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Fiscalità delle imprese: rallentare la corsa al ribasso

Dock du grand canal à Dublin
Il Grand Canal Dock a Dublino, dove diverse multinazionali hanno aperto la loro sede fiscale negli ultimi anni. Melfoody, Flickr

I votanti svizzeri dovranno esprimersi il prossimo 19 maggio sulla revisione della fiscalità delle imprese, un oggetto di non facile comprensione. Ma come si inserisce nella lotta contro l'evasione fiscale lanciata a livello internazionale?

Si dice che esistono solo due certezze nella vita: la morte e le tasse. E le grandi multinazionali sono molto abili a ridurre al minimo le imposte da pagare. Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economicoCollegamento esterno (OCSE), tali strategie di ottimizzazione fiscale causerebbero annualmente perdite stimate tra i 102 e i 245 miliardi di franchi alle casse statali. Altri calcoli parlano di un importo ancora maggiore. Il Financial TimesCollegamento esterno ha indicato in un articolo pubblicato nel 2018 che le grandi aziende internazionali pagano addirittura meno tasse rispetto al periodo prima della crisi finanziaria del 2008.

Il voto popolare del 19 maggio prossimo sulla riforma della fiscalità delle imprese è un esempio di come i Paesi stiano tentando di cambiare le agevolazioni fiscali in un panorama internazionale molto complesso.

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I ministri svizzeri dell interno, Alain Berset, e delle finanze, Ueli Maurer, seduti uno di fianco all altro.

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Armonizzare le pratiche

Le riforme in questo ambito sono promosse soprattutto dall’OCSE. Nel 2013, l’organizzazione con base a Parigi ha lanciato il progetto «Base Erosion and Profit ShiftingCollegamento esterno» (BEPS) volto a contrastare il trasferimento e la riduzione di utili a livello mondiale. La Convenzione BEPS è stata approvata da oltre 125 Paesi, tra cui anche la Svizzera che con la riforma sulla fiscalità delle imprese intende proprio soddisfare le misure convenute a livello internazionale.

L’iniziativa dell’OCSE non affronta soltanto il problema degli statuti fiscali speciali accordati alle grandi imprese, bensì vuole “aumentare la trasparenza”, come ha indicato un alto funzionario dell’OCSE a swissinfo.ch. Tali misure faciliteranno il lavoro delle amministrazioni nazionali, poiché “aumentano la trasparenza e la coerenza” dei sistemi fiscali. L’obiettivo principale del progetto è di tassare gli utili nel luogo in cui vengono generati e non dove vengono dichiarati, evitando così il trasferimento degli utili.

Lo scopo non è quindi quello di armonizzare le leggi e i tassi fiscali, bensì di permettere ai governi di imparare gli uni dagli altri e di stabilire delle regole condivise che possano proteggere le loro entrate e per rendere inefficaci le strategie di erosione della base imponibile. Il pacchetto di azioni BEPS dovrebbe anche frenare la corsa al ribasso delle tassazioni degli Stati.

L’OCSE non vuole esprimersi in merito alla riforma promossa dal governo elvetico e su cui tra poco il popolo sarà chiamato a votare. L’organizzazione si rallegra del fatto che Berna voglia far approvare le nuove regole internazionali (anche se con qualche anno di ritardo rispetto al previsto). E se il popolo dovesse respingere la riforma? L’OCSE non ha né il potere né la volontà di sanzionare la Svizzera. Tuttavia un rifiuto del popolo elvetico non passerebbe certo inosservato, indica l’alto funzionario.

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L’esempio irlandese

Sebbene la Svizzera sia uno dei pochi Paesi in cui i cittadini possono esprimersi in materia di imposizione fiscale (grazie al suo sistema politico), non è certo l’unica nazione ad essere oggetto di un’attenzione particolare a causa dei privilegi concessi alle imprese.

Negli anni Cinquanta, l’Irlanda era una nazione basata prevalentemente sul settore agricolo e caratterizzata da una forte emigrazione. In quell’epoca, il governo promosse l’insediamento di multinazionali estere, invece di sostenere la propria industria.

Una strategia che l’Irlanda continua a seguire. Dublino, per esempio, ha subìto quest’anno una metamorfosi impressionante: le decadenti strutture del quartiere portuale sono state sostituite da scintillanti grattacieli. Ora nella zona si sono insediate grandi imprese ad alta tecnologia quali Google e Facebook. Il quartiere è diventato così il simbolo di un Paese che punta sui vantaggi fiscali concessi alle multinazionali.

È un piano che non piace a tutti. Dopo la crisi finanziaria del 2008, che ha colpito pesantemente l’Irlanda e che ha obbligato molte persone a emigrare, il dibattito si è accesso attorno ai programmi economici del governo.

“L’Irlanda è tra i protagonisti della gara ai privilegi fiscali”, spiega David Jacobson, professore presso l’Università di Dublino e che di recente ha pubblicato il libro Upsetting the Apple CartCollegamento esterno, un’opera sulle pratiche fiscali in Irlanda e nell’UE. (Il titolo rievoca una vicenda che ha coinvolto il produttore del cellulare iPhone. Nel 2016, l’UE aveva imposto all’azienda americana di versare 13,1 miliardi di euro di tasse arretrate all’erario irlandese. Inizialmente il governo aveva però rifiutato questo versamento).

«Una tassazione nominale bassa per le imprese non è solo iniqua, ma anche dannosa per la stabilità di un’economia sul lungo termine»
David Jacobson

Pericoli economici

Jacobson indica che la pratica di offrire una tassazione nominale bassa (12,5 per cento) per le imprese non è solo iniqua, ma anche dannosa per la stabilità di un’economia sul lungo termine.

Nel 1991, nel libro dal titolo “L’Irlanda e il mercato unico europeo” il professore avvertiva il governo di sostenere maggiormente le proprie aziende per evitare un’eccessiva dipendenza dalle aziende straniere. Allora, Jacobsen si chiedeva cosa sarebbe successo se gli investimenti internazionali venivano a mancare?

A quasi trent’anni di distanza, il governo non ha alcuna voglia di cambiare la sua politica economica, nonostante il Parlamento europeo abbia inserito l’Irlanda tra i cinque “paradisi fiscali” dell’Unione europea. Gli altri quattro sono Cipro, Lussemburgo, Malta e l’Olanda.

Nel 2014, su pressione dell’OCSE e dell’UE, il governo irlandese ha fatto un passo indietro rispetto alla possibilità offerta alle aziende estere con base a Dublino di trasferire i loro utili verso destinazioni quali le Bermuda, evitando così di pagare le tasse anche in Irlanda. David Jacobson non si fa però illusioni poiché sa che gli Stati inventeranno sempre nuove agevolazioni fiscali, per esempio per i progetti di ricerca e sviluppo svolti nel luogo dell’imposizione.

In futuro, l’OCSE si dovrà occupare della tassazione delle attività e dei prodotti immateriali delle grandi imprese, una discussione che l’Irlanda seguirà con grande interesse visto che molte multinazionali con base a Dublino si occupano dell’archiviazione di dati nei cloud.

«La Svizzera è la locomotiva della gara ai privilegi fiscali»
Alliance Sud

Basta con le riforme?

In Svizzera, invece, le maggiori multinazionali sono attive nel settore farmaceutico e delle materie prime. Tuttavia c’è chi chiede una riforma della fiscalità delle imprese più incisive.

Alliance Sud, organizzazione mantello delle sei maggiori ONG elvetiche, sostiene che il progetto fiscale non cambierà le strategie di evasione fiscale delle multinazionali. In un’analisi del Progetto fiscale 17Collegamento esterno, l’organizzazione indica che la proposta del governo crea nuove possibilità per trasferire i profitti, cambiando semplicemente nome alle attuali strategie di evasione fiscale.

L’organizzazione sostiene che il nuovo sistema favorirà alcune pratiche, quali le deduzioni che consentono di tassare solo una piccola parte degli utili e la “scomparsa” dei dividendi degli azionisti che non verranno più tassati.

Secondo Alliance Sud, il progetto prevede una serie di strumenti che consentono alle multinazionali di trasferire il loro profitti conseguiti nei Paesi del Sud al “paradiso fiscale Svizzera”.

Rimanere concorrenziali

Per il governo, l’obiettivo è di mantenere competitiva la piazza economica elvetica. Come l’Irlanda e altri Paesi, anche la Svizzera basa il suo modello economico sull’attrattiva fiscale per le multinazionali straniere.

Alliance Sud, invece, invita Berna a proporre una riforma della fiscalità delle imprese più radicale, ovvero un progetto grazie a cui siano possibile lasciarsi alle spalle il “dumping fiscale”. Un simile piano avrebbe un impatto notevole a livello sociale ed ecologico. “La Svizzera è la locomotiva della gara ai privilegi fiscali”, sostiene Alliance Sud. “La Svizzera, che è il Paese con la più alta densità di sedi multinazionali per abitanti al mondo, ha una responsabilità particolare nella lotta contro le disuguaglianze sociali nel mondo. Il suo abbandono della corsa avrebbe ripercussioni positive per tutto il sistema”.

Traduzione di Luca Beti

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