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Un nuovo delta per la biodiversità

Zona di transizione fra fiume e lago, il delta del Ticino è un regno di biodiversità Dipartimento cantonale del Territorio

Per le Bolle di Magadino, serbatoio di biodiversità di rilevanza internazionale sulle rive settentrionali del Lago Maggiore, è iniziata una nuova epoca: la rinaturazione della foce del fiume Ticino permetterà una dinamica deltizia attiva che risponderà alle esigenze ambientali e sociali.

Il 5 maggio 2010, data dell’inaugurazione ufficiale del “Delta vivo”, come è stato denominato il progetto che ha ridato all’ultimo tratto di fiume il percorso naturale, resterà iscritto negli annali della tutela delle zone umide. Sarà ricordato come il giorno del coronamento di decenni di sforzi per “il ripristino di un tesoro della biodiversità, ossia un paesaggio naturale intatto di importanza nazionale ed europea”, secondo le parole del ministro svizzero dell’ambiente Moritz Leuenberger.

Un giorno di festa in cui il protagonista principale, il fiume Ticino, ha fatto sfoggio del ritrovato vigore, sembrando quasi voler ricompensare l’impegno di coloro che per decenni hanno combattuto perché potesse riprendere il suo corso naturale. Per la prima volta, da quando sono terminati i lavori di rinaturazione, alla fine dello scorso novembre, a seguito delle abbondanti piogge dei giorni precedenti, il delta è stato completamente inondato.

Dunque, per gli astanti niente passeggiata in riva al nuovo canale laterale o sulla nuova isola costruiti nell’ambito della rinaturazione, ma la dimostrazione concreta che il fiume ha già cominciato a svolgere il suo lavoro di modellazione del territorio. “Basta una bella piena e la foce cambia volto. Ora possiamo stare a guardare. Al resto provvederanno Giove Pluvio e Madre Natura”, ha detto Luca Vetterli, rappresentante delle organizzazioni Pro Natura, WWF e Birdlife.

Da ideale a opera concreta nel segno del cambiamento

Di acqua, tuttavia, ne è scorsa moltissima nel letto del Ticino prima che il fiume, “anima delle Bolle”, potesse muoversi di nuovo liberamente al centro di questa riserva naturale. A questo risultato, infatti, si è giunti solo dopo più di mezzo secolo di occupazione industriale e quasi quarant’anni di battaglie legali.

Storie di abusivismo e di connivenze politiche che per decenni hanno consentito a un gruppo industriale di proseguire la produzione di calcestruzzo nel bel mezzo di una zona protetta. Intanto i difensori della natura si battevano invano per porvi fine.

Due azioni sono infine riuscite a smuovere le acque, ha ricordato Luca Vetterli, che per 38 anni ha lottato in prima persona: un’inchiesta del giornalista televisivo Ruben Rossello, nel 2001, e l’invio di circa 7’500 e-mail nel giro di pochi giorni al direttore del Dipartimento cantonale del territorio Marco Borradori, nel 2002. Lo stesso Borradori ha confermato che quei fatti sono stati determinanti nella sua volontà di trovare una soluzione.

Secondo Vetterli, la svolta nella vicenda delle Bolle di Magadino è indicativa di un cambiamento di mentalità che fa presagire tempi di maggior rispetto per la natura. Un parere condiviso da Willy Geiger, vicedirettore dell’Ufficio federale dell’ambiente e presidente della Fondazione Bolle di Magadino, per il quale si tratta di “un gran passo avanti nella nuova filosofia della gestione dei corsi d’acqua: lasciamo spazio all’acqua, sempre ovviamente nei limiti imposti dalla sicurezza e il fiume riprenderà possesso del suo alveo”.

Condivisione con Lombardia e Piemonte

In quest’opera di riqualificazione ambientale del territorio, oltre alla sicurezza idraulica, si sono pure tenuti in grande considerazione anche aspetti sociali ed economici. Questo delta ridiventa vivo non solo per la flora e la fauna, ma anche per l’uomo, come luogo di svago e di apprendimento. A tal fine si creeranno un sentiero didattico e un centro d’accoglienza dei visitatori, cui si aggiungeranno nuovi collegamenti pedonali.

Marco Borradori ha pure sottolineato la dimensione transfrontaliera dell’operazione, quale “messaggio importante per la tutela delle foci nei laghi della Regio insubrica”. Per il direttore del Dipartimento ticinese del territorio, nella difesa di “un ecosistema che non conosce linee di confine”, è fondamentale “un impegno condiviso con i vicini lombardi e piemontesi”. Vicini ai quali si strizza l’occhio anche come potenziali turisti.

Tassello di una politica che guarda al futuro

Come il fiume che continua a scorrere, anche la protezione di quest’area di elevata diversità biologica non si ferma qui. La realizzazione del progetto Delta vivo costituisce il raggiungimento di un traguardo intermedio: punto di arrivo per la rivitalizzazione della foce del Ticino, è però un punto di partenza per progetti analoghi e per il consolidamento della tutela delle Bolle di Magadino.

Uno spinoso problema è già sul tavolo: l’ampliamento dell’aeroporto di Magadino. Il ministro elvetico dell’ambiente e dei trasporti ha invitato le parti in conflitto ad accettare il compromesso di allungamento della pista, affiancato da una serie di condizioni che permettono di non fare aumentare i rumori, in modo da non turbare gli equilibri di questa preziosa riserva naturale.

“Finché le Bolle di Magadino continueranno a gorgogliare e finché gli uccelli migratori si fermeranno qui, noi saremo in grado di risolvere i problemi di questo mondo”, ha concluso Moritz Leuenberger, invitando a tutelarle “per l’eternità”.

Sonia Fenazzi, Magadino, swissinfo.ch

Le Bolle di Magadino sono una delle nove zone alluvionali di pianura svizzere d’importanza internazionale.

Dal 1982 sono iscritte nella Lista delle zone umide da tutelare (Convenzione di Ramsar).

Sono caratterizzate da habitat rari e da una grande diversità botanica e faunistica. Costituiscono un importante sito di nidificazione e di sosta per uccelli migratori.

Il progetto Delta vivo è articolato su tre livelli.

Ambientale: ripristino naturalistico della foce del fiume Ticino.

Sociale:valorizzazione didattica e miglioramento della fruizione della riserva.

Regionale: integrazione della riserva delle Bolle di Magadino nella rete regionale di sentieri.

Intrapresi dopo lo sgombero degli impianti per la produzione di calcestruzzo e la fine del dragaggio del fiume, i lavori per la rinaturazione della foce del Ticino sono durati un anno (novembre 2008-novembre 2009).

Il risanamento interessa un’area di 8 ettari e ha comportato lo spostamento e il rimodellamento di 150mila metri cubi di materiale, interamente conservati in loco.

Per aiutare il fiume a creare il nuovo delta, sono stati smantellati 800 metri di diga interna, che è stata ricostruita nella nuova area di esondazione, ed è stato abbassato il letto del fiume. In tal modo si è creato un nuovo braccio del fiume e un isolotto centrale per la colonizzazione di flora e fauna. L’isola in futuro sarà rimodellata dalla naturale dinamica del fiume, che la sommergerà durante le piene.

Più della metà dei costi di 1,6 milioni di franchi è andata a carico della Confederazione. Il resto è stato coperto da Cantone, Fondo del paesaggio svizzero, Fondazione Binding, Aspu-Birdlife, Pro Natura e WWF.

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