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Un milione e mezzo per ogni morto dell’amianto

Nel 2006, sono state trasferite nella discarica di Baar, nel canton Zugo, le ultime placche di Eternit italiane Keystone

La Procura di Torino ha chiesto un risarcimento miliardario in favore delle vittime italiane dell'amianto che hanno lavorato negli stabilimenti del gruppo svizzero Eternit.

Per la prima volta è poi stato puntato il dito contro i due ex proprietari elvetici Thomas e Stephan Schmidheiny, messi sotto inchiesta per omicidio colposo e disastro colposo.

Dopo una lunga contesa – durante la quale sono state accumulate numerose prove e testimonianze – la vicenda dell’amianto è entrata in una nuova e decisiva tappa.

Il procuratore aggiunto di Torino ha chiesto 950mila euro (oltre un milione e mezzo di franchi) per ognuno dei duemila decessi sui quali sta indagando nel procedimento contro i vertici della multinazionale svizzera dell’amianto Eternit.

Il totale, che supererebbe i tre miliardi di franchi, rappresenta ben di più di quanto finora offerto nelle trattative informali degli ultimi mesi.

Proprietari sotto inchiesta

A dover rispondere della morte degli operai che hanno lavorato negli stabilimenti di Eternit, dei famigliari che sono entrati in contatto con le loro tenute da lavoro o di chi semplicemente ha abitato troppo vicino ai luoghi di produzione, saranno gli ex proprietari del gruppo.

La Procura di Torino ha infatti messo sotto inchiesta gli svizzeri Thomas e Stephan Schmidheiny – l’accusa è di omicidio colposo e di disastro colposo – ed il loro collega belga Jean-Louis de Cartier.

«L’attuale procedimento è estremamente importante per noi, siccome si tratta della prima volta che si tenta di chiarire la responsabilità degli ex proprietari», ha indicato sul quotidiano bernese «Der Bund» Sergio Sonetto, il rappresentante legale di alcune delle vittime che hanno lavorato nell’impianto di Casale Monferrato, in Piemonte.

Risarcimenti congrui

Accanto ai vari processi a carico dei dirigenti locali di alcuni siti di produzione, non era infatti mai successo che la magistratura puntasse il dito contro i tre industriali che dagli anni ’50 hanno progressivamente assunto il controllo dei cinque stabilimenti di Eternit in Italia.

Rammentando come la fabbrica di Casale e Cavagnolo (Piemonte), di Bagnoli (nei pressi di Napoli), di Rubiera (Reggio Emilia) e di Siracusa (Sicilia) abbiano preferito di uscire di scena scegliendo la via del fallimento volontario, Sonetto ha sottolineato che «si tratta dell’unica possibilità di ottenere risarcimenti congrui e non inaccettabili come quelli dei quali si è parlato informalmente fino ad ora».

«Ricostruire con esattezza gli assetti che controllavano Eternit in Italia e nel resto del mondo – dice sulle pagine del Corriere della sera – è poi essenziale per comprendere come, nonostante i sospetti diventati certezza che giungevano dai medici, la produzione e la lavorazione sia continuata e tuttora continui, dal Brasile alla Cina al Canada».

Indennizzo «astronomico»

Citato da «Der Bund», il portavoce di Stephan Schmidheiny ha dal canto suo reagito affermando che l’apertura dell’inchiesta nei confronti del suo cliente non è certo una sorpresa. Sulle spalle di Schmidheiny non pesa tuttavia alcuna colpevolezza, dal momento che «non ha avuto alcun influsso sulla dirigenza» degli stabilimenti italiani, ha dichiarato Peter Schürmann.

Il legale ha poi definito «astronomico» l’indennizzo richiesto, facendo notare che durante simili processi legati all’amianto svoltisi in Europa si è parlato di risarcimenti compresi tra i 20 e i 120mila euro a persona.

La pagina nera dell’amianto

La storia giudiziaria della «polvere che uccide» di Eternit – come l’hanno definita in molti – si protrae da decenni.

In Sicilia e in Piemonte, alcuni dirigenti italiani e svizzeri di Eternit sono già stati condannati a pene detentive e pecuniarie. Secondo l’accusa, si era a conoscenza della pericolosità dell’amianto, ma non è stato fatto abbastanza per proteggere gli operai.

Per aiutare le persone affette da malattie causate dall’amianto lavorato nei suoi due stabilimenti svizzeri – a Niederurnen nel canton Glarona e a Payerne nel canton Vaud – la Eternit Svizzera ha creato nel 2006 una fondazione dotata di un capitale di 1,25 milioni di franchi. Si stima che negli ultimi 50 anni, nelle due fabbriche elvetiche abbiano lavorato diverse migliaia di persone, 2’5000 solo dal sud Italia.

Trattandosi di fatti remoti, la paura più grande delle vittime e dei loro famigliari è di vedere il caso cadere in prescrizione. Nell’ottobre dell’anno scorso, le autorità giudiziarie glaronesi avevano ad esempio deciso di archiviare l’inchiesta a carico dei responsabili dell’azienda svizzera. Un ricorso è stato inoltrato presso il Tribunale cantonale.

Eternit ha espresso «rammarico» per i circa 50 decessi avvenuti in Svizzera, ammettendo che la sostanza si è effettivamente rivelata nociva. Informalmente, ha tuttavia accettato un primo confronto per discutere di risarcimenti indiretti alle vittime italiane solo a condizioni che non si giunga al processo.

swissinfo, Luigi Jorio

L’amianto è un insieme di minerali presente in alcune rocce. A partire dagli anni ’30 è stato utilizzato in diversi settori dell’industria e della tecnologia.

Per decenni è stato considerato un materiale estremamente versatile e ha trovato applicazione in molti campi. L’amianto è stato utilizzato per realizzare pannelli e lastre per la protezione antincendio e l’isolamento termico, così come nelle pastiglie dei freni e nelle frizioni per l’industria automobilistica.

Sebbene l’amianto non sia di per sé pericoloso, il rischio principale è legato alla presenza di microfibre che possono essere inalate e penetrare negli alveoli polmonari durante la sua lavorazione o manipolazione.

Una prolungata e intensa esposizione alle polveri di amianto può condurre – anche a decenni di distanza – a varie patologie polmonari, tra cui il carcinoma.

Nel 1975, la Svizzera ha bandito l’uso degli isolamenti in amianto floccato; dal 1990 è in vigore un divieto generale. In Italia, l’amianto è stato definitivamente proibito nel 1992.

Si stima che i decessi nel mondo dovuti alle fibre d’amianto siano 100mila all’anno.

Secondo l’Associazione di aiuto alle vittime dell’amianto, che ha recentemente pubblicato uno studio, 62 operai svizzeri e 26 italiani che lavoravano per Eternit sono morti di cancro. Decine di altri lavoratori si sono invece ammalati.

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