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Vietare il lavoro ai richiedenti asilo aumenta costi, studio ETH

Escludere i richiedenti asilo dal mercato del lavoro ne ostacola l'integrazione e fa aumentare a lungo termine i costi per la società. KEYSTONE/TI-PRESS/FRANCESCA AGOSTA sda-ats

(Keystone-ATS) Escludere i richiedenti asilo dal mercato del lavoro ne ostacola l’integrazione e fa aumentare a lungo termine i costi per la società. Sono le conclusioni di uno studio dell’ETH di Zurigo e della Stanford University (USA), che si basa su dati raccolti in Germania.

Fino al 1999 la Germania imponeva ai migranti provenienti dall’ex Jugoslavia un periodo di attesa prima di poter lavorare che variava fra i 13 e i 24 mesi. Nel 2000 il termine è stato ridotto a 12 mesi.

I ricercatori dell’Immigration Policy Laboratory (IPL) del Politecnico di Zurigo e quelli dell’università americana hanno così potuto confrontare i dati di due gruppi omogenei di richiedenti asilo.

Risultato: cinque anni dopo il termine del periodo d’attesa, il tasso di occupazione per i richiedenti arrivati nel 2000 raggiungeva il 49%, mentre fra i richiedenti arrivati nel 1999 era al 29%. Soltanto dopo 10 anni, nel 2010, il secondo gruppo ha recuperato la distanza in termini di occupazione.

Gli autori dello studio, pubblicato sulla rivista scientifica Science Advances, hanno così calcolato che se le 40’500 persone arrivate in Germania nel 1999 avessero potuto beneficiare del periodo di attesa più breve, lo Stato tedesco avrebbe potuto risparmiare 40 milioni di euro all’anno in termini di minori oneri sociali e di maggiori entrate fiscali.

I ricercatori sono arrivati alla conclusione che i diversi tassi di occupazione sono dovuti in primo luogo all’effetto demotivante del divieto di lavorare. Questo effetto non è del tutto scomparso nemmeno dopo il 2000. Il grado di occupazione delle persone arrivate dalla ex Jugoslavia nel 2001 è in effetti rimasto sugli stessi livelli dell’anno precedente.

Un altro gruppo di paragone è rappresentato dai cittadini turchi, che non arrivano in Germania come richiedenti asilo e non sono quindi sottoposti ad un periodo di attesa per poter lavorare. Fra i turchi arrivati nel 1999 e quelli arrivati 2000 non è stata rilevata nessuna differenza in termini di occupazione.

“I divieti di lavoro sono misure miopi”, afferma Moritz Marbach, uno degli autori dello studio, citato in una nota dell’ETH. “Invece di obbligarli a dipendere per anni dallo Stato sociale, i paesi come la Germania farebbero meglio a fare leva sulla motivazione iniziale dei richiedenti asilo per aiutarli a integrarsi nel mondo del lavoro.”

Diversi studi scientifici precedenti hanno dimostrato che i migranti non rubano il posto alla popolazione residente e non sono la causa della pressione sui salari, scrive da parte sua l’università di Stanford. Molti politici preferiscono invece escludere queste persone dal mercato del lavoro con il solo obiettivo di tenere calmi i loro elettori.

In Svizzera i richiedenti asilo possono beneficiare di un permesso di lavoro nel giro di tre mesi dal loro arrivo. Il permesso è limitato alla durata della procedura d’asilo e scade in caso di decisione negativa.

http://advances.sciencemag.org/content/4/9/eaap9519

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