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La dolce vita dei gatti bernesi

cartello segnaletico con raffigurato un gatto
Attenzione, gatti in vista. © Keystone / Georgios Kefalas

In Svizzera vivono circa 1,6 milioni di gatti. E generalmente se la passano piuttosto bene.

E venne il giorno del terrore. Il peggiore incubo se hai un gatto che esce e torna quando vuole, è trovare la ciotola intonsa e dover concludere che hai perso il felino. Il nostro micio si chiama Tigre Tiger (bilingue italiano e tedesco, ovviamente), misura 95 centimetri di lunghezza ed è il più classico dei soriani. Buono come il pane, passa molto tempo in giro ma rientra per colazione e puntuale si presenta quando torniamo a casa la sera.

Sono cresciuta a Roma ed un gatto ce l’avevamo, ma era una di quelle creature timide che al massimo frequentano il balcone. È troppo pericoloso fare uscire il gatto nella mostruosa capitale, ci puoi scommettere, per dirla in romano, che finirà arrotato – ovvero, investito.

“Lo troveremo!”

Che meraviglia invece a Berna, città piena di gatti e di appassionati del genere, mici di tutti i colori e le forme che hanno vita autonoma, scalette e porticine ad hoc che consentono loro di vivere da gatti e tornare dalla loro famiglia umana quando ne hanno voglia e bisogno.

Ci ho messo anni ad abituarmi all’idea, all’inizio avevo paura, e proprio quando ormai ero avvezza a questo lusso, Tigre scompare. Dopo tre giorni di assenza, vado nel panico e imbraccio la tastiera del computer, mi attacco al telefono.

ritratto di serena tinari
Un’italiana a Berna – Rubrica semiseria di mediazione culturale Nata e cresciuta a Roma, la giornalista Serena Tinari vive dal 2002 nella capitale svizzera. In questa serie, che fa seguito a quella di Gaëlle Courtens da Roma, ci propone il suo sguardo sulla realtà svizzera e su usi e costumi confederati. tvsvizzera

Anzitutto lo stupore. L’organizzazione che si occupa di gatti e cani scomparsi, infatti, risponde al primo squillo. La signorina parrebbe avere una laurea in psicologia. Mi conforta, mi fa tutte le domande giuste e promette: ‘lo troveremo!’

Alla ricerca di Tiger

Sul loro sito bastano due click per preparare la locandina Wanted, lo stiamo cercando. Molte migliaia di volontari iscritti alla loro newsletter vengono subito messi in guardia sull’emergenza. Allibita da tanta efficienza, preparo il volantino, lo stampo e comincio a scarpinare ogni giorno e ogni sera per attaccarlo in tutta la città.

Procedo come indicano gli esperti, prima il quartiere, poi allarghi il raggio, mentre attacchi chiami ad alta voce il gatto, che potrebbe essere rimasto chiuso in una cantina, o magari si nasconde perché è ferito, ma sentendo la tua voce riesce a miagolare.

Sono state settimane pesanti, perché ce ne sono volute sei per ritrovarlo, un tempo eterno.

Prima di tutto rivolgersi all’ufficio competente

La cosa sconvolgente? Ho ricevuto una quarantina di telefonate. Persone che vedevano il volantino e mi segnalavano un gatto che forse era il mio. Persone che semplicemente volevano consolarmi e darmi consigli pratici. Una delle prime, mi segnalò che era imperativo che chiamassi il comune di Berna. Dico: ‘Come, scusi?’ ‘Certo, deve chiamarli’.

Perplessa, chiamo e subito mi passano l’ufficio competente. A Berna infatti gli spazzini sono tenuti a prendere nota ogni volta che trovano un gatto infermo o morto. I feriti vengono portati alla clinica veterinaria dell’università, i cadaveri vengono cremati ma prima di farlo, è obbligatorio riempire una scheda che descriva in dettaglio il caro estinto.

Escludono quindi che Tigre sia stato investito – l’avremmo trovato e schedato, dichiara il funzionario con tono che non ammette repliche. Penso alla mia città di origine, dove chiamare il comune per dire ho perso il gatto significa esporti a ridicolo e insulti.

Lieto fine

Infine, Tiger l’ho ritrovato. Mi ha telefonato una signora che abita a dieci chilometri da casa nostra, era un po’ che lo nutriva, si era piazzato nel suo giardino, molto dimagrito, non sapremo mai come ha fatto a percorrere tutta quella strada.

Ho dovuto avvisare tutte le persone gentili che avevano cercato di aiutarmi ed ho ricevuto in risposta un diluvio di messaggi accorati. Incredibile la solidarietà ed il sincero interesse umano e felino, sono convinta che a Roma questo non sarebbe mai successo. C’è che il popolo romano soffre, la vita quotidiana è un trekking nella giungla, nessuno ha tempo ed energia per correre appresso ad una gattara inconsolabile per la scomparsa del suo amico.

E i cani?

Pensavo di averle viste tutte, quando abbiamo perso il cane. Una cosetta di sei chili, un canuccio buffo, bruttino e molto anziano. Rocky Balboa era ormai zoppo, mezzo cieco e mezzo sordo e venne il giorno che eravamo a spasso, io mi distraggo un attimo per rispondere al telefono e quando mi volto lui è sparito.

Lo cerco invano ovunque e poi telefono a mio marito, disperata. Lui, serafico, mi fa: Hai chiamato la polizia? Dico ma stai scherzando? Lui tranquillo ‘Ma no scusa è la prima cosa da fare’. Incerta se ridere o piangere gli dico ‘Ma sei matto, avranno ben altre cose da fare’. Irremovibile, ghigna e ordina: ‘Telefona, fidati, ricordati che sei in Svizzera’.

Con un sottile imbarazzo chiamo la polizia cantonale bernese. Il funzionario non batte ciglio e mi dice subito dove si trova Rocky Balboa. Quel tonto di cane si era confuso, infilato in un appartamento altrui, piazzandosi bovino sul divano e la padrona di casa, una vera bernese, come prima cosa ha chiamato la polizia. Io credo che se a Roma chiami i carabinieri quando ti scompare il cane, rischi una denuncia per interruzione di pubblico servizio. A dirla tutta, c’è la possibilità che ti prendano per malata mentale, solo ad un lunatico può venire in mente che in una capitale le forze dell’ordine siano al servizio dei cittadini pelosi e a quattro zampe. In Elvezia? È normale.


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