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Una capotribù in cucina

Irma Dütsch porta i capelli così corti dai tempi dell'apprendistato swissinfo.ch

Irma Dütsch è una delle cuoche svizzere più famose del mondo: ma le massime onorificenze non le hanno fatto perdere la testa.

Prima di aprire il rinomato “Fletschhorn” a Saas-Fee, in Vallese, con il marito Hans-Jörg, è vissuta a lungo all’estero, negli Stati Uniti, in Messico e in Canada.

L’età le ha dato occhi ancora più penetranti di quelli che doveva avere da giovane: un lampo li attraversa quando le racconto che presso alcune culture ecuadoriane la donna anziana che serve la cena ha il potere più grande: quello di designare il capotribù.

Irma Dütsch ha esattamente quel tipo di carisma. Si sente che è abituata a dirigere. Da lei emana però anche un senso di viva ospitalità, senza smancerie.

Un’eredità delle sue radici contadine: è infatti originaria della Gruyère, uno dei paradisi culinari della Svizzera, da cui proviene la lussuriosa panna doppia, e perfino tripla, ingrediente irresistibile anche per la grande cuoca.

Una delle creazioni più originali di Irma Dütsch, la pollastra cotta nel fieno, è un’idea suggeritale dal ricordo del prosciutto al fieno della sua regione.

A quattro anni la donna che è stata nominata «cuoco dell’anno» nel 1994, e una delle poche ad avere ottenuto 18 punti nella guida Gault Millau, già sapeva di voler diventare chef. Non aiutante o secondo cuoco, proprio capo supremo dei fornelli.

Il sapore dolce-amaro della vita

«Avevamo una fattoria e la cucina era il centro di tutto. Si respiravano dei buoni odori e poi c’era sempre da mangiare e da ridere. Per questo volevo diventare cuoca. Perché pensavo che fosse così dappertutto.»

Nel suo cammino verso i massimi vertici della gastronomia internazionale Irma ha viaggiato in tutto il mondo, e conosciuto anche cucine tristi. Chef ubriaconi che tirannizzavano il personale. Pentoloni di cinquanta chili da trasportare da sola, per dimostrare di esserne capace, come i maschi.

Poi, diventata proprietaria di ristorante, alla fatica fisica si è aggiunto lo stress di dover restare concentrata per ore e ore, per dare sempre il meglio ai clienti, sette giorni su sette durante l’alta stagione. Ma dietro una gran donna c’è anche un grande uomo. Il marito, pure lui chef, che si occupava di tutta la parte amministrativa e della cantina.

Applausi a pranzo e a cena

Se ancora oggi sono poche le donne «chef», ai suoi tempi Irma Dütsch era una mosca bianca. «Non ci veniva data la possibilità di imparare. Io ho chiesto di fare l’apprendistato dappertutto nella Svizzera romanda, negli hotel, nei ristoranti.

Nessuno mi voleva, o al massimo come aiuto-cuoca o cameriera. Nella svizzera tedesca invece le donne le prendevano già, ma non nei ristoranti, piuttosto negli ospedali. Io però volevo essere una vera cuoca.»

Come una musicista, o un’artista, anche la grande chef riceve forza dall’applauso del pubblico. «È un lavoro duro, ma la soddisfazione sta nel riuscire a rendere felici gli altri. Ricevere complimenti tutti i giorni a pranzo e a cena», dice.

Cuochi svizzeri e massaie thailandesi

Adora viaggiare, ma non tornerebbe a vivere all’estero, come ha fatto all’inizio della sua carriera: «In qualunque parte della Svizzera mi sento a casa, ma mi mancava molto il mio paese quando ero in Messico o in Canada».

Ora che ha ceduto il suo ristorante, il rinomato Fletschhorn di Saas-Fee, partecipa ancora più spesso a serate speciali ed inaugurazioni, festival e meeting del gusto un po’ in tutto il mondo. Ma trova anche il tempo di impegnarsi in opere di volontariato, come per un ospedale della Croce rossa in Sud Africa dove vengono curati i bambini ustionati e maltrattati.

«Non si riesce a guardarli per più di un’ora. Ti fa troppo male al cuore. Ma ho un ricordo bellissimo di centinaia di persone, tra cui Nelson Mandela, neri e bianchi seduti alla stessa tavola, felici di celebrare la fine della discriminazione razziale».

«Quello che mi è sempre piaciuto nel cucinare all’estero, specialmente in Asia, è vedere l’immensa cultura culinaria che hanno quei popoli». Secondo Irma Dütsch se è vero che la Svizzera è più forte dei paesi confinanti nel settore dei ristoranti di alta gamma, per merito di una certa fierezza e perfezionismo tipici degli svizzeri, il rischio è di diventare arroganti.

«Ci sono dei cuochi che credono di essere i migliori del mondo. Ma non è così. Basta vedere cosa riesce a fare qualunque donna in Thailandia, che con un po’ di erbette e dell’acqua sa preparare una buona minestra.»

Se il peccato di gola è considerato il primo e all’origine di tutti i mali nella cultura occidentale, colpa della mela di Eva, non bisogna dimenticare che il frutto proibito ci ha fatto perdere l’innocenza, ma acquistare la saggezza.

Eccone un assaggio alla Irma Dütsch: «I cuochi che credono ai premi e alle stelle cadono in depressione quando le perdono. Io non mi sono mai presa troppo sul serio. Preferisco le stelle in cielo».


swissinfo, Raffaella Rossello, Saas-Fee

Irma Dütsch è la cuoca svizzera più quotata.

È stata «chef dell’anno» Gault Millau nel 1994.

Ha ottenuto 18 punti nell’omonima guida gastronomica.

La guida Michelin le ha attribuito una stella su tre.

Ha vinto la Clé d’Or e molti altri premi.

Gli ingredienti preferiti da Irma Dütsch: lo zafferano e la panna doppia della Gruyère. Tra le sue specialità, la pollastra cotta nel fieno.

Per ricevere le maggiori onorificenze concesse ad un cuoco non basta essere il migliore in cucina. Ci vuole anche il contorno giusto: un bel ristorante, un team affiatato, arredi e decorazioni eleganti.

Hans-Jörg, il marito di Irma, ha sempre ricoperto il ruolo complementare di responsabile del servizio e dei vini, ricompensato nel 1992 con la «Coupe de l’accueil».

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