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Un futuro ricco di alluvioni?

Locarno allagata - un'immagine destinata a ripetersi anche in futuro Keystone Archive

Gli esperti non si pronunciano: le recenti catastrofi naturali non si possono attribuire con certezza ai cambiamenti climatici e ancor meno all'influsso delle attività umane.

Quel che è certo: gli eventi climatici estremi si stanno moltiplicando.

Il clima sta cambiando e, in particolare, sta aumentando la temperatura media sulla Terra. Su questo, tutti sembrano d’accordo.

Ma l’unanimità finisce qui. Le tesi sulle cause di questi cambiamenti sono varie e controverse. E di conseguenza, è difficile stabilire quale sia l’origine dei fenomeni climatici estremi.

Per esempio, non si può ancora dire se singoli eventi, come le recenti intense precipitazioni che hanno dato luogo alle alluvioni nell’Europa centrale, siano o meno da attribuire ai cambiamenti climatici in atto.

Diverse tipologie di terreno

“Di certo, si può dire che le particolarità del terreno influiscono sulle conseguenze delle precipitazioni”, spiega Stephan Vogt, del gruppo di ricerca sui pericoli naturali presso il WSL, l’Istituto federale di ricerca di Birmensdorf.

“Nel canton Ticino, per esempio, dove le precipitazioni estreme sono più frequenti”, continua l’esperto, “il terreno assorbe meglio l’acqua che non in regioni come quelle appena colpite dalle alluvioni, dove piogge di tale intensità sono fenomeni molto più rari”.

Per sottolineare l’importanza delle caratteristiche del terreno, Stephan Vogt sottolinea come la quantità d’acqua della piena che ha colpito in questi giorni Dresda sia di poco superiore a quella che toccò Basilea, durante la Pentecoste di tre anni fa.

Con la differenza che le conseguenze, a Dresda, sono molto più catastrofiche.

Attività umane

Per quanto concerne le attività umane – dighe, strade, urbanizzazione, agricoltura – è difficile stabilire che influenza possano avere sull’esito catastrofico di eventi naturali estremi.

“È vero che l’Elba scorre in una valle molto piatta, dove una volta aveva molto più spazio a disposizione per formare meandri e straripare”, ammette Stephan Vogt. Mentre ora il fiume deve scorrere entro gli argini, in una sorta di corsetto, e quando arrivano piene eccezionali le misure di sicurezza non sono sempre sufficienti.

Tuttavia, è molto difficile dire in che misura gli insediamenti umani influiscano sulla gravità delle alluvioni. A titolo di esempio, Stephan Vogt ci ricorda che già nel 1342 l’Europa fu colpita da alluvioni almeno altrettanto gravi quanto quelle odierne – e allora i terreni non erano costruiti come oggi.

“Senza voler minimizzare le conseguenze degli interventi umani”, specifica, “bisogna riconoscere che di eventi estremi ce ne sono sempre stati e che sempre ce ne saranno”.

Eventi estremi più frequenti

Anzi, c’è il rischio che diventino anche più frequenti. “Secondo gli scenari elaborati con l’aiuto dei computer”, afferma il climatologo Stephan Bader, di MeteoSvizzera, “per l’arco alpino si prevede un aumento di eventi estremi, in particolare una maggior frequenza di precipitazioni intense”.

E l’unica soluzione sicura, perché tali precipitazioni non possano più avere conseguenze catastrofiche, sarebbe quella di “togliere tutti gli insediamenti lungo i corsi dei fiumi”, aggiunge Stephan Bader, “cosa che però, per ovvie ragioni, non è affatto possibile”.

Poco probabile è pure la realizzazione di dighe capaci di contenere ogni piena eccezionale. “Bisognerebbe prevedere costruzioni immense, costosissime, dall’impatto ambientale nefasto”, afferma il climatologo. Secondo il quale, è invece molto più importante adottare misure preventive.

“Ma contro precipitazioni estreme di 300 millimetri al giorno, come quelle che hanno causato le attuali alluvioni”, specifica Stephan Bader, “non avremo mai una protezione assoluta, in regioni densamente popolate come le nostre”.

Misure protettive

Tuttavia, dalle alluvioni catastrofiche degli ultimi anni sono stati tratti alcuni preziosi insegnamenti. “Per esempio”, ci ricorda Stephan Vogt, “ogni cantone deve ora redigere le mappe delle zone a rischio, dove si segnalano quelle dove non si può più costruire, e altre dove bisogna rispettare speciali misure di sicurezza.

“Ci sono tre tipi di misure”, spiega l’esperto dell’Istituto federale. Quelle di protezione attiva, come la costruzione di dighe, accompagnate da interventi di rinaturalizzazione del territorio, per concedere maggior spazio allo scorrimento dei corsi d’acqua.

Poi ci sono le misure passive di pianificazione del territorio, per definire che tipi di costruzione si possono realizzare e dove.

“E infine”, conclude Stephan Vogt, “bisogna ottimizzare le possibilità di intervento in caso di catastrofe. In questo senso in Svizzera, dopo le alluvioni degli anni recenti, siamo abbastanza ben preparati”.

Fabio Mariani

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