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La Svizzera necessita di almeno il 10% di alloggi di utilità pubblica?

edificio in cantiere.
"Popolo di inquilini", gli svizzeri decideranno il 9 febbraio 2020 se introdurre una quota minima di alloggi di utilità pubblica, per far sì che ognuno possa avere "un'abitazione adeguata, a condizioni sopportabili". Keystone / Gaetan Bally

Per i sostenitori va "a vantaggio degli inquilini, anziché degli speculatori"; per gli oppositori, è "dannosa e controproducente". L'iniziativa "Più abitazioni a prezzi accessibili" è sottoposta al voto popolare in Svizzera il 9 febbraio.

La Svizzera è un cosiddetto “Paese di inquilini”. A livello nazionale il 59% delle economie domestiche, pari a 2,2 milioni, alla fine del 2017, viveva in un’abitazione in affitto, indica l’Ufficio federale di statistica (USTCollegamento esterno). Una quota che varia molto a seconda dei Cantoni: a quel momento andava dal 39% in Vallese all’84% a Basilea Città. Nei principali agglomerati urbani elvetici, infatti, i prezzi immobiliari sono alle stelle e solo una ristretta cerchia della popolazione può permettersi un’abitazione in proprietà.

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Le pigioni sono la voce di spesa più elevata nel bilancio medio delle economie domestiche elvetiche. L’UST indica che nel 2017, l’affitto mensile netto in media nazionale – considerando gli alloggi di tutte le dimensioni – ammontava a 1’329 franchi, con variazioni cantonali che andavano da 907 franchi nel Giura a 1’837 franchi a Zugo.

Gli affitti, in questo millennio, sono aumentati in continuazione, come risulta dal relativo indiceCollegamento esterno pubblicato dall’UST. Complici il forte aumento demografico e i bassi tassi d’interesse che hanno spinto gli investimenti verso l’edilizia di alto standing, nei grandi centri urbani si è creata una penuria di alloggi a pigione moderata ed è cresciuto il fenomeno della gentrificazione.

In tale contesto, nell’autunno 2015, è stata lanciata l’iniziativa popolare per “Più abitazioni a prezzi accessibiliCollegamento esterno“, che nel giro di 13 mesi è stata sottoscritta da quasi 105mila aventi diritto di voto. Tramite una modifica dell’articolo costituzionaleCollegamento esterno sulla promozione della costruzione di abitazioni e dell’accesso alla proprietà, essa chiede in particolare che:

  • Confederazione e Cantoni collaborino affinché a livello nazionale almeno il 10% delle abitazioni di nuova edificazione siano di proprietà di committenti di utilità pubblica.
  • Comuni e Cantoni siano autorizzati ad applicare un diritto di prelazione a proprio favore sui terreni idonei per la costruzione di abitazioni di utilità pubblica.
  • Confederazione e aziende ad essa legate, quali per esempio le Ferrovie federali o La Posta, in caso di vendita di propri terreni diano la priorità ai Comuni e ai Cantoni.
  • I sussidi pubblici, ad esempio per risanamenti energetici, siano accordati solo a condizione che gli interventi sovvenzionati non comportino la perdita di abitazioni a pigione moderata.

Il comitato per l’iniziativaCollegamento esterno “Più abitazioni a prezzi accessibili” è composto dell’Associazione svizzera degli inquilini, della Federazione delle cooperative d’abitazione, del Partito socialista, dei Verdi, dell’Unione sindacale svizzera e di varie associazioni.

Secondo i promotori dell’iniziativa, “l’ingordigia degli speculatori”, che vogliono conseguire utili sempre più elevati, è la causa delle pigioni “troppo alte”. Da uno studioCollegamento esterno pubblicato nel 2017, citato anche nel Messaggio governativo al parlamentoCollegamento esterno, è emerso che gli affitti netti delle abitazioni di utilità pubblica sono più bassi di quelli di abitazioni analoghe in locazione convenzionale (a scopo di lucro). Nel 2014, la differenza in media era del 15,4% a livello nazionale e del 24% nelle grandi città.

Solitamente realizzata da cooperative, ma anche da altri enti o fondazioni, l’edilizia abitativa di utilità pubblica, infatti, non consegue profitti.

Promuovendola si persegue uno degli obiettivi socialiCollegamento esterno sanciti dalla Costituzione federale: “la Confederazione e i Cantoni si adoperano affinché ognuno possa trovare, per sé stesso e per la sua famiglia, un’abitazione adeguata e a condizioni sopportabili”, affermano i sostenitori, sottolineando che oggi non viene fatto abbastanza e che le abitazioni di utilità pubblica esistenti – pari al 5% del parco immobiliare svizzero – sono insufficienti.

Contro l’iniziativa sono schierati il governo e la maggioranza del parlamento. Eccettuati i socialisti e i Verdi, tutti i principali partiti rappresentati alle Camere federali, insieme all’Unione svizzera delle arti e mestieri e ad organizzazioni padronali, di proprietari fondiari e di professionisti dell’immobiliare hanno costituito un comitato denominato “No all’iniziativa estrema sugli alloggiCollegamento esterno“.

Secondo gli oppositori, “l’assurda quota del 10%” su scala nazionale “è troppo rigida” e non risponde alla domanda reale. “Una quota deve essere soddisfatta anche se non vi è alcuna richiesta di alloggi di utilità pubblica. Per monitorare l’applicazione delle quote e il rispetto dei nuovi regolamenti, è necessario istituire un apparato burocratico di controllo. Ciò rende ancora più complicate le licenze edilizie e ritarda i progetti di costruzione”.

Gli avversari dell’iniziativa vedono quindi il pericolo che così si instauri l’insicurezza. Di conseguenza gli investitori sarebbero frenati o addirittura si allontanerebbero dal mercato immobiliare, con il rischio di un calo delle costruzioni di nuove abitazioni e dunque di carenze di alloggi e nuovi aumenti degli affitti degli appartamenti sul libero mercato.

Il comitato denuncia il carattere “statalizzatore” delle disposizioni previste dall’iniziativa, che “contraddicono fondamentalmente l’ordine economico svizzero”, basato sulle regole del libero mercato. Giudica inoltre ingiusto che i contribuenti debbano pagare i costi supplementari che comporterebbe l’applicazione dell’iniziativa, stimati a 120 milioni di franchi all’anno dal Consiglio federale.

Il Consiglio federale haCollegamento esterno giudicato sbagliata la via proposta dall’iniziativa. Ha però condiviso l’obiettivo di aumentare gli alloggi a pigione moderata e riconosciuto che l’edilizia di utilità pubblica porta vantaggi non trascurabili.

Perciò ha proposto di stanziare un credito di 250 milioni di franchi per 10 anni per il cosiddetto Fondo di rotazione della Confederazione, dal quale le cooperative edilizie possono ottenere prestiti agevolati. Uno strumento che già esiste e che, secondo il governo, ha dato buoni risultati.

Il credito ha già ottenuto l’avallo del parlamento. Se il 9 febbraio 2020 dalle urne uscirà un no all’iniziativa, il Fondo di rotazione riceverà il nuovo importo.

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