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Gli svizzeri potrebbero respingere il divieto del burqa

In Danimarca, il divieto del burqa, entrato in vigore nel 2019, ha provocato reazioni di protesta. La Svizzera potrebbe rifiutarsi di vietare il velo integrale. Keystone/Niels Wenstedt

Il sostegno all'iniziativa che vuole vietare la dissimulazione del volto negli spazi pubblici si è eroso durante la campagna. Mentre il "sì" era vincente a gennaio, i sostenitori del testo sono ora solo il 49%, indica il secondo sondaggio realizzato in vista della votazione del 7 marzo.

E se la Svizzera non seguisse l’esempio dei suoi vicini? A differenza del Belgio, della Francia o dell’Austria, la Confederazione potrebbe rifiutarsi di bandire il burqa e il niqab dal suo territorio.

A poche settimane dalle votazioni federali del 7 marzo, il secondo sondaggio della SSR, condotto a febbraio dall’istituto gfs.bern, tende verso il respingimento dell’iniziativa “Sì al divieto di dissimulare il proprio viso”Collegamento esterno. Il 49% degli intervistati intende sostenere il testo, il 47% è contrario e il 4% è ancora indeciso.

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I sostenitori del testo hanno perso il vantaggio che avevano nel primo sondaggio alla fine di gennaio, nel quale il 56% degli intervistati si era detto a favore del divieto del burqa e del niqab.

Anche se l’iniziativa ha perso sostegno tra gli svizzeri all’estero, gli espatriati sono ancora largamente a favore del testo. Il 58% si dice ancora pronto a votare “sì”, rispetto al 74% di un mese fa.

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La fiducia dei cittadini nelle autorità è un fattore determinante. Coloro che hanno fiducia nel governo e nel Parlamento sono contrari al divieto di nascondere il viso, mentre coloro che non ripongono fiducia nelle istituzioni sono chiaramente a favore.

Il “no” segna punti grazie alla questione della sicurezza. Il 62% degli intervistati ritiene che, per garantire la sicurezza, sarebbe sufficiente vietare la dissimulazione del viso in situazioni specifiche, come durante le manifestazioni. La maggioranza degli intervistati ritiene inoltre che questo divieto riguarderebbe solo una piccola minoranza di donne, ma avrebbe un forte valore simbolico. In Svizzera, si stima che circa 30 donne indossino il burqa o il niqab.

Tuttavia, uno degli argomenti più forti è a favore del testo: mostrare il proprio viso è parte integrante della cultura svizzera.

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Il risultato del voto del 7 marzo è ancora in sospeso. Se la probabilità di un no è più alta, non si può escludere un sì. “Il dibattito appassionato attorno a questo tema e l’intensa campagna preparatoria aumenteranno certamente la formazione dell’opinione”, commentano i ricercatori dell’istituto di sondaggi. È al centro dello schieramento politico e tra gli elettori indipendenti che si dovrebbe giocare la partita.

Altri sviluppi

Verso il “no” all’eID

Cambio di tendenza per quanto riguarda la legge sull’identificazione elettronica. Mentre un mese fa il 52% degli intervistati era a favore del progetto, solo il 42% lo è ancora. Il 54% degli intervistati è contrario e il 4% è indeciso.

Gli oppositori all’introduzione di un’identità elettronica hanno guadagnato terreno anche tra gli svizzeri all’estero. Dalla fine di gennaio, il numero di espatriati contrari alla legge è passato dal 29 al 50%.  

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Anche qui, la critica sempre più feroce delle autorità nel contesto della pandemia gioca un ruolo fondamentale, nota gfs.bern. Coloro che diffidano del governo sono più intenzionati a votare “no”.

Durante la campagna, lo scetticismo verso il progetto di legge ha raggiunto tutti i livelli della società. La tendenza verso il “no” è molto chiara tra i più svantaggiati e tra le persone di 40 anni e più.

Il timore che l’eID funga da strumento per le multinazionali che desiderano fare profitti con dati sensibili sta colpendo gli oppositori. I sostenitori del “sì” sono principalmente convinti dall’argomento che il coronavirus richiede un migliore scambio di dati elettronici.

Data la complessità del progetto e il fatto che la formazione dell’opinione è ancora “a metà strada”, il sondaggista non esclude un rovesciamento dell’ultimo minuto a favore della legge.

Un “sì” risicato per l’accordo con l’Indonesia

Se il voto si fosse svolto il 14 febbraio, l’accordo di libero scambio con l’Indonesia sarebbe stato accettato da una stretta maggioranza del 52% degli elettori, mentre il 41% dell’elettorato lo avrebbe respinto. Il sostegno all’oggetto è leggermente più alto nella Quinta Svizzera (54%).

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L’accordo di libero scambio sta polarizzando le opinioni. Gli ambientalisti e i socialisti sono contrari, mentre tutti gli altri partiti e gli indipendenti sono a favore.

Per il secondo sondaggio demoscopico in vista delle votazioni federali del 7 marzo 2021, l’istituto gfs.bern ha intervistato 12’166 elettori aventi il diritto di voto selezionati in modo rappresentativo in tutte le regioni linguistiche della Svizzera tra il 10 e il 18 febbraio 2021. Il margine di errore statistico è di +/-2,8 punti percentuali.

Quasi il 70% degli intervistati rimane convinto dei vantaggi competitivi del progetto per la Svizzera, in particolare l’abolizione di onerosi dazi doganali e altre barriere commerciali. Tuttavia, gli argomenti del comitato referendario a favore di un maggiore rispetto per l’ambiente hanno convinto l’88% degli intervistati, e il 63% di loro è ancora dell’idea che l’olio di palma sia troppo economico e faccia concorrenza agli oli locali.

I benefici economici dell’accordo di libero scambio dominanoper il momento il dibattito. Tuttavia, i ricercatori avvertono che un’inversione del rapporto di maggioranza non è impossibile.

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