Prospettive svizzere in 10 lingue

Una diplomazia dal basso

Numerosissimi furono i lavoratori italiani impiegati nei lavori alla galleria ferroviaria del Gottardo (gottardo2002.ch) swissinfo.ch

Il presidente italiano Carlo Azeglio Ciampi è in visita ufficiale in Svizzera mercoledì e giovedì.

Le relazioni tra Svizzera e Italia sono tradizionalmente buone. L’emigrazione italiana è stata, fin dal 1861, un elemento centrale nei rapporti italo-svizzeri.

L’unificazione dell’Italia nel 1861 non interruppe i secolari contatti tra territori svizzeri e italiani, ma aprì anzi nuove prospettive di scambio.

Già pochi anni dopo l’Unità, nel 1868, Italia e Svizzera stipularono una convenzione sul domicilio e sull’attività consolare, basata sul principio di reciprocità, che dava ai cittadini di due paesi la possibilità di stabilirsi e di lavorare nell’altro paese.

«Un momento molto importante nei rapporti tra i due stati», sottolinea lo storico Mauro Cerutti. La convenzione fornì la base legale per la prima grande ondata migratoria dall’Italia alla Svizzera.

Ad attrarre la manodopera italiana in Svizzera nella seconda metà dell’Ottocento furono soprattutto le grandi opere ferroviarie, prima fra tutte la galleria del Gottardo, aperta nel 1882. Negli anni successivi il numero di italiani in Svizzera crebbe fino a superare le 200’000 unità nel 1910.

Tensioni



ll flusso migratorio fu all’origine di frequenti tensioni con la popolazione locale, sfociate in alcune occasioni in vere e proprie sommosse anti-italiane, come nel 1893 a Berna e nel 1897 a Zurigo.

Anche la presenza di anarchici e socialisti fra gli immigrati italiani ebbe ripercussioni sulle relazioni tra Svizzera e Italia. L’articolo di un anarchico italiano contro il governo Crispi e la monarchia italiana, pubblicato da una rivista ginevrina nel 1902, fu persino all’origine di un temporaneo congelamento dei rapporti diplomatici tra i due paesi.

La cesura della guerra



Con l’inizio della prima guerra mondiale, un numero molto elevato di lavoratori rientrò in Italia. «L’inversione di tendenza fu tanto significativa che solo nel secondo dopoguerra si sarebbero di nuovo raggiunte le cifre di immigrati del 1910-15», precisa Cerutti.

La guerra segnò in tutta l’Europa la fine di un’epoca in cui muoversi da un paese all’altro era relativamente facile. La Svizzera non fece eccezione, dotandosi di strumenti amministrativi e giuridici per controllare l’immigrazione.

L’epoca fascista



Già nel 1921, dunque ancor prima della marcia su Roma, sorse a Lugano uno dei primi fasci italiani all’estero. Dopo l’ascesa al potere di Mussolini, il movimento fascista allargò il suo influsso alle colonie italiane di tutta la Confederazione.

In Svizzera trovarono rifugio anche alcuni fuoriusciti antifascisti. La loro presenza suscitò talvolta frizioni con l’Italia. Si potrebbero citare ad esempi il celebre volo di Giovanni Bassanesi sopra Milano nel 1930, a bordo di un aereo decollato dal Ticino, o la collaborazione di Randolfo Pacciardi alla stampa socialista ticinese.

Numericamente molto più consistente fu l’esodo di profughi civili e militari dopo l’armistizio italiano dell’8 settembre 1943. Decine di migliaia di italiani fuggirono in Svizzera. Tra di essi vi erano molti esponenti della futura classe dirigente della Repubblica italiana.

Il dopoguerra



Se nel 1941 il numero di italiani in Svizzera era sceso a poco più di 90’000 persone, il flusso migratorio riprese a crescere nel dopoguerra. Nel 1960 i cittadini italiani in Svizzera erano quasi 350’000, nel 1970 oltre 580’000.

Già nel giugno del 1948 Svizzera e Italia raggiunsero un accordo in materia d’immigrazione, il primo del genere firmato dalla Svizzera con un altro Stato. Elemento centrale della convenzione era il tentativo di imporre un controllo statale sul reclutamento di manodopera da parte dell’economia privata svizzera.

«Gli imprenditori continuarono tuttavia ad aggirare in vari modi questo controllo», osserva Cerutti. «D’altro canto gli italiani dovettero cedere sull’aumento da 5 a 10 anni della permanenza minima dei lavoratori in Svizzera per ottenere il domicilio».

Nel 1949 l’accordo fu perfezionato con una convenzione sull’assicurazione sociale, in base a cui il lavoratori italiani potevano usufruire dell’Assicurazione vecchiaia superstiti (AVS), divenuta obbligatoria in Svizzera da pochi mesi.

Un nuovo accordo complessivo sull’immigrazione fu firmato nel 1964. Novità principale era la possibilità del ricongiungimento familiare dopo 18 mesi invece che dopo tre anni.

Tra iniziativa Schwarzenbach e crisi petrolifera



Ma la concessione da parte svizzera giungeva in un clima politico ormai avvelenato dalle campagne della destra contro il «pericolo d’inforestierimento». La cosiddetta iniziativa Schwarzenbach, volta a ridurre drasticamente il numero di stranieri in Svizzera, fu respinta di misura nel 1970.

Ciò che non poté l’iniziativa, lo fece la recessione del 1973-1974. Non rinnovando i contratti alla manodopera straniera, gli imprenditori svizzeri «esportarono la disoccupazione». «È difficile quantificare il numero di immigrati che dovette lasciare il paese», dice Cerutti. «Si trattava forse di 100-150’000 persone».

swissinfo, Andrea Tognina

In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.

Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR