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Una preziosa goccia di latte nel mare dell’aiuto allo sviluppo

Djom Kossam, a Bamako un buon indirizzo per chi cerca latte fresco e ineccepibile Stephan Wullschleger

Mentre i prezzi del latte sul mercato internazionale salgono, un giovane ingegnere alimentare del Politecnico di Zurigo cerca di aiutare il Mali a sfruttare meglio la sua produzione.

Djom Kossam, un chiosco che vende latte pastorizzato a Bamako, è la dimostrazione di come anche un’iniziativa personale a basso costo possa diventare una valida forma di aiuto allo sviluppo.

Da qualche tempo, il latte si è ritagliato uno spazio sulle pagine d’economia dei giornali: la siccità, che ha messo in ginocchio la produzione in Oceania, combinata con un aumento della domanda – soprattutto in India, Cina e Europa dell’Est – ha fatto esplodere i prezzi. Lo scorso anno, sul mercato internazionale un chilo di latte in polvere costava tre franchi. Ora il prezzo è raddoppiato.

Ai contadini svizzeri – da sempre accusati di produrre a prezzi troppo alti e di usufruire di un aiuto statale che falsa il mercato – quest’evoluzione non dovrebbe dispiacere troppo: grazie anche all’euro forte, il latte svizzero è finalmente concorrenziale.

La situazione preoccupa invece uno dei paesi più poveri al mondo: il Mali. La produzione indigena è insufficiente per qualità e quantità. Inevitabile, quindi, l’acquisto all’estero di latte in polvere.

Eppure il Mali, potrebbe produrre più latte, solo che, come scriveva qualche tempo fa il quotidiano maliano L’Essor, «il settore è handicappato da un certo numero di ostacoli: difficoltà di raccolta del latte locale, debole capacità di trasformazione delle aziende esistenti e carattere estensivo dell’allevamento, che fa sì che il latte venga prodotto lontano dai grossi centri di consumazione». Un problema, quest’ultimo non irrilevante: per un contadino che vive senza acqua corrente e senza elettricità è difficile portare il latte in una latteria a 100 chilometri di distanza senza che vada a male.

Da ricercatore ad imprenditore

Proprio per facilitare la raccolta del latte nei dintorni della capitale Bamako, la sezione svizzera di Veterinari senza frontiere ha lanciato dei progetti in collaborazione con la Direzione dello sviluppo e della cooperazione.

A dare una mano, nel suo piccolo, ci si è messo anche Stephan Wullschleger. La sua storia è la dimostrazione che quando è ben pensato, l’aiuto allo sviluppo può essere efficace anche con poco: 4’000 franchi sottratti al budget per le vacanze e patti chiari con i partner locali. Il chiosco «Djom Kossam» – letteralmente «donna che vende latte» – è nato così e in soli sei mesi ha messo il bilancio in pareggio.

«In Mali ci sono arrivato come ricercatore», racconta Wullschleger, un ingegnere alimentare del Politecnico di Zurigo che per il suo dottorato sta lavorando su una coltura di batteri che dovrebbe permettere di migliorare la qualità e la sicurezza del «fené», un latticino tipico del Mali. «Durante uno dei miei soggiorni ho conosciuto Aguibou Sall, un veterinario che mi ha parlato molto del settore lattiero del suo paese. A un certo punto gli ho chiesto perché non vendeva del latte a Bamako e la risposta è stata: non ho i soldi per metter su un negozio».

Fatti i debiti calcoli, Wullschleger si è detto: «Ho speso denaro per cose più stupide, apriamo questo chiosco». Era il maggio del 2005, e a due anni di distanza l’ingegnere alimentare ha la certezza di non aver investito male i suoi risparmi. «Djom Kossam funziona bene, dà lavoro a tempo pieno a due persone e Aguibou si occupa della gestione».

Più mucche, più latte

Il segreto del successo di Djom Kossam sta nella capacità di tenere il latte al fresco e di garantirne quindi la qualità. Oltre al chiosco, il latte è venduto anche a domicilio – un lattaio in bicicletta si occupa della distribuzione nei quartieri – e, da qualche tempo, in alcuni supermercati.

«Ora sarebbe bello poter crescere, dare lavoro a più persone», commenta Stephan Wullschleger. La domanda c’è, la buona volontà pure e la situazione politica del Mali è stabile al punto da non far temere di perdere tutto da un giorno all’altro. Ma a mancare è proprio la materia prima, il latte.

Ecco allora che per passare dagli attuali 90 litri di latte al giorno ai 1’500 litri che sono l’obiettivo per il 2013, Stephan Wullschleger ha avuto un’altra idea: fornire le mucche ai contadini. «Per ora il progetto è ancora in fase embrionale. Si tratta di trovare persone in Svizzera disposte a comprare una mucca, darle un nome ed affidarla ad un contadino del Mali».

Da lontano

Stephan Wullschleger è convinto che Djom Kossam farà molta strada. L’esperienza di questi ultimi anni gli ha permesso di instaurare un rapporto di fiducia con i suoi partner in Mali. «Per me questo è fondamentale. Non volevo solo dare del denaro. Mi arrabbio moltissimo quando mi sento dire “sei svizzero, la Svizzera è ricca, cosa ti costa darci qualcosa?” Ma quando trovi persone con delle buone idee, che sanno far fruttare l’aiuto che ti chiedono, allora dare è bello».

E per farlo non c’è bisogno di essere in loco. «Non penso che mi trasferirò mai in Mali», dice Wullschleger. «Continuerò certo a seguire il progetto, ma non sarò in prima linea. Se la devono sbrigare loro. Troppe volte ho sentito di persone che sono andate in Africa, hanno messo in piedi qualcosa di straordinario e poi quando sono tornate non hanno trovato più niente… Per questo credo che sia la gente del luogo a dover prendere l’iniziativa». Come dire: non dargli il latte, ma aiutali a creare le condizioni per averlo.

swissinfo, Doris Lucini

Il chiosco del latte Djom Kossam di Bamako è nato nel 2005 da un’idea di un ingegnere alimentare svizzero e di un veterinario maliano.
Capitale iniziale: 4’000 franchi.
Impiegati: due persone a tempo pieno e un gestore a tempo parziale.
Latte venduto giornalmente: 75-90 litri.
Obiettivo 2013: 20 impiegati, 1’500 litri di latte al giorno, fatturato di 820’000 franchi.

Il Politecnico federale di Zurigo (ETH) è attivo in Mali dal 2000. Promuove progetti di ricerca inerenti al latte con l’obiettivo di migliorare in modo sostenibile la produzione maliana. Collabora con l’Institut du Sahel, il Laboratorio veterinario centrale del Mali e l’Istituto tropicale svizzero.

Prendendo spunto dall’impegno dell’ETH e dal progetto «Latte sano per il Sahel» la sezione svizzera di Veterinari senza frontiere (VSF), sostenuta dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione, ha realizzato dei centri di raccolta del latte nei dintorni di Bamako.

Il progetto di VSF, per il periodo luglio 2005 – giugno 2008, ha un budget di 800’000 franchi. Tra gli obiettivi principali figurano il rafforzamento delle capacità istituzionali delle quattro cooperative attive nel settore, l’ottimizzazione della produzione (raccolta, trasformazione e commercializzazione del latte comprese) e la garanzia ai consumatori del rispetto di determinati standard d’igiene e qualità.

La crescita di Djom Kossam è frenata dalle forniture irregolari di latte, dovute ai periodi di siccità, e, in generale, ad una produzione insufficiente. Per garantire le forniture Stephan Wullschleger ha pensato di cercare degli sponsor disposti ad offrire delle mucche ai contadini.

Uno zebù, vaccinazioni comprese, costa circa 500 franchi. Comprarne uno significa migliorare la capacità dei contadini di produrre reddito, stimolare in modo sostenibile la produzione e il consumo di latte indigeno e, non da ultimo, più latte e più posti di lavoro per Djom Kossam.

Chi desidera più informazioni può contattare il fondatore di Djom Kossam all’indirizzo stephan.wullschleger@ilw.agrl.ethz.ch (tedesco, francese, inglese).

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