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Un treno tra nevi eterne e cielo

La parete a picco dell'Eigerwand: all'inizio del Novecento nessun uomo l'aveva ancora scalata, ma i primi turisti già si affacciavano dalla terrazza della stazione Eigerwand. Jungfrau Express, de Prato-Bücher

Cento anni fa s’inaugurava la stazione dell’Eigerwand. Scavata nella roccia delle Alpi bernesi sarebbe di lì a poco diventata l’anticamera della Jungfraujoch, la stazione ferroviaria più alta d’Europa.

Tra pareti a picco e ghiacciai inviolati il treno portò i turisti di tutto il mondo. Una storia d’amore che non accenna a tramontare.

Le si vede già da Berna, stagliarsi imponenti nell’azzurro del cielo, con il loro manto bianco e le impressionanti pareti di roccia: Eiger, Mönch e Jungfrau, tre montagne il cui nome viene pronunciato d’un soffio, quasi si trattasse di una trinità.

Sacre, inviolabili e temibili: così vengono dipinte le montagne dalle leggende alpine, almeno fino ad inizio Novecento, prima che conquistare una vetta diventasse uno sport. Dovevano essere tempi pieni di paura e timorosa riverenza quelli di quando là dove i mortali non osavano abitavano i demoni.

Sensazioni che rimangono impresse nei nomi, come quello dello Schreckhorn, il “picco dello spavento”. Unica ad avere un nome apparentemente gentile è proprio la Jungfrau, la “vergine”, ma non si tarda a capire che verginità rima con inaccessibilità e che il pegno per chi tenta di violarla è la morte.

Dall’Oriente per vedere la leggenda

Oggi il timore ha lasciato spazio all’ammirazione. Chi attraversa in treno l’Oberland bernese non può non rimanere affascinato dallo spettacolo offerto dalla cornice naturale delle montagne. Quando poi, dopo aver preso il trenino a cremagliera che dalla stazione della Kleine Scheidegg (2061m) porta allo Jungfraujoch (3454m), si lascia spaziare lo sguardo sul mare di ghiaccio sottostante e sulla valle verdeggiante in lontananza, si può capire perché questa meta sia tanto amata dai turisti.

Battezzata «Top of Europe», la stazione dello Jungfraujoch è una calamita soprattutto per i turisti asiatici. Giapponesi davanti a tutti – contatti con ospiti del paese del sol levante sono stati intrecciati già prima della Seconda guerra mondiale –, ma anche Indiani, Sudcoreani e Tailandesi.

«La crisi economica e la polmonite atipica hanno frenato un po’ i turisti, ma non possiamo dire di avere dei problemi» confida a swissinfo Peter Wenger, portavoce delle Ferrovie della Jungfrau (Jungfraubahnen). «Ogni anno sono più di 500’000 le persone che raggiungono la stazione dello Jungfraujoch».

Con l’aiuto di Bollywood

E nonostante i capricci della montagna, che da un momento all’altro può avvolgersi in un manto di nebbia che nasconde il sole e toglie la vista, i visitatori sembrano tutti soddisfatti. Come il gruppo di indiani che con i loro abiti dai colori sgargianti si tira ridendo delle palle di neve, o la giovane coppia di Hong Kong che ha scelto questa come meta del suo primo viaggio in Europa.

«Bellissimo, sono molto felice», mi confida una turista giapponese dal sorriso irresistibile. Il suo inglese finisce qui, ma non l’espressione della sua felicità che passa attraverso una serie di esclamazioni e gridolini estatici. La stessa soddisfazione si legge sul volto di un sessantenne indiano. «L’ispirazione per questo viaggio mi è venuta l’anno scorso guardando un film di Bollywood».

Già, Bollywood, la mecca del cinema indiano, innamorata delle Alpi svizzere. O forse sarebbe meglio dire della montagna, di quella montagna che è elemento integrante di una parte della mitologia indiana. Solo che il Kashmir è ora inaccessibile a causa delle continue tensioni tra India e Pakistan e i produttori preferiscono trasferire i set in Svizzera.

Uomo e natura: sinergia

La bellezza della natura e la costruzione della ferrovia della Jungfrau si sono rivelate una manna per la regione, che vive oggi essenzialmente di turismo. Manuel Martins lavora da 17 anni come cameriere al ristorante che si trova al capolinea dello Jungfraujoch e coi turisti si trova bene. Soprattutto con i giapponesi: «Basta essere gentili e sono contenti». Problemi a lavorare a 3454 m d’altitudine? «No, saliamo tutti i giorni e ci siamo abituati. Solo quando torniamo dalle vacanze dobbiamo fare i conti con qualche capogiro e con la stanchezza».

Certo, negli ultimi anni la crisi economica si è fatta sentire. Ma è stata bilanciata dal ritorno d’immagine seguito alla decisione dell’Unesco, che nel 2001 ha dichiarato la regione della Jungfrau patrimonio naturale dell’umanità. «Per noi la scelta dell’Unesco è stata molto importante» afferma Peter Wenger. «È la prova che in cento anni di storia siamo riusciti a sposare il turismo con il rispetto di questa natura straordinaria. E per la gente c’è la garanzia che si farà il possibile affinché la regione mantenga il suo aspetto odierno».

Un aspetto caratterizzato anche dalla stazione dello Jungfraujoch e dall’osservatorio Sphinx, situato poco più in alto. Ma senza costruzioni umane sulla vetta della Jungfrau: Adolf Guyer-Zeller, l’uomo che nel 1893 progettò la ferrovia della Jungfrau avrebbe probabilmente insistito per arrivare fin lassù, a 4158 m d’altitudine. Gruyer però morì nel 1899, prima di vedere realizzato il suo sogno. I lavori, che presentarono più inconvenienti del previsto, si fermarono nel 1912 con la stazione dello Jungfraujoch. La “vergine” era riuscita a precludere all’uomo l’accesso alla sua vetta.

swissinfo, Doris Lucini, Jungfraujoch

1893: Adolf Guyer-Zeller schizza il progetto della ferrovia della Jungfrau
1896-1912: Periodo di costruzione della ferrovia
11’827 m: la lunghezza dei binari
7’561 m: la lunghezza totale delle due gallerie
3454 m d’altitudine: la stazione dello Jungfraujoch è la più alta d’Europa
515’000 visitatori nel 2002

28 giugno 1903: con una piccola festicciola s’inaugura la stazione intermedia dell’Eigerwand. Scavare una galleria nella roccia del massiccio dell’Eiger si è rivelato più complicato del previsto: sei minatori hanno perso la vita maneggiando dell’esplosivo, i lavori sono in ritardo e l’ansia di continuare in direzione della Jungfrau è grande. Non c’è quindi molto tempo per festeggiare, anche se tutti sono soddisfatti.

La stazione entra subito in servizio. La gente che sale per affacciarsi dalla terrificante parete nord dell’Eiger – scalata per la prima volta solo nel 1938 – contribuisce col prezzo del biglietto al finanziamento dei lavori.

Oggi, a cento anni di distanza, la stazione nella montagna, non ha più le balaustre di un tempo ma delle vetrate, dalle quali i turisti di tutto il mondo possono ammirare in sicurezza il paesaggio sottostante. E proteggersi dai venti gelidi: la temperatura media della stazione si aggira infatti intorno ai

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