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La moneta intera non seduce gli svizzeri

Moneta intera
Per i promotori dell'iniziativa, il sistema della "moneta intera" avrebbe permesso di ridurre i rischi di crisi finanziarie, come quella scoppiata 10 anni fa, che non ha risparmiato neppure la Svizzera. Keystone

Lanciata per rendere più sicura la piazza finanziaria svizzera, l’iniziativa per una “Moneta intera” è apparsa come un esperimento troppo rischioso alla maggioranza dei votanti. Solo un quarto di loro hanno sostenuto questa riforma, senza precedenti, del sistema monetario.  

La Svizzera non diventerà il primo paese al mondo a riformare in modo radicale il suo sistema monetario. Il 75% dei partecipanti alla votazione di questa domenica ha respinto l’iniziativa “Per soldi a prova di crisi: emissione di moneta riservata alla Banca nazionale! (Iniziativa Moneta intera)”, promossa da un gruppo di economisti, specialisti di finanza e imprenditori. 

In base al testo, in futuro le banche commerciali avrebbero potuto prestare solo denaro messo realmente in circolazione dalla Banca nazionale svizzera (BNS). Non avrebbero invece più potuto creare “moneta dal nulla”, concedendo crediti non coperti da fondi propri equivalenti e iscrivendo semplicemente l’importo in un deposito a vista. La riforma mirava stabilizzare la piazza finanziaria, ponendola al riparo da eccessi speculativi e da nuove crisi sistemiche. 

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L’iniziativa era combattuta dal governo e da tutti i maggiori partiti, per i quali questa riforma – senza corrispettivi in nessun paese – avrebbe costituito un esperimento ad alto rischio, con potenziali costi ingenti. Il progetto avrebbe messo in gioco la credibilità della piazza finanziaria svizzera, limitato le attività delle banche commerciali ed esposto la BNS a maggiori pressioni politiche.

Per finire, il sistema della “moneta intera” è stato respinto in votazione non solo da una schiacciante maggioranza di votanti, ma anche da tutti i Cantoni. A Obvaldo, Nidvaldo e Svitto, oltre l’80% dei votanti ha bocciato l’iniziativa, che è riuscita a strappare più di un 40% di voti favorevoli soltanto nel Canton Ginevra.

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Esperimento kamikaze 

Per il ministro delle finanze Ueli Maurer, il responso delle urne rappresenta una “prova di fiducia” del popolo nei confronti delle banche e del mondo politico. Il sistema finanziario funziona : “Non dobbiamo quindi assumerci dei rischi”, ha dichiarato Maurer. Il consigliere federale ha inoltre indicato che numerosi progetti politici sono stati avviati per rendere ancora più stabile la piazza finanziaria. “Gli svizzeri vogliono che il loro denaro sia al sicuro”.

Per gli oppositori all’iniziativa, il chiaro “no” al sistema della “moneta intera”, costituisce un inequivocabile sostegno al ruolo e all’indipendenza della BNS. La banca centrale non deve “diventare il giocattolo della politica”, scrive il comitato che si è battuto contro la riforma dell’ordinamento monetario. È evidente che “il popolo non vuole saperne nulla di un esperimento rischioso di politica monetaria”, ha dichiarato Olivier Feller, deputato del Partito liberale radicale e membro del comitato oppositore. 

A detta di Thomas Matter, consigliere nazionale dell’Unione democratica di centro (UDC), il voto di questa domenica dimostra che l’elettorato “non vuole cambiare qualcosa che funziona”, dato che la valuta svizzera figura già oggi tra le più stabili al mondo. Matter si rallegra inoltre per il massiccio “no”, che ha superato addirittura le previsioni. A suo avviso, si tratta di un netto rifiuto di un “esperimento kamikaze”, in gran parte controllato e cofinanziato dall’estero. 

 Troppi rischi, anche per la stampa svizzera 

“La Svizzera non vuole sperimentazioni monetarie”, rileva la Neue Zürcher Zeitung dopo che il popolo elvetico ha nettamente respinto la l’iniziativa “Moneta intera”. Il motivo di questo rifiuto è semplice, secondo il quotidiano di Zurigo: “I promotori dell’iniziativa non sono stati in grado di spiegare quale problema volevano risolvere con la loro richiesta radicale”. 

Anche agli occhi di Le Temps, gli svizzeri si sono rifiutati domenica di giocare agli “apprendisti stregoni”. Questo voto mette in evidenza i limiti della democrazia diretta, sostiene il giornale romando, per il quale l’iniziativa era, senza dubbio, “la più astrusa della storia”. “È la prova che un argomento troppo complesso non è in grado di innescare un vero e proprio dibattito popolare. Ed è ancora più difficile se non si gode di un sostegno politico minimo”. 

Da parte sua, il Tages Anzeiger osserva che i promotori dell’iniziativa non sono riusciti a convincere i cittadini dell’obiettivo centrale del testo, vale a dire una migliore stabilità del sistema finanziario. “Alla fine, non era chiaro come l’attuazione dell’iniziativa avrebbe potuto proteggere il sistema finanziario dagli sviluppi che hanno portato, ad esempio, alla crisi finanziaria del 2008. Questo avrebbe comportato un importante cambiamento del sistema e molti nuovi rischi”, afferma il foglio zurighese.

Anche il Partito socialista (PS) accoglie positivamente l’esito dello scrutinio, mettendo tuttavia in guardia il settore bancario. Il chiaro “no” del popolo non rappresenta “un salvacondotto per le banche e il mondo finanziario”. I problemi del sistema finanziario ed economico sono e rimangono una questione che tocca la popolazione e devono quindi essere affrontati, scrive il PS.

Campagna fuorviante 

Molti degli stessi promotori dell’iniziativa non si facevano grandi illusioni sulle prospettive di successo alle urne del loro progetto. Così, alcuni di loro ritengono che il risultato di questa domenica possa già essere considerato “degno di stima”, dopo la massiccia campagna inscenata da partiti e organizzazioni economiche che si opponevano alla riforma monetaria. 

“Siamo lieti di essere riusciti a convincere alcuni dei votanti”, ha dichiarato Raffael Wüthrich, membro del comitato promotore dell’iniziativa. A suo avviso, molti svizzeri si sono resi conto che la produzione di denaro da parte di banche commerciali private sta causando problemi e che “è necessario un cambiamento reale, non solo una politica di riduzione dei danni”. 

I promotori continuano a denunciare aspramente anche gli interventi del Consiglio federale e della Banca nazionale, che hanno chiaramente preso posizione in vista del voto. Ai loro occhi, questa campagna politica è stata combattuta con mezzi sleali e, in particolare, con informazioni fuorvianti. 

Ciononostante, secondo Raffael Wütrich, vi è da rallegrarsi per il fatto che l’iniziativa abbia permesso di aprire un grande dibattito tra la popolazione sul sistema monetario. Il comitato promotore intende quindi mantenere le pressioni sui politici, affinché il settore finanziario sia messo in futuro al servizio dell’economia reale – e non il contrario.

Creazione di debito e bolle speculative

I promotori dell’iniziativa erano partiti da una costatazione: oggi il denaro viene creato solo in piccola parte dalle banche centrali, che emettono banconote e monete metalliche – ossia “moneta intera”, mezzi di pagamento con base legale. In Svizzera, ad esempio, il denaro contante corrisponde a circa il 10% di tutta la massa monetaria circolante. Il resto viene emesso dalle banche commerciali, generalmente attraverso la concessione di crediti ad aziende, privati o altre banche. 

Si parla in questo caso di “moneta scritturale”, una moneta che esiste solo nelle registrazioni contabili. Per fornire un credito, la banca non deve disporre di fondi propri equivalenti, basta che l’importo concesso venga iscritto in un deposito a vista. L’espansione della moneta scritturale ha contribuito alla crescita delle attività bancarie e di tutta l’economia, ma ha pure favorito la creazione di debito senza copertura reale, le bolle speculative e, non da ultimo, il moltiplicarsi delle crisi finanziarie. 

L’iniziativa “Moneta intera” proponeva quindi di concedere solo alla BNS il diritto di emettere denaro – monete metalliche, banconote e, anche, moneta scritturale. In tal caso, le banche commerciali avrebbero potuto prestare soltanto denaro messo effettivamente in circolazione dalla banca centrale. Ciò avrebbe permesso di ridurre gli investimenti rischiosi e la piazza finanziaria sarebbe diventata più solida, affidabile e quindi concorrenziale. E anche i clienti delle banche avrebbero beneficiato di un sistema più trasparente e sicuro. 

In base al testo, la BNS non avrebbe più riversato alla Confederazione e ai Cantoni solo l’utile netto annuale, ma avrebbe messo a disposizione della collettività anche gli utili derivanti dalla creazione di nuovo denaro, contante o elettronico: l’emissione di una banconota di 1000 franchi costa, ad esempio, solo pochi centesimi alla BNS. Questo denaro sarebbe stato distribuito, non gravato da debito o interessi, alla Confederazione, ai Cantoni o direttamente ai cittadini. Tenendo conto della crescita negli ultimi tempi della massa monetaria, era prevedibile un importo di 5 – 10 miliardi di franchi all’anno.

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Pericoloso salto nel vuoto 

L’iniziativa era combattuta dal governo, dalla stessa BNS e da tutti i maggiori partiti nazionali. Agli occhi del Consiglio federale, il sistema della moneta intera corrisponde a un salto nel vuoto, dato che nessun altro paese ha adottato un simile regime. L’attuazione dell’iniziativa avrebbe comportato una profonda riorganizzazione senza precedenti del sistema monetario e avrebbe esposto la Svizzera ad alti rischi e a costi potenzialmente elevati. 

Le incertezze giuridiche legate alle conseguenze della riforma avrebbero pregiudicato la credibilità della politica finanziaria svizzera, che finora si è contraddistinta a livello internazionale per la stabilità delle sue condizioni quadro. La piazza finanziaria elvetica sarebbe quindi stata svantaggiata rispetto alla concorrenza, mettendo a repentaglio il futuro di molte banche e numerosi posti di lavoro. 

Inoltre, la riforma avrebbe limitato notevolmente le attività commerciali delle banche: il divieto di emettere moneta scritturale avrebbe ridotto le risorse disponibili per la concessione di crediti, da cui gli istituti finanziari traggono una fonte di finanziamento stabile. Per compensare le perdite di redditività, le banche sarebbero state costrette ad imporre costi di gestione e commissioni più elevate alla clientela. Il calo del volume dei crediti avrebbe avuto conseguenze negative anche per le imprese e quindi per l’economia reale. 

Sempre secondo il governo, l’iniziativa avrebbe infine ristretto l’indipendenza della BNS: l’istituto di emissione si sarebbe esporsto a forti pressioni politiche, se fosse stato costretto a partecipare regolarmente al finanziamento delle collettività, riversando loro ogni anno diversi miliardi di franchi. Con il nuovo regime, la banca centrale non sarebbe più stata libera di seguire una politica monetaria efficace – basata sui tassi d’interesse – per garantire la stabilità dei prezzi.

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