzia minima per la minoranza latina. Ma naturalmente possono essere eletti anche più di due candidati francofoni e italofoni”, precisa Fehr.

“Mi sembra problematico che si mettano francofoni e italofoni in un’unica unità che ha diritto almeno a due seggi. Così i ticinesi, che sono nettamente minoritari rispetto ai romandi, non avrebbero praticamente più alcuna possibilità di essere eletti”, obietta Comte.

Qualora fosse candidata “una personalità ticinese conosciuta per le capacità, raccoglierebbe voti anche fuori dal cantone. Il popolo della Svizzera tedesca ha un grande rispetto per il Ticino e l’italianità, diversamente dai partiti, che pensano solo a fare i loro giochi in parlamento”, sostiene Fehr.

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Più soldi e spettacolo nella campagna

Questo contenuto è stato pubblicato al L’ex ministro svizzero dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni Moritz Leuenberger, che è stato nel governo cantonale di Zurigo dal 1991 al 1995 e in quello federale dal 1995 al 2010, ha una lunga esperienza di elezioni. Dapprima da parte del popolo per l’esecutivo cantonale, poi da parte del parlamento elvetico per quello federale.…

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Presidenza affare di governo

L’iniziativa stipula inoltre che il presidente della Confederazione e il vicepresidente sono eletti dal governo. “C’è una certa contraddizione: i promotori dell’iniziativa sostengono che i membri del governo devono essere eletti dall’insieme del popolo e non solo da 246 parlamentari, per essere più legittimati. Ma poi il presidente e il vicepresidente invece di essere designati da 246 persone devono esserlo solo da 7”, osserva Comte.

“Con questa iniziativa vogliamo una situazione chiara: i governati devono eleggere i governanti e il parlamento non deve avere più nulla a che vedere con l’elezione del governo, quindi nemmeno con quella del presidente e del vicepresidente”, argomenta Fehr.

“La separazione dei poteri è importante, ma separazione non significa assenza di dialogo. Così c’è il pericolo di avere un governo con una legittimità popolare che si organizza da solo, staccato dal parlamento, che alla fine rischia di essere staccato anche dalla popolazione”, afferma Comte.

È dalla nascita dello stato federale, nel 1848, che il governo elvetico conta 7 membri e che questi sono eletti dal parlamento.

Eppure sin dal momento della fondazione dello stato moderno si era discussa la possibilità di un’elezione da parte dal popolo. La proposta fu bocciata di stretta misura dalla Commissione costituzionale nel 1847. Fu ripresentata nel 1872 nell’ambito della revisione della Costituzione federale, ma fu nuovamente respinta.

Nel 1898 la Società del Grütli, di orientamento socialista, lanciò un’iniziativa per far eleggere il governo dal popolo e portare a 9 i consiglieri federali. Nel 1900, fu respinta dal 65% dei votanti e da 14 cantoni. Il Partito socialista lanciò una nuova iniziativa nel 1939. Nel 1942, fu rifiutata dal 67,6% dei votanti e da tutti i cantoni.

Nel corso degli anni ci sono state anche altre proposte in questo senso tramite iniziative parlamentari. Nessuna ha avuto successo.

Attualmente è pendente un’iniziativa parlamentare, depositata nel dicembre 2012 dal socialista Cédric Wermuth, che domanda l’elezione dei consiglieri federali da parte del popolo e l’aumento del loro numero a nove.

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