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Una valle con un talento di cioccolato

Industria del cioccolato: stabilimenti Nestlé. Broc, Monique Jacot, www.alinari.it

Considerata "tipicamente svizzera", l'industria della cioccolata ha tuttora una larga diffusione anche in Italia. Le due esperienze nazionali "in vetrina" a Milano.

Il Centro culturale Svizzero propone infatti una mostra di fotografie che ne raccontano la storia, dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri. Una storia fatta anche di storie ticinesi.

Le immagini esposte a Milano, che provengono dalle Collezioni Alinari e dagli archivi delle aziende cioccolatiere svizzere e italiane, sono oltre cinquanta. Documentano essenzialmente il lavoro dai laboratori artigianali e industriali ai macchinari, dalla confezione dei prodotti alla comunicazione.

Alcune gigantografie creano un’atmosfera d’altri tempi, accompagnando il visitatore in un viaggio a ritroso nel tempo, e nella memoria, fino ai giorni nostri. E’ così possibile cogliere in un colpo d’occhio le trasformazioni avvenute nel corso degli anni.

La mostra, in agenda fino al 25 marzo, completa il recente convegno “L’industria del cioccolato in Svizzera e in Italia: dall’età moderna ai giorni nostri, due esperienze a confronto”. Due esperienze nelle quali si intrecciano storie di emigrazione, che partono anche dal Ticino.

I cioccolatieri bleniesi

Come e dove nasce la storia tra il Ticino e la cioccolata? Lo abbiamo chiesto a Luigi Lorenzetti, presente al convegno di Milano, e direttore del Laboratorio di Storia delle Alpi dell’Università della Svizzera italiana (LabiSALp).

“La storia della cioccolata e del Ticino è legata alla presenza, in Valle di Blenio, di una tradizione di emigranti cioccolatieri che hanno svolto le loro attività in numerose città europee: in Germania e, in particolare, nel nord Italia”.

“Questi emigranti – spiega a swissinfo Lorenzetti – hanno saputo creare piccole botteghe, piccoli caffè nei quali si vendeva e si poteva consumare la cioccolata”.

Le famiglie interessate da questo tipo di emigrazione sono moltissime. “I nomi sono già conosciuti da tempo e sono tipicamente bleniesi. Pensiamo ai Cima, ai De Giorgi, ai Buzzi, ai Giroldi. Si tratta di famiglie provenienti essenzialmente dall’alta e media valle, dai comuni di Torre e Aquila”.

La documentazione attualmente disponibile non permette tuttavia agli storici di spiegare perché i cioccolatieri provengano proprio dalla Valle di Blenio. “E’ un grosso interrogativo e temo che lo resterà ancora per molto”. Studi svolti parecchi decenni fa sembrano indicare che all’origine di questa storia di cioccolata, ci fosse stato un emigrante bleniese, un certo Giroldi.

Dalla Cima Norma ai Maestrani

“Il Giroldi – racconta il direttore del Laboratorio di Storia delle Alpi – avrebbe iniziato questa sua attività in Francia e sarebbe riuscito a fare fortuna nella vendita e nel commercio del cioccolato. Del resto questo tipo di attività si sviluppa proprio quando, all’inizio del Settecento, il consumo del cioccolato comincia a diffondersi tra le classi agiate”.

Alla fine dell’Ottocento la produzione artigianale diventa progressivamente industriale, ma è solo nella seconda metà del Novecento che diventa un bene di consumo di massa.

La storia dei cioccolatieri bleniesi ha pure i suoi protagonisti: i Cima, con fabbriche a Nizza e a Milano, e i Maestrani, che a San Gallo fondarono una delle prime fabbriche svizzere di cioccolata.

“La Cima Norma è un caso molto particolare e interessante. Si tratta di una fabbrica creata da ex cioccolatai e artigiani – spiega Lorenzetti – che è riuscita a ricreare a Torre una tradizione artigianale trasformandola in produzione industriale”.

“E’ un caso unico. Non si conoscono in Ticino altri esempi di tradizioni migratorie che hanno saputo valorizzarsi ed evolversi in forme più moderne. Alla Cima Norma i cioccolatai bleniesi sono riusciti a riportare in valle un sapere antico adattandolo alle nuove necessità produttive del mercato”.

A praticare il “mestiere del cioccolatiere” anche la famiglia Maestrani. “Il Maestrani – spiega lo storico Luigi Lorenzetti – era attivo a Milano. Si sposta poi Oltralpe, prima a Lucerna e infine a San Gallo dove crea una delle prime fabbriche svizzere di cioccolata”. Questa fabbrica esiste tuttora, porta ancora il nome del fondatore, ma non è più controllata dalla famiglia Maestrani.

Pagine di cioccolata

Restano però le pagine di cioccolata scritte dall’emigrazione. E quelle delle letteratura, tutte da gustare. Come “Cioccolata da Hanselmann” di Rosetta Loy, oppure “Pagine e cioccolato” di Philippe Delerm. Oppure ancora come “Il Paese dei Mezarà” di Dario Fo.

Un libro, quello scritto dal premio Nobel della letteratura, in cui evoca… dolci ricordi svizzeri. “Mi hanno fatto credere che di là, in Svizzera, tutto fosse di cioccolato, canditi, pasta di mandorle e che perfino le strade fossero di torrone”.

swissinfo, Françoise Gehring

Cioccolato svizzero e italiano protagonista a Milano. Un recente convegno storico ha riletto la storia del cioccolato proponendo fondamentalmente una prospettiva economica, ma senza dimenticare il contributo della letteratura.

Una mostra, attualmente in corso al Centro Culturale svizzero di Milano, offre un singolare viaggio nel tempo attraverso una cinquantina di fotografie.

1826-1829: il bleniese Giuseppe Maestrani vende cioccolata in Via Nassa a Lugano
1852: suo figlio Ludovico Aquilino apre un negozio a Lucerna, alla Krongasse
1903: nasce la “Fabrique de chocolat Cima” a Torre
1968: la fabbrica cessa la produzione e chiude definitivamente

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