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A Novara “piccola sede” oltre confine per l’USI

Alessandro Vecchi, via wikimedia.org


L’Università della Svizzera italiana (USI) potrebbe aprire entro fine anno una piccola sede oltre confine, per custodire documenti donati all’Archivio del Moderno dell’Accademia di architettura che non possono lasciare l’Italia. Al vaglio, l’ipotesi di affittare dei locali di Casa Bossi a Novara.

La notizia era stata anticipata dal sindaco di Novara, Alessandro Canelli. Il rettore dell’USICollegamento esterno Boas Erez, intervistato dalle Cronache della Svizzera italiana, conferma: “È un’ipotesi di lavoro concreta per dare una sede adeguata a una parte dell’Archivio del ModernoCollegamento esterno, che concerne i lasciti, le ricchezze patrimoniali che non possono lasciare il territorio italiano” in quanto beni culturali, ma che sono stati donati all’USI.

Il complesso, realizzato negli anni 1857-1861 dall’architetto Alessandro Antonelli, è ritenuto il più bel palazzo neoclassico d’Italia. A ordinarne la costruzione -6’500 metri quadrati e circa 200 stanze- fu la famiglia Desanti. In seguito, fino al 1951, vi abitarono i loro eredi, i Bossi, che ospitarono artisti, progettisti, giornalisti, poeti e scrittori. Oggi, Casa Bossi è sede di numerosi eventi culturali, conferenze, rassegne e spettacoli.

“Non andiamo a cercare studenti”, precisa Erez. Questa “piccola sede dell’USI in Italia” potrebbe semmai creare occasioni di collaborazione con l’Università del Piemonte Orientale. Lo spazio di 1000 metri quadri in Casa Bossi –che accoglierebbe un archivio di progetti originali di architetti italiani e un laboratorio di ricerca- favorirebbe peraltro la ristrutturazione dell’edificio. “È una delle più belle case antonelliane di Novara. Sarebbe un luogo molto adatto per accogliere l’Archivio del Moderno”.

Il patrimonio

L’ArchivioCollegamento esterno opera nell’ambito della storia dell’architettura, dell’ingegneria, del territorio, del design e delle arti visive. È un istituto dell’Accademia di architetturaCollegamento esterno dell’USI ed è stato fondato, come l’Università, nel 1996.

“Nel corso degli anni”, ci spiega la direttrice Letizia TedeschiCollegamento esterno, “ha acquisito tramite donazioni e lasciti un un patrimonio documentale costituto da oltre 50 archivi di architetti, ingegneri, urbanisti, designer, operatori visuali che hanno avuto un ruolo significativo nell’affermazione della modernità”.

I fondiCollegamento esterno coprono un periodo storico compreso tra il XVIII e il XXI secolo e includono disegni, modelli, quadri, stampe e fotografie.

Il forte legame, e le convenzioni, con l’Italia

“Una decina di archivi sono di architetti e grafici italiani”, rivela la direttrice. L’istituto custodisce ad esempio documentazione del progettista industriale Marco ZanusoCollegamento esterno, uno dei padri fondatori del design italiano, dell’architetto Vittoriano ViganòCollegamento esterno e del grafico e designer Giancarlo Iliprandi. “Quest’ultimo è a tutt’oggi in Italia e quindi troverebbe nella sede novarese di Palazzo Bossi una collocazione ideale”, osserva Tedeschi.

La valorizzazione degli archivi degli architetti di cultura italiana del XX e del XXI secolo è il fulcro delle convenzioniCollegamento esterno di collaborazione scientifica sottoscritte nel 2002 e 2012 con il Ministero italiano per i Beni e le Attività culturali, in virtù delle quali l’Archivio del Moderno ha partecipato alla realizzazione del Portale degli archivi degli architettiCollegamento esterno.

“Parte di una rete europea di centri di ricerca”

“L’Archivio del Moderno valorizza il proprio patrimonio attraverso studiCollegamento esterno e ricercheCollegamento esterno internazionali”, sottolinea infine la direttrice Letizia Tedeschi. In Italia ne ha condivise, tra gli altri, con il Politecnico di Milano, l’Università La Sapienza di Roma, lo IUAV di Venezia e l’Università Federico II di Napoli.

“Anche questa eventuale sede di Novara non potrà che essere un luogo aperto, di studio”, conclude, “e dialogare con le realtà universitarie italiane a muovere dall’Università del Piemonte Orientale”.

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