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Vecchiaie fragili, ma forze per la società

La vecchiaia va sovente di pari passo con la fragilità, ma non necessariamente con la dipendenza Keystone

Anziano sinonimo di fardello? È l'immagine distorta di una realtà complessa. Ricerche scientifiche indicano che gli anziani sono una miniera d'oro per la società.

In un recente convegno di Coscienza svizzera a Lugano è però anche stata lanciata una messa in guardia: la mancanza di ponderazione sulle scelte che preludono all’invecchiamento della popolazione è pericolosa.

Analisi e meditazioni dei relatori del simposio, dedicato al tema dell’invecchiamento come valore per la società, hanno messo in risalto le contraddizioni e i paradossi del mondo post-industrializzato.

Un mondo in cui è stata prolungata la vita, ma che emargina i vecchi, in cui il controllo delle nascite è stato spinto agli estremi passando dai mezzi anticoncezionali fino a quelli di fecondazione in vitro, in cui si rinuncia alla maternità in età riproduttiva e poi la si vuole ad ogni costo in età avanzata. Un mondo in cui c’è un controllo sempre più forte sulla vita, in cui si nasce meno e si muore più tardi.

La saggezza soppiantata dalla tecnologia

“Dall’homo sapiens stiamo passando all’homo technologicus, o forse vi siamo già arrivati”, ha commentato il neuroscienziato Ruggero Fariello. Una trasformazione che, secondo il professore di neurologia, rende sempre più concreta la prospettiva di sfociare nel “Brave New World” (“Il mondo nuovo”) descritto da Aldous Huxley nel suo romanzo fantascientifico del 1932.

Una prospettiva che Fariello giudica spaventosa, perché “ci si sta avviando senza una presa di coscienza, lasciandosi trascinare dagli eventi, senza riflettere se si tratti di una cosa buona o cattiva”. Per l’uomo di scienza, questa deve essere utilizzata con raziocinio, per alleviare le pene fisiche e mentali, non per prolungare artificialmente i segni esteriori della giovinezza, con “risultati patetici”.

Patrimonio culturale, ma anche economico

Non è inseguendo la chimera dell’eterna giovinezza che si valorizza la vecchiaia, mette in guardia lo scienziato. A suo avviso, il vecchio ha un ruolo positivo per la trasmissione di un patrimonio culturale alle nuove generazioni.

Anche dal profilo meramente materiale, gli anziani svolgono un ruolo di primo piano nella nostra società. Pure “quelli malati, dipendenti, costituiscono una risorsa, poiché danno vita a un settore economico sempre più importante”, ha detto a swissinfo.ch, a margine del convegno, il sociologo Stefano Cavalli, ricercatore al Centro interdisciplinare di gerontologia (CIG) dell’università di Ginevra.

“Cosa succederebbe se domani improvvisamente scomparissero tutti gli anziani? Ci ritroveremmo con un tasso di disoccupazione molto più elevato, con settori economici in grosse difficoltà”, rileva lo studioso, ricordando che “molti anziani, anche in età avanzata, continuano a fornire servizi alle generazioni più giovani”.

Notevole è poi il ruolo dei coniugi all’interno delle coppie. “Molti uomini anziani non potrebbero restare a casa propria senza la presenza costante delle mogli: un’assistenza preziosa, spesso sottovalutata e, particolare non indifferente nel contesto attuale, gratuita “, osserva Cavalli.

La stagione della fragilità

Dagli studi condotti dai ricercatori del CIG è d’altra parte risaltato che non esiste una vecchiaia, ma delle vecchiaie. “Le condizioni che vivono i singoli anziani sono estremamente diverse: chi è in buone condizioni fisiche e chi è malato, chi ha qualche acciacco e chi è dipendente, chi vive circondato da familiari e chi vive in solitudine”, spiega Stefano Cavalli.

Seppur nell’eterogeneità, nell’ultima parte del XX secolo le condizioni degli anziani in Svizzera sono globalmente migliorate nei campi della salute, del benessere e della partecipazione. Come negli altri paesi occidentali si è inoltre confermato l’avvento della terza età, ossia di quella fase, dal pensionamento fin verso gli 80-85 anni, in cui gli anziani sono attivi e desiderosi di approfittare del tempo libero.

Quanto alla quarta età, corrisponde alla vecchiaia delle generazioni precedenti, che il miglioramento delle condizioni di salute hanno differito. Caratteristica dominante dei suoi componenti è la fragilità, anche se in gradi e forme diversi.

La fragilità “crea un sentimento di insicurezza e di precarietà” fra gli ultraottantenni, anche fra coloro che sono in buone condizioni di salute, ha precisato il fondatore del CIG Christian Lalive d’Epinay. Inoltre, sul piano delle relazioni sociali è “un fattore di esclusione e di emarginazione, perché pregiudica il principio di reciprocità”.

Una realtà in movimento perpetuo

Il mosaico delle vecchiaie è complesso e gli enti pubblici devono tenerne conto nelle decisioni in materia di politica degli anziani. Il compito è ulteriormente complicato dall’evoluzione continua delle condizioni degli anziani.

“Non si possono studiare le condizioni degli anziani a un dato momento e pensare che le nuove generazioni seguiranno lo stesso destino”, sottolinea Cavalli. “È necessario intervistare le nuove generazioni di anziani ed esaminare in che misura si distinguono dalle precedenti”.

Una nuova ricerca che Stefano Cavalli e il team del CIG hanno in programma per il prossimo autunno. Lo studioso pronostica per questo inizio di millennio una conferma dei progressi osservati sul finire del XX secolo.

“Ma non è detto che fra 10-15 anni vi sarà lo stesso andamento. Che ne sarà delle nuove generazioni più sedentarie e con delle cattive abitudini alimentari, quando giungeranno nella vecchiaia?”, s’interroga il sociologo.

Sonia Fenazzi, swissinfo.ch

La speranza di vita in Svizzera nel 2008 era di 79.7 anni per gli uomini e di 84,4 per le donne.

Nello studio condotto dal Centro interdisciplinare di gerontologia (CIG) nel 1994 su un campione di 1’600 persone, rappresentativo della popolazione dai 65 anni in su, a Ginevra e nel Vallese centrale, sono stati distinti tre statuti principali: dipendenza, fragilità e indipendenza.

Al momento del pensionamento le persone dipendenti sono rarissime, un quarto sono fragili e i tre quarti sono indipendenti.

Un cambiamento importante è registrato alla soglia degli 80 anni: le persone fragili diventano più numerose di quelle indipendenti e quelle dipendenti diventano una forte minoranza. Queste ultime diventano la maggioranza attorno ai 90 anni, mentre le persone indipendenti diventano una debole minoranza, ma superano comunque il 10%.

I ricercatori del CIG hanno poi realizzato uno studio sull’arco di dieci anni (1994-2004) che ha consentito, fra gli altri, di avere un quadro delle traiettorie di vita e di salute nella vecchiaia avanzata. Un campione rappresentativo di 340 persone nate fra il 1910 e il 1914 è stato seguito per dieci anni. Un secondo campione di 376 persone nate fra il 1915 e il 1919 è stato integrato nello studio nel 1999 e seguito per cinque anni.

Fra i risultati, da segnalare che la dipendenza terminale di lunga durata nella vecchiaia è effettivamente un rischio elevato, ma non una fatalità. Un po’ più della metà delle persone della quarta età non entra nella situazione di dipendenza.

L’invecchiamento della popolazione non conosce frontiere nel mondo occidentale.

Per esaminare questo nuovo fenomeno demografico, il gruppo di riflessione Coscienza svizzera ha organizzato un ciclo di tre convegni intitolato “2050: un’Insubria di anziani, una sfida per i nostri valori”.

Il primo, tenuto nel gennaio 2008, è stato incentrato sui dati demografici a livello mondiale, europeo, lombardo e ticinese, come pure alle conseguenze del fenomeno nella politica economica e sociale.

Il secondo, svoltosi nel gennaio 2009, si è occupato delle conseguenze nella società civile e sulla vita politica, e dei possibili provvedimenti.

Il terzo, che ha avuto luogo il 4 febbraio 2010, è stato concepito come una meditazione generale conclusiva che vede nell’invecchiamento un valore per la società.

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