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Vento di terre lontane sulla collina del Rietberg

Il Rietberg: una villa da cui si spande l'eco di culture lontane. Museo Rietberg

Una villa neoclassica immersa nel verde ospita il museo Rietberg di Zurigo. Unico del suo genere in Svizzera, è dedicato all'arte extraeuropea.

Opere preziose provenienti da culture diverse per dimostrare, come credeva l’ideatore del museo, che «ars una est».

Varcare una soglia e sentirsi trasportare in mondi lontani: è una sensazione che conoscono bene i visitatori del museo Rietberg, accolti da Shiva che muove i passi di una danza cosmica e presi di volta in volta per mano da divinità indiane e azteche, africane e cinesi, da Buddha giapponesi e tibetani.

«Ars una est»: non esiste che una sola arte. Ovvero, l’arte è capace di riunire tutte le culture e tutti i popoli della terra. Questo in sostanza era il credo del barone Eduard von der Heydt (1882-1964).

Banchiere in diverse città europee, von der Heydt comincia a collezionare opere d’arte a 26 anni, dopo aver scoperto gli scritti sul pensiero buddista di Schopenhauer. La sua collezione, nella quale spiccano le sculture buddiste e le maschere africane, diventa ben presto famosa e per renderla il più possibile accessibile al pubblico, il barone decide di regalarla alla città di Zurigo, a patto che questa la esponga. E quale cornice più adatta ad accogliere la collezione della villa Wesendonck?

L’asilo sulla collina verde

La storia della villa Wesendonck comincia nel 1857, quando fu fatta costruire da un ricco commerciante di seta tedesco, di cui porta ancora il nome. La villa, in stile neoclassico, è circondata da un parco sontuoso da cui si gode una bella vista sul lago e la città di Zurigo.

Per questo luogo incantato, lontano dal traffico cittadino, sono passati personaggi come Wagner, che, ispirato dall’amore per la padrona di casa, Mathilde von Wesendonck, vi ha meditato la composizione di «Tristano e Isotta». O come l’imperatore tedesco Federico Guglielmo II, in visita ufficiale a Zurigo nel 1912.

Nel 1945 la città di Zurigo acquista il parco (67’091 m quadrati), la villa Wesendonck e la Park-Villa dalla famiglia Rieter. Quattro anni più tardi gli elettori zurighesi approvano la trasformazione della villa in un museo, destinato ad ospitare la collezione del barone von der Heydt.

Un successo cresciuto con gli anni

Dalla data della sua fondazione, avvenuta nel 1952, il museo Rietberg non ha mai cessato di crescere. Agli oggetti collezionati dal barone von der Heydt si sono aggiunte opere d’arte provenienti dall’America precolombiana, stampe giapponesi, dipinti cinesi, miniature indiane, maschere africane…

Le opere sono spesso dono di privati cittadini che le hanno collezionate nel corso degli anni. Altre sono state acquistate grazie al sostegno finanziario di mecenati. I contributi versati da Zurigo vengono invece impiegati per stipendiare il personale del museo. «È più facile convincere la gente a investire i propri soldi per l’acquisto di un’opera d’arte che per garantire le spese di gestione del museo», constata la museologa Monika Willi.

In un momento in cui molti musei lamentano dei problemi finanziari, il Rietberg si trova nella felice posizione di chi può raccogliere il frutto del proprio lavoro. «Se escludiamo le mostre – per le quali è necessario ricorrere a degli sponsor finanziariamente forti – il museo ha un’alta percentuale di autogestione. Il 55% del capitale proviene infatti dal ricavato dei biglietti d’entrata, dalla vendita dei cataloghi e dalle consumazioni nel caffè del museo».

Da posto elitario a paradiso per tutti

Con gli anni anche il pubblico del museo è cambiato. A metà dell’Ottocento Mathilde von Wesendonck aveva fatto della sua villa un luogo di ritrovo per la crème della società zurighese. La collina verde ha mantenuto questa sua vocazione elitaria almeno fino agli anni Settanta del Novecento.

«Tra gli anni Cinquanta e Settanta il Rietberg era un posto poco cercato dalle grandi folle, un angolo particolare e un po’addormentato di Zurigo», racconta Monika Willi. «Ora le cose sono cambiate, la gente viaggia molto di più e ama ritrovare o approfondire le culture che ha incontrato sul suo cammino venendo al museo».

Femminile, colto e maturo: questo è il ritratto del visitatore tipico del museo. Ma, in particolare per le mostre, s’incontrano anche persone dal profilo diverso. Inoltre il Rietberg è costantemente impegnato a diversificare le sue attività. Dunque non solo cura della collezione permanente e mostre, ma anche pubblicazioni, conferenze, concerti, feste nel parco, viaggi.

Negli ultimi anni poi si è curato maggiormente l’aspetto wagneriano. Molte persone, provenienti soprattutto dalla Germania, sono interessate a scoprire i luoghi in cui è vissuto il compositore in esilio.

Un baldacchino di smeraldo per un museo che cresce

«Il nostro è un museo piccolo, ma di alto livello. La qualità delle opere esposte non ha nulla da invidiare a quella che si può ritrovare in grandi musei come il Musée Guimet di Parigi, il British Museum o il Museum für ostasiatische Kunst di Colonia».

La qualità è certamente una delle chiavi del successo di un museo che negli ultimi anni ha visto incrementare notevolmente il numero dei soci e dei visitatori. Oggi, nel corso di un anno, sono più di 90’000 le persone che visitano il Rietberg, nove volte di più di quanto inizialmente previsto.

Ma non è solo l’interesse crescente del pubblico a creare qualche problema di spazio al museo. «Il museo è stracolmo» racconta Monika Willi. «Molte opere si trovano nei magazzini e inoltre ci sono dei collezionisti che vorrebbero lasciare le loro collezioni al museo».

Grazie al progetto «baldacchino di smeraldo» – che deve il suo nome ad una poesia scritta da Mathilde von Wesendonck – il museo dovrebbe essere dotato di un avveniristico padiglione in vetro e di due nuovi spazi espositivi. La speranza è che i fondi necessari alla realizzazione del progetto vengano raccolti in tempi brevi. «Perché», come rispose un tessitore della Costa d’Avorio a chi gli chiedeva la ragione degli intagli che ornavano il suo telaio «l’essere umano non ama vivere senza cose belle».

swissinfo, Doris Lucini

Fondato nel 1952
Il nucleo della collezione è formato dalle opere donate dal barone Eduard von der Heydt (1882-1964)
90’000 visitatori l’anno
3’100 soci

Scultura induista e buddista, opere provenienti dalla Cina, dall’India, dal Giappone e dall’America antica, arte africana e dell’Oceania: il museo Rietberg è dedicato all’arte extraeuropea un’occasione per aprire i propri occhi su culture diverse da quella occidentale.

La villa Wesendonck ospita per lo più sculture. Di particolare pregio è la collezione d’arte buddista, una delle più importanti in Europa. Dipinti e stampe indiane, cinesi e giapponesi sono esposti alla Park-Villa Rieter, anch’essa situata all’interno del parco.

Accanto alla collezione permanente, il museo Rietberg organizza delle mostre temporanee. Una delle ultime, intitolata «L’arte dell’amore», ha riscosso un notevole successo.

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