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Quant’è grande Roma

Roma e la via Ostiense
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Roma è molto di più del Colosseo, di Piazza di Spagna o del Pantheon. Qualche consiglio per turisti alternativi.

L’altro giorno mi sono avviata verso la Nomentana per arrivare oltre il grande raccordo anulare (quell’enorme cerchio autostradale che circonda la capitale detto anche il “Sacro GRA”), per portare la mia macchina in un’autofficina specializzata nell’installazione di bombole GPL. Ho dovuto lasciare lì la mia automobile e tornare verso il centro con i mezzi.

Nonostante siano ormai tanti anni che vivo a Roma mi stupisco sempre di nuovo di quanto sia gigantesca, enorme, sproporzionata, infinita questa città. Il Municipio 3, che mi sto accingendo ad attraversare in una specie di viaggio della speranza, ha una superficie più estesa della mia città, Zurigo, che pure è la più grande della Confederazione. Gli abitanti di Roma e dintorni riempirebbero mezza Svizzera.

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Una svizzera a Roma – Rubrica semiseria di mediazione culturale In questa serie, Gaëlle Courtens, giornalista svizzera residente da anni nella capitale italiana, ci propone un suo sguardo su episodi di ordinaria quotidianità. tvsvizzera

Una questione di prospettiva

Aspettando il 337 ad un chilometro non meglio precisato della Strada Consolare, in una specie di limbo tra campagna e periferia, con un capannone di fronte, una casa cantoniera dietro, a pochi metri fuori dal GRA, il mio pensiero va a questa mastodontica “borgatasfera” che ingloba il centro. Anzi, da questa prospettiva davvero il cuore di Roma appare come un altro pianeta.

Quando si pensa alla città eterna vengono in mente il Colosseo, il Vaticano, il Campidoglio, Campo dei fiori, Trastevere, Piazza di Spagna, Fontana di Trevi… ma parliamo di una porzione minuscola di quella che è una metropoli con mille tentacoli scoordinati che si addentrano in quella che una volta era la campagna romana con i suoi acquedotti e le sue greggi di pecore, e di cui, fortunatamente, alcuni sprazzi sono stati promossi a Riserva naturale, veri e propri polmoni di questa Roma sempre sull’orlo di una crisi asmatica.

Lo spritz in “semi-periferia”

Salgo sul 337 che si snoda attraverso i nuovi quartieri di Talenti a che vedo per la prima volta. Chilometri di palazzoni anodini sorti come funghi alla fine degli anni novanta. Sembra di stare in un’altra città, indefinita e indefinibile, distaccata dalle altre borgate, e soprattutto molto, ma molto distanti dal centro. Piano piano – tanto, che fretta c’è? – ci avviciniamo alla Città Giardino di Montesacro, con le sue villette, bouganville e stradine tutte curve. Una volta la definivano “semi-periferia”. Oggi è considerata praticamente centro, da quando la Metro B è stata prolungata fino a piazza Conca d’Oro. Così come sono diventati “semi-centro” la Garbatella o Ponte Milvio, il Porto Fluviale o il Pigneto: oggi anche il turista alternativo si spinge fin qui, parecchio fuori le mura, per sorseggiare uno spritz senza dubbio più trendy rispetto a quello di Piazza della Rotonda davanti al Pantheon.

Roma è le sue periferie

Ma Roma è anche la Magliana, Fidene, Centocelle, Tor Bella Monaca, Rebibbia, il Corviale (con quell’improbabile chilometro di cemento abitato che da solo è una città nella città): i primi tempi gli amici romani mi sconsigliavano vivamente anche solo di avvicinarmi a certi posti. Da giovane svizzerotta scesa dalle montagne mi vedevano molto ingenua, e probabilmente avevano ragione. E dire che quando venni a Roma per fare un semestre alla Sapienza e imparare meglio la lingua di Dante, il primo posto in cui mi recai appena scesa a Termini dal notturno “Zurigo-Roma”, fu proprio il quartiere dove imperversava la tristemente nota “banda della Magliana”. Da una conoscente di un’amica di mia zia dovevo prima andare a prendere la chiave dell’appartamento in cui avrei abitato dalle parti di San Giovanni. Lanciai il mio valigione nella macchina di un tassista abusivo che per 30’000 lire mi portò fino a laggiù. Quel tassista, evidentemente un padre di famiglia, sembrava più preoccupato lui di me, quando mi vide partire in un vicoletto buio alla ricerca del citofono della Signora che custodiva quella chiave.

Uno spaccato di Roma

Scesa dal 337 e cambiato un altro paio di mezzi tra metro e tram, dopo un’ora e trentacinque minuti di viaggio (lo stesso tempo che ci vuole per andare con la freccia rossa da Roma a Firenze), sono arrivata a casa. Ma ne è valso la pena: posso dire di aver ancora una volta scoperto dei luoghi nuovi e inaspettati di questo colossale organismo vivente, irrazionale e scontroso che è Roma, eternamente cangiante, ma sempre uguale a se stessa.

Oggi, ai turisti veramente alternativi consiglierei un viaggio in linea diritta da Montespaccato a Torre Spaccata; così, tanto per avere uno spaccato senza veli di questa città, che nonostante tutto, spacca!

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