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Un secolo di storia per il Partito comunista cinese

persone rendono omaggio alla statua di Mao Tse-Tung.
Il Museo rivoluzionario di Yan'an, capitale dell'esercito comunista di Mao Tse-Tung, è una delle mete di 'pellegrinaggio' dei comunisti cinesi. Keystone / Roman Pilipey

Nel luglio di cent'anni fa veniva fondato il Partito comunista cinese. Un partito e un paese confrontati con grandi cambiamenti e sfide inedite.

Ventitré luglio 1921: in una casa che si trova nella zona della concessione francese di Shanghai si riuniscono 13 delegati provenienti da sei province cinesi, in rappresentanza di 57 aderenti per tutta la Cina. È l’atto fondatore del Partito comunista cinese. Tra i 13 delegati vi è anche colui che quasi 30 anni dopo, il primo ottobre 1949, al termine di una guerra civile che ha lasciato il Paese esangue, proclamerà dal balcone della Città Proibita la fondazione della Repubblica Popolare Cinese: Mao Tse-Tung.

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A oltre 70 anni dalla presa del potere, il partito unico è sempre saldamente al potere. Le sfide con cui è confrontato sono però numerose. La Radiotelevisione svizzera ne ha individuate tre.

Questione demografica

Dopo decenni in cui ha dominato la politica del figlio unico, abolita nel 2013, la Cina ha decisamente cambiato passo.

Il 31 maggio scorso, il Partito comunista ha deciso che i cinesi devono fare più figli e ha quindi alzato il limite delle nascite a tre per famiglia.

Una svolta che però non convince tutti: buona parte della popolazione è ormai dell’opinione che una vita di qualità corrisponde a una famiglia poco numerosa.

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Gli “sdraiati”

Sì, è proprio il titolo del romanzo di Michele Serra, ma con lo scrittore italiano non vi sono legami, anche se l’essenza è del fenomeno è proprio quella descritta dall’autore. “Tang Ping” in cinese significa appunto “sdraiarsi” ed è così che si definiscono “quei giovani schifati che dicono di no alla realtà attuale e che si sono ormai sdraiati lunghi e distesi”, come si legge su un manifesto comparso in rete e poi censurato.

Una forma di ribellione molto diversa da quelle del passato: “Non è né un atteggiamento negativo di totale rifiuto del sistema, né un tentativo di sovvertirlo. Non è né un atteggiamento negativo di totale rifiuto del sistema, né un tentativo di sovvertirlo. Si tratta invece di una ribellione molto moderata nei toni ma applicata al quotidiano e quindi non meno efficace. Il capitalismo si basa sui consumi e se io decido di non consumare, non è che vado a dar fuoco alle fabbriche o a boicottare certi prodotti; semplicemente non consumo, come individuo, e questo mina il sistema alle fondamenta”, riassume Lu Xiaoyu, professore all’Università di Pechino.

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Le campagne

Il boom economico degli ultimi anni ha visto protagoniste soprattutto le città, mentre le campagne hanno approfittato in misura minore della crescita.

Il divario sociale ed economico tra città e mondo rurale si è accentuato, ma per cercare di colmarlo da qualche anno il Partito comunista ha riportato al centro dell’attenzione le campagne.

Tra chi si batte per la causa dei “villaggi tradizionali”, vi è lo scrittore ottantenne Feng Jicai.

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