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Un soldato confessa l’omicidio della sedicenne a Zurigo

La fermata del bus a Zurigo dove venerdì sera è avvenuto il dramma Keystone

Una recluta di 21 anni dell'esercito svizzero ha confessato di essere stato lui ad uccidere venerdì sera a Zurigo con il suo fucile la 16enne che si trovava alla fermata di un bus.

Per i promotori dell’iniziativa popolare “Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi” il fatto di sangue dimostra ancora una volta che fucili e pistole d’ordinanza devono restare negli arsenali.

Uccisa a 16 anni senza alcun motivo apparente da un 21enne che aveva da poco terminato la scuola reclute e che le ha sparato con il fucile dell’esercito: è stato questo, secondo le ultime informazioni, il tragico destino di Francesca, l’apprendista di origini italiane freddata venerdì sera a Zurigo da un proiettile che l’ha raggiunta mentre si trovava in compagnia di un coetaneo alla fermata di un bus.

La procura zurighese ha reso noto martedì che il giovane fermato negli scorsi giorni ha confessato. Testimoni lo hanno visto la sera di venerdì scorso nelle vicinanze della fermata del bus dov’è avvenuto l’inspiegabile delitto: indossava una giacca mimetica ed aveva con sé il fucile d’ordinanza dell’esercito svizzero.

Moventi non chiariti

Gli inquirenti zurighesi hanno chiesto al giudice di ordinare la detenzione preventiva del sospetto. L’esatta dinamica dei fatti e il possibile movente non sono ancora chiariti, precisa in una nota il ministero pubblico zurighese.

La giovane vittima era un’apprendista parrucchiera di origine italiana, ma cresciuta in Svizzera e domiciliata a Zurigo. Venerdì sera si trovava insieme con un amico portoghese sotto una pensilina di una fermata del bus della linea 80 sull’Hönggerberg, in una zona collinare circondata da campi e da qualche abitazione.

Francesca aspettava assieme all’amico il bus che avrebbe dovuto portarla a casa. Intorno alle 22.15 si è improvvisamente udito uno sparo e la giovane, colpita da un proiettile al petto, si è accasciata, morendo prima ancora dell’arrivo dell’ambulanza.

La vicenda ha sollevato profondo cordoglio nella città sulla Limmat: sono stati numerosi negli scorsi giorni i giovani che hanno visitato la fermata del bus dov’è avvenuto il delitto, lasciando sul posto fiori, fotografie e bigliettini d’addio.

Arma d’ordinanza

Il ministro della difesa Samuel Schmid, attualmente in visita ufficiale in Liberia, si è detto scioccato da quanto accaduto, anche perché l’assassino ha agito usando la sua arma d’ordinanza.

Secondo i promotori dell’iniziativa popolare denominata “Per la protezione della violenza perpetrata con le armi”, la vicenda dimostra ancora una volta quanto sia pericoloso lasciare in circolazione nel paese così tante armi.

La consigliera nazionale socialista Chantal Galladé – tra i membri del comitato a favore dell’iniziativa – si è detta sorpresa del fatto che l’assassino fosse in possesso di munizioni. L’esercito dovrebbe aver smesso di distribuire delle pallottole ai militari che rientrano a casa, ha indicato.

François Garraux, portavoce del Dipartimento della difesa, ha indicato che alla fine della scuola reclute viene effettuato un controllo dell’arma d’ordinanza per assicurarsi che non vi siano più pallottole nel caricatore. L’inchiesta dovrà ora determinare come l’assassino si è procurato le munizioni.

Fucile sì, munizioni no

A fine settembre, il parlamento ha approvato una mozione che vieta di consegnare ai soldati munizioni da tenere in casa con l’arma militare.

Le Camere federali avevano rifiutato di compiere lo stesso passo per le armi. Per questa ragione è stata lanciata l’iniziativa che domanda di lasciare le armi d’ordinanza negli arsenali. I promotori dell’iniziativa popolare – ha indicato Chantal Galladé – hanno finora raccolto 25’000 delle 100’000 firme necessarie per far sì che sia il popolo ad esprimersi.

Quello che è successo è “inaccettabile”, ha dichiarato da parte sua la presidente della Confederazione Micheline Calmy-Rey ai microfoni della TV svizzero tedesca. La decisione di non dare più le munizioni ai soldati è soltanto un primo passo. Per la consigliera federale, si dovrà ora discutere se non sia il caso di togliere anche i fucili dagli armadi degli svizzeri.

swissinfo e agenzie

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In Svizzera i soldati – che nel corso del loro periodo attivo seguono oltre alla scuola reclute diversi corsi di ripetizione – devono conservare a casa il loro equipaggiamento personale (arma, divisa, ecc.).

Sempre più spesso, l’affidamento dell’arma ai soldati è oggetto di critiche. Secondo alcune stime, ogni anno le armi militari sono all’origine di 300 morti.

Un’iniziativa popolare denominata “Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi” è allo stadio della raccolta delle firme. Essa chiede di introdurre un divieto di conservare le armi d’ordinanza al proprio domicilio e di custodirle in arsenale.

Un sondaggio realizzato la scorsa primavera parla di un 65,6% di cittadini favorevole ad un divieto delle armi a domicilio. Il 37% è convinto che questo divieto avrebbe come conseguenza una riduzione dei drammi famigliari.

Si stima che in Svizzera il numero di armi da fuoco in circolazione si situi tra 1,2 e 2 milioni.

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