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Un passaporto italiano ai giovani “vittime” della Brexit?

Dopo Brexit: una possibilità per i giovani? ANSA

Cosa fare nel post-Brexit per (magari) infliggere un dispetto alla Gran Bretagna, e lanciare invece un messaggio di simpatia a quei giovani britannici che maggioritariamente hanno votato per il "remain" nell'Unione Europea e che si sentono vittime dello "strappo" dall'UE? A quelli che studiano da noi, "diamo la cittadinanza italiana", è stata la "genialata" di Matteo Renzi. E pare che la proposta del premier non abbia lasciato del tutto indifferenti alcuni suoi colleghi UE.

L’oriundo, si sa, è merce piuttosto consolidata nel Bel Paese. In tempi difficili (ci furono le code davanti all’ambasciata e ai consolati italiani d’Argentina quando migliaia di discendenti di emigrati cercarono di sfuggire alla gravissima crisi economica del paese in default), ma la pratica ha pervaso soprattutto il mondo del pallone.

A proposito, quanti sanno che il primo oriundo della nazionale azzurra fu proprio uno… svizzero, tale Ermanno Aebi (padre milanese e madre rossocrociata), mezzapunta di talento, giocatore dell’Inter, squadra co-fondata da alcuni svizzeri, e che nei primi due campionati addirittura schierava più elvetici che italiani? Aebi, due presenze in nazionale, 4 reti, un figurone contro la Francia a Parigi e una batosta rimediata dalla Svizzera in quel di Berna. Poi ci furono gli oriundi leggendari, come Sivori. Oggi, i più modesti Eder e Thiago Motta.

Siamo ora agli oriundi universitari d’oltremanica, decisi a ricevere un passaporto italiano pur di non perdere la “cittadinanza” europea cancellata dalla secessione britannica? Pare che l’idea del premier abbia smosso più di un interesse, aprendo la caccia alla cittadinanza “azzurra”. Una sessantina, racconta il “Corrierone”, quelli che hanno subito cominciato a frugare nelll’album di famiglia per scovare fra nonni e bisnonni italiani, emigrati tanto tempo da nel Regno di sua Maestà. Pre-condizione indispensabile per avviare subito le necessarie pratiche di doppia cittadinanza.

Tra chi si affida alla regola dello “jus sanguinis”, c’è chi abita a Londra, mentre altri vivono nella Scozia a netta maggioranza europeista, oggi nuovamente tentata dall’indipendenza. Da Glasgow, Marisa dice di sentirsi orfana dopo la Brexit, e di aver già avviato la pratica per lei e per i due figli, invocando l’italianità del bisnonno. “Soffocata” si sente anche Natasha, padre ex alpino di Murano, che attraversò la Manica inseguendo un’inglesina. “Paura per il futuro”, è la motivazione di David, il cui padre di origine italiana, dice, ha contribuito molto e positivamente alla vita della comunità britannica che lo aveva accolto. “Speravo di poter continuare a sventolare le due bandiere, mentre ora ho l’impressione che la Gran Bretagna abbia deciso di negarmi questa doppia identità”, è invece il motivo che spinge Kevin, figlio di un’italiana che per mezzo secolo ha lavorato per il celebrato sistema sanitario inglese.

L’avanguardia di un piccolo esercito di oriundi? Oppure soltanto le avvisaglie di una delusione che presto sbollirà? Anche perché rimangono ancora imperscrutabili gli effetti del divorzio del secolo.

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