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Una strategia che stenta a convincere

Il governo non vuole più denaro "nero" nelle casseforti delle banche svizzere; sul metodo per raggiungere questo obiettivo, però, il governo fatica a convincere Keystone

La tattica del governo svizzero per contrastare gli attacchi al segreto bancario non piace né alla destra né alla sinistra. Il centro cerca un compromesso, mentre socialisti e verdi approfittano del dibattito per rilanciare il tema dell'adesione all'UE.

L’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica vorrebbe che in futuro i reati fiscali venissero equiparati al riciclaggio di denaro. L’Unione Europea, dal canto suo, preme affinché la Svizzera conceda lo scambio automatico di informazioni di dati bancari.

Il governo elvetico finora non ha voluto entrare in materia, puntando tutto su nuovi accordi di doppia imposizione, che contemplano la possibilità per le autorità fiscali degli altri paesi di chiedere i dati bancari dei loro contribuenti non solo in caso di frode fiscale ma anche di evasione (una distinzione propria al diritto svizzero). Inoltre il Consiglio federale si è detto disposto ad esaminare altre misure, come l’introduzione di un’imposta sui capitali stranieri, che verrebbe poi versata all’autorità fiscale del paese interessato, senza però rivelare il nome del titolare del conto.

“È la strategia giusta, è un modello per il futuro”, dichiara il consigliere agli Stati liberale radicale Rolf Schweiger. “Un’imposta liberatoria permetterebbe ad ogni Stato di avere entrate più cospicue rispetto a sistemi come l’assistenza amministrativa o lo scambio automatico di informazioni”.

Da quando questo sistema è stato introdotto in seno all’UE “il comportamento dei cittadini nei confronti del fisco non è cambiato”, sottolinea Schweiger. “Con lo scambio di informazioni, l’UE agisce come se la sua piazza finanziaria fosse completamente separata da quella mondiale”.

Un’idea che trova poco sostegno all’estero

Nei ranghi della sinistra, il discorso è ben diverso: “Un’imposta liberatoria è fuori discussione. Per cercare di avere un margine di manovra, il governo utilizza una tattica dilatoria, gettando sulla bilancia una proposta che non è mai stata oggetto di dibattito”, critica la consigliera nazionale ecologista Marlies Bänziger.

Al centro dello scacchiere politico si cerca il compromesso. Secondo Pirmin Bischof, deputato del Partito popolare democratico, l’idea di un’imposta liberatoria “non gode di un grande sostegno all’estero”. “Con l’UE non è sicuramente fattibile, per contro con singoli paesi vi sono delle possibilità”.

Per Bischof è possibile immaginare una combinazione tra questa imposta liberatoria e un’amnistia fiscale. Da un punto di vista svizzero, l’amnistia fiscale italiana “è proceduta in maniera ottimale”.

“Grazie all’amnistia, i capitali non dichiarati depositati nelle banche di Lugano sono rimasti dov’erano, ma questa volta dichiarati”.

Il segreto bancario è condannato?

Lo scambio di automatico di informazioni non rappresenta di certo la soluzione ideale, sottolinea Bischof. “Si tratta di un sistema esotico, adottato solo dall’UE. Agli Stati Uniti, ad esempio, non è mai balenata l’idea di partecipare a questa iniziativa. Inoltre significherebbe la fine del segreto bancario”.

Il consigliere nazionale socialista Jean-François Steiert osserva dal canto suo che in questa crisi il governo non ha mai preso iniziative, ma si è limitato a “reagire in permanenza”. “Si aspetta fino a quando ci si trova sull’orlo del precipizio e poi si guarda cosa è ancora possibile fare. Ciò che manca è una strategia a lungo termine”.

A medio termine il segreto bancario è condannato, afferma Steiert, il cui partito da anni si batte senza successo per la sua abolizione. “Fino a poco tempo fa chi era contrario al segreto bancario era considerato una specie di traditore della patria. Oggi anche alcuni rappresentanti dei partiti di centro hanno capito che non è più difendibile”.

Utilizzando una tattica dei piccoli passi il governo ha ormai in pratica smantellato il segreto bancario per i clienti stranieri, analizza invece Hans Kaufmann, deputato dell’Unione democratica di centro.

Far votare il popolo

“Il prossimo passo sarà di abrogarlo anche per i clienti svizzeri”. Per questa ragione il Consiglio federale dovrebbe “finalmente avere il coraggio” di chiedere al popolo se vuole veramente abolirlo, sottolinea.

“Sono convinto che in caso di votazione la popolazione deciderebbe altrimenti. Gli svizzeri sono attaccati al nostro sistema. Lo Stato non ha nessun diritto di intromettersi nei nostri affari finanziari”.

Gli attacchi contro il segreto bancario provenienti dall’estero sono da collegare “a un semplice gioco di potere e non a una questione di giustizia fiscale”, sostiene il consigliere nazionale dell’UDC. “Se gli Stati volessero veramente un controllo fiscale efficace, potrebbero introdurre una ritenuta alla fonte a livello mondiale. Non vi è quindi nessuna ragione di offrire aiuto agli altri paesi”.

La Svizzera si sta isolando sempre di più, con tutte le conseguenze del caso, come ad esempio si è visto con la crisi libica, risponde il socialista Steiert. “Per un piccolo paese questa è una strategia fallimentare. Siamo estremamente interdipendenti coi nostri vicini e con gli altri Stati. Il prezzo che dobbiamo pagare per qualunque negoziato – nell’ambito della sicurezza, della ricerca, dell’asilo… – è sempre più elevato”.

Aderire all’UE

Steiert si dice convinto che per la Svizzera è ormai giunto il momento di aderire all’UE. “I fatti ci portano lentamente in questa direzione. Se il Partito socialista sostiene che un ripensamento è necessario, si può non essere d’accordo. Quando però ci si rende conto giorno dopo giorno che il prezzo da pagare per mantenere lo statu quo continua a crescere…”.

Anche per l’ecologista Marlies Bänziger, la collaborazione con l’UE “è ormai bloccata e la strada bilaterale è ormai alla fine”. A suo parere è quindi “necessario rinnovare la domanda d’adesione”.

Ciò permetterebbe alla Svizzera di riaccendere il dibattito sugli svantaggi e i vantaggi di far parte dell’UE. “Oggi questa discussione è tabù. Non si parla né delle conseguenze di un’eventuale adesione, né di quali porte sono ancora aperte con la via bilaterale”.

L’ipotesi di un’adesione è scartata dal liberale radicale Rolf Schweiger: “L’UE è sicuramente un partner importante, ma il futuro della Svizzera si trova altrove. Il commercio di materie prime, ad esempio, è molto più importante con paesi come la Russia, la Cina o il Brasile”.

Per il deputato dell’UDC Hans Kaufmann il tema non è assolutamente all’ordine del giorno. “Anche da un punto di vista economico sarebbe una soluzione pessima; saremmo il solo paese a dover adattare verso l’alto il livello dei tassi d’interesse e dovremmo aumentare del 10% le nostre imposte”.

Andreas Keiser, swissinfo.ch
(traduzione di Daniele Mariani)

Aprile 2009: L’OCSE inserisce la Svizzera nella cosiddetta lista grigia dei paesi non cooperativi per quanto riguarda lo scambio d’informazioni e l’assistenza amministrativa in caso d’evasione fiscale

Settembre 2009: La Confederazione viene stralciata dalla lista grigia dopo aver sottoscritto 12 convenzioni di doppia imposizione rinegoziate secondo gli standard OCSE.

Ottobre 2009: lo scudo fiscale italiano crea tensioni fra Berna e Roma.

Dicembre 2009: Contenzioso con la Francia, che vuole utilizzare i dati rubati alla banca ginevrina HSBC per individuare eventuali evasori.

Gennaio 2010: il Tribunale amministrativo federale giudica priva di base legale la procedura di assistenza amministrativa prevista dall’accordo extragiudiziale firmato nell’agosto 2009 con Washington.

Febbraio 2010: la Germania decide di trattare con informatori in possesso di dati bancari sottratti illegalmente in Svizzera. A fine mese il land del Nordreno-Vestfalia acquista un cd con i dati di 1500 presunti evasori fiscali.

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