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Vista da Bruxelles, la Svizzera è proprio sola

L'avvocato svizzero Jean Russotto, da Bruxelles segue le vicissitudini della Confederazione Tanguy Verhoosel

L’anno che volge al termine è stato piuttosto movimentato per la Svizzera: UBS, Libia, Polanski, minareti… Quale impatto per l’immagine elvetica? swissinfo.ch ha interpellato diversi svizzeri all’estero tra cui Jean Russotto, che vive e lavora a Bruxelles da 40 anni.

Jean Russotto ha osservato tutti questi eventi attraverso il prisma del Belgio e dell’Unione europea (UE), i cui principali organismi si trovano a Bruxelles.

swissinfo.ch: UBS ha aggirato la legge per attirare clienti americani e aiutarli a frodare il fisco del loro paese. Un brutto colpo per la piazza finanziaria elvetica e il segreto bancario. Lo scandalo ha avuto ripercussioni a Bruxelles?

Jean Russotto: Le ripercussioni dello scandalo UBS si sentono, si vedono e sono tangibili. I belgi, che hanno sempre avuto strette relazioni con la Svizzera, si pongono delle domande. I funzionari europei, loro, se la ridono.

L’accordo negoziato tra Svizzera e Stati Uniti per uscire da questa sgradevole situazione, non è passato inosservato negli organismi dell’UE. Potrebbe costituire un precedente quando sarà rinegoziato l’accordo bilaterale sulla fiscalità del risparmio. Gli europei rivendicheranno maggiore trasparenza. Ciò che avete dato ad altri, diranno, lo dovete dare anche a noi.

swissinfo.ch: Per dare seguito ad una domanda di estradizione degli Stati Uniti, la giustizia svizzera ha proceduto all’arresto del cineasta franco-polacco Roman Polanski, posto successivamente agli arresti domiciliari nel suo chalet di Gstaad. Quali sono state le reazioni?

J. R.: All’inizio i commenti –personali – erano negativi, poi il vento ha cambiato direzione: è stato detto che la misura era rude, ma giustificata. Il cittadino belga ha indubbiamente trovato conferma nell’opinione che ha della Svizzera: un paese rigido che rispetta l’ordine stabilito, cosa di cui qui non si ha molto l’abitudine.

L’Unione europea non ha preso posizione su questo caso. Per l’UE non ci sono motivi per interferire in un dossier legato all’esercizio della giustizia. La Svizzera non ha dunque subito danni collaterali.

swissinfo.ch: Due cittadini svizzeri sono bloccati in Libia da quando la polizia ginevrina ha posto in stato di fermo il figlio di Gheddafi. Un caso che ha tenuto banco tutto l’anno. A Bruxelles come viene giudicata la Svizzera e la sua incapacità di trovare una soluzione alla crisi?

J. R.: Secondo alcune persone all’interno dell’UE, i cittadini svizzeri detenuti in Libia sarebbero stati meglio protetti se la Svizzera avesse fatto parte dell’UE. Non saprei cosa dire.

Ciò che constato, invece, è che grazie alla sua appartenenza allo spazio di Schengen, la Svizzera si è ritrovata meglio armata per replicare alla Libia. Si è opposta alla visita in Svizzera di diversi dignitari libici e, in questo contesto, ha rifiutato di concedere loro il visto. Questo divieto si è automaticamente esteso all’insieme dei paesi della zona Schengen. E così questo strumento europeo che in Svizzera era stato contestato, oggi ha servito bene gli interessi di Berna.

swissinfo.ch: Il popolo svizzero ha deciso di iscrivere nella Costituzione il divieto di costruire nuovi minareti. A Bruxelles come è stata accolta questa decisione?

J. R.: Non si dà un giudizio di valore sul voto svizzero. All’inizio, l’esito del voto ha sorpreso in modo negativo. A bocce ferme, ma nessuno lo dice, tutti affermano che se un analogo referendum fosse stato indetto in Belgio o in Francia, avrebbe avuto lo stesso esito. Ciò che fa discutere è il significato stesso del referendum. Ci si dice che questo strumento, poco conosciuto nell’Unione, è pericoloso e quindi non si deve votare su qualsiasi cosa.

Il dibattito riemergerà il giorno in cui la Svizzera deciderà di avviare i negoziati di adesione all’UE. A Bruxelles ci si chiederà se la democrazia diretta non rischi di minacciare il buon funzionamento del mercato interno europeo. E ciò, evidentemente, rafforzerà ulteriormente l’ostilità del popolo svizzero nei confronti dell’UE.

swissinfo.ch: Qual è il suo giudizio personale su tutti questi eventi e in che misura hanno modificato la sua situazione di svizzero all’estero?

J. R.: Questi eventi non hanno avuto alcun impatto sulla mia situazione personale. Hanno invece modificato la percezione della Svizzera all’estero. Presa in giro dalla Libia, costretta ad allentare il segreto bancario e fischiata dal mondo artistico, la Svizzera ha rafforzato la propria immagine di paese sempre più isolato sulla scena internazionale.

Le “cose non sono più come una volta” e questo dà fastidio. Molte persone mi rivolgono frequentemente questa domanda: come vede l’avvenire del suo paese? È una bella domanda…

Tanguy Verhoosel, Bruxelles, swissinfo.ch
(traduzione dal francese Françoise Gehring)

Bruxelles è una città piena di contraddizioni: capitale del piccolo Belgio, ha appena un milione di abitanti; ugualmente capitale della grande Unione europea, è il crocevia di un numero impressionante di nazionalità. E una città dove c’è grande movimento, dal profilo politico, economico, sociale e culturale.

Secondo Jean Russotto, la qualità della vita è elevata. Bruxelles, inoltre, è una delle città più verdi d’Europa.

Peccato, tuttavia, che le strade non siano pulite e che i belgi siano disorganizzati. Uno svizzero “non rinuncia mai ai propri capisaldi”.

Nato nel 1940 a Montreux (Vaud), Jean Russotto vive dal 1972 a Bruxelles, dove dirige l’antenna belga di Steptoe & Johnson, uno dei quattro principali studi legali di Washington.

Dottore in diritto all’Università di Losanna, diplomato del Collège d’Europe a Bruges e della Harvard Law School, l’avvocato è un grande specialista di servizi finanziari, diritto della concorrenza e dell’ambiente. Rappresenta nella capitale dell’UE degli interessi svizzeri, tra cui quelli di alcune banche.

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