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Coronavirus, un’opportunità per il turismo sostenibile

turisti con mascherina in montagna
Ad approfittare dei turisti indigeni sono state soprattutto le regioni alpine svizzere. Keystone / Laurent Gillieron

L'industria turistica svizzera è confrontata con grandi sfide. La pandemia di coronavirus ha modificato in profondità i comportamenti degli svizzeri in materia di viaggi e prenotazioni. Aurelia Kogler, professore di turismo, ritiene che questa crisi sia un'opportunità per viaggiare in modo più sostenibile.

swissinfo.ch: Quali cambiamenti ha constatato nel comportamento dei turisti?

Aurelia Kogler: Gli svizzeri trascorrono ora le loro vacanze nella Confederazione. È un obiettivo al quale il settore ha sempre puntato in modo mirato. Le restrizioni introdotte a causa della pandemia hanno apparentemente modificato la struttura della domanda.

Grazie ai turisti svizzeri, la stagione estiva potrebbe essere salvata. Per le destinazioni alpine, la stagione estiva è andata meglio di quanto si pensasse. Ciò non vale però per gli operatori turistici nelle città. Risentono della crisi anche tutti quei fornitori di prestazioni turistiche che vivono o dipendono da grandi manifestazioni.

Cos’altro ha osservato?

La domanda di appartamenti e case di vacanza è cresciuta in modo sproporzionato quest’estate. Ciò è probabilmente da imputare da un lato alle regole di igiene e di distanziamento, dall’altro alla ricerca di sicurezza.

Quello che abbiamo anche potuto osservare, è che il mercato dei viaggi a lungo raggio è completamente crollato. Attualmente alcuni paesi sono ‘off-limits’, vuoi perché vi è un divieto d’ingresso, vuoi perché semplicemente non ci sono voli. Altre regioni sono invece accessibili ma vi è un certo rischio e vi sono molte restrizioni. Per cui quando si tratta di scegliere una destinazione ci chiediamo se ne valga veramente la pena.

Aurelia Kogler
Aurelia Kogler è è professore di turismo ed economia del tempo libero presso il Centro di ricerca di politica economica della Scuola universitaria professionale dei Grigioni. zVg

Agli svizzeri però piace volare…

Sì, agli svizzeri piace molto viaggiare all’estero. Questo è però cambiato completamente.

Se malgrado il dramma vogliamo trovare un aspetto positivo a questa situazione, è che la pandemia ha reso i nostri modelli di viaggio più sostenibili. Resta da vedere se questo comportamento persisterà quando la situazione sarà ritornata normale. Attualmente, però, l’ambiente trae sicuramente giovamento dal minor numero di voli e dal fatto che le distanze percorse siano più brevi.

La crisi potrebbe essere un punto di partenza per un turismo più sostenibile?

Il turismo sostenibile è un settore che per decenni è rimasto di nicchia. Negli ultimi anni, il tema della sostenibilità ha acquisito importanza e non solo è ancorato in diverse leggi, ma è diventato un comportamento socialmente ben visto. La pandemia ha effettivamente portato a un ripensamento e – almeno temporaneamente – a un cambiamento di comportamento.

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Questa tendenza potrebbe continuare?

Come professionisti del turismo, siamo naturalmente curiosi di vedere se alcuni di questi comportamenti si trasferiranno nel nostro DNA dei viaggi. Vedremo se in futuro saremo un po’ meno noncuranti quando si tratterà di volare un fine settimana qui e un altro là, solo perché possiamo.

È anche auspicabile che le vacanze estive in montagna si trasformino in una tendenza duratura. Quando vediamo quante famiglie hanno trascorso parte dell’estate in montagna, c’è da sperare che ci si sia resi conto quanto siano attraenti le destinazioni alpine e che magari i bambini si dicano: “Voglio tornarci di nuovo!”.

È una grande opportunità per il turismo alpino. Non dobbiamo però trascurare il fatto che dimentichiamo molto velocemente. È altresì vero che questa crisi del coronavirus è molto profonda. Il mondo intero è più o meno colpito in quasi tutti i settori della vita. Può darsi che alcuni comportamenti cambino in modo più duraturo, forse anche permanente.

Quali sono le domande che la ricerca nel campo del turismo si pone?

La domanda più urgente è come sarà la stagione invernale e cosa possiamo fare affinché sia positiva. Siamo in stretto contatto con i responsabili del settore e delle destinazioni turistiche. L’impressione è che l’andamento delle prenotazioni per la stagione invernale sia ancora tentennante. La gente aspetta per vedere cosa succederà. Questo comportamento è naturalmente umano ed assolutamente comprensibile.

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Quali altri cambiamenti a causa della Covid-19 avete osservato?

Un altro tema che ci occuperà molto in futuro è il cambiamento dei comportamenti sul lavoro, in particolare con il telelavoro. Da un lato, è probabile che ciò porti a un cambiamento nel mercato immobiliare degli uffici e abbia un impatto sugli agglomerati urbani. Nello stesso tempo, la gente potrebbe anche andare a vivere e a lavorare in regioni rurali più discoste, senza dover fare i pendolari.

Per tornare al turismo, la questione è se questa sia o meno un’opportunità per le destinazioni turistiche e se da questa situazione si possano sviluppare nuovi prodotti e soluzioni turistiche.

Se non si è più legati a un luogo particolare per motivi professionali, molte persone potrebbero volere avvicinarsi alla natura e alla campagna. A medio e a lungo termine, vi è quindi un’opportunità per rafforzare le destinazioni turistiche e le regioni rurali strutturalmente più deboli. Siamo però solo all’inizio.

Pensa che la crisi causata dal coronavirus avrà effetti a lungo termine sul turismo?

Credo di sì. Da un lato, colpisce aziende che operano con una base di capitale molto esigua. Probabilmente si assisterà quindi a una ricomposizione nel settore. Inoltre, sappiamo ancora troppo poco come si svilupperà concretamente la situazione economica generale in Europa, quale sarà l’impatto della pandemia, in particolare per quanto concerne la disoccupazione, nei principali mercati d’origine dei turisti. L’aumento della disoccupazione è una delle principali minacce per il turismo, non solo in Svizzera.

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