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Violenza contro le prostitute: quali deterrenti?

Donne in vetrina nel quartiere a luci rosse di Amsterdam Keystone

L'attività delle "operatrici del sesso" va tutelata esattamente come qualsiasi altro mestiere: occorrono quindi disposizioni precise per evitare violenze e abusi. È quanto risulta da uno studio sul tema eseguito in Svizzera.

«È senz’altro possibile paragonare la prostituzione ad altri settori economici: in queste ultimi vengono però stipulati dei regolari contratti di lavoro che definiscono compiti, retribuzione e scadenze, mentre nel commercio del sesso questo solitamente non avviene», sottolinea Eva Büschi, professoressa alla Scuola universitaria professionale di lavoro sociale a Olten e coautrice di uno studio su questa tematica.

Una situazione problematica poiché, come emerso dalla recente pubblicazione dell’ateneo, la violenza è una componente praticamente quotidiana in questo particolare settore d’attività. Per i gestori dei postriboli intervistati nel quadro dello studio, il problema maggiore è però costituito dalla stigmatizzazione sociale. In particolare, essi – sia uomini che donne – temono di essere accusati di promovimento della prostituzione.

Eva Büschi evidenzia pure il fatto che i gestori distinguono gli episodi di violenza tra i clienti, quelli nei confronti delle prostitute e quelli tra le prostitute stesse. In generale, aggiunge, la violenza viene sovente banalizzata oppure considerata tale soltanto in determinate circostanze.

Migliorare le condizioni

L’obiettivo dello studio – precisa Eva Büschi – non è quello di sminuire la gravità della tratta di esseri umani o della prostituzione minorile, bensì quello di individuare alcune possibili soluzioni per migliorare la situazione di lavora in questo ambito.

Sempre tenendo presente, aggiunge, che «la prostituzione – anche se aspramente criticata – costituisce comunque un importante settore economico, con un giro d’affari di circa 3.5 miliardi nella sola Confederazione».

Non per caso, parecchi cantoni stanno attualmente elaborando le disposizioni da applicare per quanto concerne la prostituzione. Secondo Büschi non è comunque necessario elaborare una legislazione unica per tutta la Confederazione: «Diversi esempi mostrano che le condizioni di lavoro nel settore possono essere regolate in modo relativamente semplice».

Secondo Eva Büschi, il fatto di garantire buone condizioni di lavoro costituisce un elemento fondamentale per evitare gli atti di violenza da parte dei clienti: i rapporti tra questi ultimi e le prostitute sono infatti chiari fin dall’inizio. «La prostituta deve poter definire chiaramente i limiti ed essere padrona della situazione prima e durante la prestazione», rileva Büschi.

A titolo di esempio, nella maggior parte dei postriboli sono state installate delle videocamere che permettono di stabilire ancora prima dell’entrata nell’edificio se il cliente è ubriaco.

L’esempio di Nidau

Nel canton Berna, a Nidau, le autorità hanno definito delle precise condizioni per poter ottenere l’autorizzazione d’esercizio di un postribolo. I gestori devono impegnarsi a indicare onestamente la destinazione dell’immobile, e le persone che vi lavorano non possono essere dichiarate semplici turiste come spesso avviene.

Le prostitute devono trovarsi legalmente nella Confederazione, e il consultorio che offre loro assistenza deve poterle contattare senza alcuna limitazione. Inoltre: il tenutario del bordello è tenuto a informare le impiegate – in una lingua che comprendono – in merito ai loro diritti e doveri, spiegando pure come avviene la dichiarazione dei redditi in Svizzera.

Tra gli altri obblighi per il gestore, figura quello di non esigere prezzi esorbitanti per le camere e le spese accessorie. Il rispetto dei punti in questione è oggetto di verifica da parte della polizia. A Nidau, in seguito a questi controlli il postribolo è stato chiuso: «Un esempio di come le regole possono funzionare», commenta Büschi.

Il ruolo dei clienti

Un altro aspetto dello studio riguarda il ruolo dei clienti, spesso protagonisti di episodi di violenza. Per quale motivo l’opera di prevenzione non è più mirata nei loro confronti? «Abbiamo constatato che i clienti non costituiscono un gruppo unitario; hanno infatti caratteristiche molto diverse», evidenzia la ricercatrice.

Di conseguenza, «le differenze di età e classe sociale rendono difficile un’azione di sensibilizzazione mirata. Per questo motivo non è finora stata condotta alcuna campagna specifica».

Le campagne rivolte ai clienti hanno però avuto successo per quanto riguarda la lotta contro l’AIDS. Ragion per cui varrebbe la pena di tentare un’opera simile relativa alla violenza: «Sono a conoscenza di un’associazione che raccoglie le informazione dei clienti, quando questi sospettano che le ragazze siano oggetto di maltrattamenti», dice Büschi.

Professionalizzare la prostituzione

Secondo Eva Büschi, una maggiore professionalizzazione della prostituzione avrebbe diversi vantaggi: permetterebbe di “destigmatizzare” gli operatori del settore e soprattutto traccerebbe una chiara linea divisoria tra chi lavora legalmente e chi illegalmente.

Inoltre, diminuirebbero gli episodi di prevaricazione nei confronti delle prostitute e i problemi legati alle malattie potrebbero essere affrontati in modo più aperto. «Più la pressione nei confronti delle ragazze è maggiore, più è probabile che queste accettino di avere rapporti con un cliente ubriaco oppure senza preservativo». Infatti, conclude Eva Büschi, è un dato di fatto che molti clienti continuano a chiedere di poter consumare il rapporto sessuale senza protezione.

La Svizzera è interessata dal fenomeno della tratta di esseri umani in quanto paese di destinazione e di transito.

Stando alle stime dell’Ufficio federale di polizia, in Svizzera opererebbero 14’000 prostitute, la metà delle quali illegalmente. I tre quarti di loro sono straniere.

La maggior parte delle vittime dello sfruttamento sessuale provengono da Ungheria, Romania, Bulgaria, Brasile, Repubblica dominicana, Thailandia, Nigeria e Camerun.

Il reclutamento delle vittime avviene spesso attraverso contatti familiari o amicizie, tramite annunci di lavoro, di agenzie di viaggio, di agenzie matrimoniali o interinali.

Un’altra tecnica impiegata dai criminali consiste nel fingersi innamorati della vittima. La tratta di esseri umani può anche scaturire da un rapimento violento.

Le tecniche per assoggettare le vittime sono molteplici e spaziano dalle minacce, rivolte alla vittima o ai suoi familiari, alla sottrazione dei documenti di viaggio o dei proventi dell’attività esercitata fino alla minaccia di punizioni in caso di mancata osservanza degli ordini impartiti.

Nel 2008, il Centro d’informazione sulla migrazione e sulla tratta delle donne di Zurigo ha fornito consulenze a 160 vittime della tratta delle donne.

Fonte: Servizio di coordinazione contro la tratta di esseri umani e il traffico di migranti (SCOTT, Ufficio federale di polizia).

traduzione e adattamento: Andrea Clementi

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