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Cura ricostituente per la medicina di famiglia

La garanzia di cure di base di qualità per tutti in Svizzera passa da un rafforzamento della medicina di famiglia Keystone

Garantire l’accesso a cure mediche di base di qualità a tutti in Svizzera, promuovendo la medicina di famiglia: lo prevede un articolo costituzionale in votazione il 18 maggio, che funge da cardine di un pacchetto di misure, per far fronte all’invecchiamento demografico e riequilibrare la ripartizione dei medici sul territorio.

Tutto è stato messo in moto dai medici di famiglia. Sono loro che hanno portato governo e parlamento federali a concepire questo articolo costituzionale e tutta una serie di provvedimenti che valorizzano la medicina di famiglia, quale pietra angolare delle cure di base.

Sin dal 2006 questi professionisti hanno sollecitato misure per rendere più attraente il loro mestiere. Hanno avvertito che proprio mentre l’invecchiamento della popolazione e il conseguente aumento delle malattie croniche e multiple avrebbe richiesto sempre più medici di famiglia, il loro numero continuava a diminuire, perché non c’era il ricambio generazionale.

Solamente il 10% degli studenti di medicina sceglieva ormai questo ramo. Una situazione che i medici di famiglia hanno imputato a una politica sanitaria che sviliva il loro lavoro, in particolare con un sistema rimunerativo penalizzante rispetto ad altre specialità.

Art. 117a (nuovo) Cure mediche di base

.    Nell’ambito delle loro competenze, la Confederazione e i Cantoni provvedono affinché tutti abbiano accesso a cure mediche di base sufficienti e di qualità. Entrambi riconoscono e promuovono la medicina di famiglia come componente fondamentale di tali cure.

.    La Confederazione emana prescrizioni concernenti:

a. la formazione e il perfezionamento per le professioni delle cure mediche di base, nonché i requisiti per l’esercizio delle stesse;

b. l’adeguata remunerazione delle prestazioni della medicina di famiglia.

Dalla piazza ai diritti popolari

Fatto inedito per la Svizzera, i camici bianchi avevano inscenato manifestazioni di piazza. Ma poiché i loro appelli erano caduti nel vuoto, nel 2009 hanno lanciato un’iniziativa popolare denominata “Sì alla medicina di famiglia”.

Il testo imponeva l’obbligo alla Confederazione e ai Cantoni di promuovere questa disciplina, garantirne l’accesso a tutti in tutto il paese, assicurarne la formazione universitaria e il perfezionamento professionale e facilitarne l’esercizio. L’iniziativa ha battuto ogni record: in meno di sei mesi, è stata firmata da oltre 200mila aventi diritto di voto, ossia più del doppio del numero necessario.

Governo e parlamento hanno riconosciuto la legittimità delle preoccupazioni dei promotori dell’iniziativa, ma hanno considerato problematico un testo che si focalizzava su un’unica professione, quella di medico di famiglia. Hanno perciò deciso di opporle un controprogetto diretto, che è il decreto federale ora sottoposto al verdetto delle urne, mettendo quasi tutti d’accordo.

Tutte le professioni delle cure di base

“Questo articolo costituzionale è migliore di quello dell’iniziativa perché prevede il rafforzamento di tutte le cure mediche di base, in modo che possano essere meglio affrontati tutti i problemi sanitari e l’accesso alle cure da parte della popolazione. L’importanza della medicina di famiglia è sottolineata, ma sono inglobate tutte le professioni delle cure di base. Così è portato avanti un concetto di cure integrate in cui, insieme al medico di famiglia, ci sono altre figure professionali, quali gli infermieri, i fisioterapisti, gli ergoterapisti, eccetera”, dice la deputata socialista Marina Carobbio Guscetti.

Lei stessa medico di famiglia, la parlamentare ritiene che le cure di base del futuro debbano assolutamente poggiare su questa cooperazione e complementarietà interprofessionale: “per prendere a carico in modo adeguato i malati cronici ci vuole un approccio globale”. E l’articolo costituzionale sulle cure mediche di base, se approvato, vi “darà un impulso importante”.

Secondo la statistica della Federazione dei medici svizzeri (FMH), nel 2012 nella Confederazione esercitavano 31’858 medici, in crescita del 3,3% rispetto all’anno precedente. Il 62,5% uomini e il 37,5% donne. La progressione del numero di donne è stata più marcata: +5,8%, contro un +1,8% dei colleghi maschi.

Il 53,1% dei medici esercitava principalmente nel settore ambulatoriale, il 45,2% nel settore ospedaliero e l’1,7% in altri campi. I professionisti della medicina di assistenza primaria (compresi i pediatri) rappresentavano circa il 45%. Tra questi ultimi, le donne erano solo il 30%.

La quota femminile era del 42,2% nel settore ospedaliero, del 33,9% in quello ambulatoriale e del 26,8% negli altri campi. Ma nelle fasce di età dai 25 ai 34 anni, le donne erano maggioritarie. Dato l’aumento della proporzione di donne tra gli studenti di medicina e i medici sotto i 40 anni, la quota femminile crescerà ulteriormente nei prossimi anni. Tanto più che molti uomini andranno in pensione.

L’età media dei medici era di 48,8 anni: per le donne era di 45 anni e per gli uomini di 51 anni.

La femminilizzazione della professione acuisce ancora di più il problema del ricambio generazionale dei medici di famiglia, poiché molte donne scelgono l’attività a tempo parziale per potersi occupare dei figli. Nel 2012, in media svolgevano 7,4 mezze giornate di lavoro, contro le 9,3 degli uomini. L’88% dei medici generalisti (uomini e donne) dichiarava di lavorare mediamente più di 55 ore alla settimana.

Una garanzia a un gruppo professionale

“Il controprogetto è sicuramente meno peggio dell’iniziativa. Ma pone un grosso problema poiché garantisce nella Costituzione un salario a un gruppo professionale. È una cosa mai vista prima d’ora! E qual è la definizione di questa ‘adeguata remunerazione delle prestazioni della medicina di famiglia’?”, obietta il deputato dell’Unione democratica di centro (UDC) Guy Parmelin, che come quasi tutti i suoi colleghi di partito in parlamento si è opposto al testo approvato da tutti gli altri partiti.

“Siamo tutti d’accordo che il servizio delle cure di base debba essere ben ripartito sul territorio e accessibile a tutti e che la medicina di famiglia vada sostenuta, ma non con questo articolo costituzionale”, aggiunge il parlamentare democentrista, che vede in questo testo anche il pericolo di un trasferimento di competenze dai Cantoni alla Confederazione. “Spetta ai Cantoni e ai Comuni essere più attivi, perché conoscono meglio le necessità. È la prossimità che fa l’efficacia, non la centralizzazione”.

Nel testo è chiaramente indicato che la Confederazione e i Cantoni agiscono nell’ambito delle proprie competenze, rileva Marina Carobbio Guscetti. Per la parlamentare socialista, questo articolo “da un lato è un segnale forte e dall’altro permette poi di portare avanti dei progetti concreti”.

Un pacchetto di misure

Oltre all’articolo, altri provvedimenti sono stati concertati da Confederazione, Cantoni, organizzazioni dei medici e comitato promotore dell’iniziativa, nel quadro del piano direttore “Medicina di famiglia e medicina di base”. Un “master plan” voluto dal ministro della sanità Alain Berset per cercare congiuntamente e il più velocemente possibile soluzioni realizzabili a corto e a medio termine.

Attualmente sono in corso riforme a vari livelli riguardanti la formazione e la ricerca della medicina di base e della medicina di famiglia, compresa una revisione della Legge federale sulle professioni mediche universitarie.

Quanto alle retribuzioni, il governo federale intende rincarare delle analisi di laboratorio effettuate negli studi di medici di famiglia, in modo che nelle loro casse in totale affluirebbero 35 milioni di franchi all’anno in più. Inoltre con un aumento delle rimunerazioni delle loro prestazioni complessivamente dovrebbero ricevere 200 milioni all’anno in più. Una somma che sarebbe compensata riducendo la rimunerazione di certe prestazioni tecniche di altri specialisti. Questi ultimi e gli ospedali hanno protestato. Non si oppongono però all’articolo costituzionale.

Interamente soddisfatti invece i promotori dell’iniziativa, che hanno perciò deciso di ritirarla.

Nessuna campagna contraria

“Tutte le riforme possono essere attuate anche senza l’articolo costituzionale. E i cantoni hanno la possibilità di incentivare finanziariamente l’insediamento di medici di famiglia in zone dove sono insufficienti o mancano”, insiste Guy Parmelin.

L’UDC non ha ancora formulato ufficialmente le raccomandazioni di voto, ma è molto probabile che il comitato centrale il 4 aprile esprimerà un parere negativo, come il gruppo parlamentare, indica Parmelin. Tuttavia il partito non condurrà una campagna attiva su questo tema, poiché le sue priorità per la votazione del 18 maggio sono il fondo per l’acquisto dei velivoli da combattimento Gripen e l’iniziativa sui salari minimi.

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